Omicidio Calabresi: differenze tra le versioni

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Tutti gli imputati sono stati condannati per il reato di concorso in omicidio (in base all'articolo 575 del codice penale italiano che stabilisce la pena della «reclusione non inferiore ad anni ventuno» per [[omicidio doloso]] e all'articolo 71 sul [[concorso di reati]], che stabilisce come pena massima i 30 anni)<ref name=concorso/>. Sofri e Pietrostefani hanno ricevuto la condanna per la fattispecie di «concorso morale in omicidio», Marino per concorso in omicidio volontario con numerose attenuanti, Bompressi per concorso materiale in omicidio volontario. La premeditazione (una delle motivazioni per la possibile richiesta di ergastolo o di 30 anni) non è stata considerata aggravante, per i primi due in quanto colpevoli di concorso morale, per Bompressi in quanto agì comunque in concorso<ref name=concorso/>. In tutti i gradi di giudizio in cui vi fu condanna venne ripetuta la stessa pena.
 
Tra i difensori degli imputati vi furono gli avvocati [[GiandomenicoGian Domenico Pisapia]] e [[Gaetano Pecorella]].
 
I primi due gradi di giudizio (1990 e 1991) si conclusero con la condanna degli imputati<ref name="Zavoli" />. Già avverso alla sentenza di primo grado, Adriano Sofri non interpose [[Appello (diritto italiano)|appello]], volendo scontare la pena come forma di protesta in quanto, come gli altri, si dichiarò sempre estraneo pur assumendosi una responsabilità morale<ref>{{Cita|Ginzburg 1991|pp. 11-12.}}</ref>: la sentenza non ebbe però esecuzione per l'effetto espansivo del ricorso presentato dai suoi coimputati (anche Leonardo Marino fece appello). Dopo la nuova condanna Sofri cambiò idea e presentò ricorso in [[Corte suprema di cassazione|Corte di Cassazione]]. Vi è da dire che la decisione di ritenere l'appello altrui impeditivo del passaggio in giudicato della condanna anche nei confronti del non appellante Sofri (per effetto espansivo, per l'appunto) non era affatto scontata, anzi segnò un precedente inedito in giurisprudenza<ref name="Dell'Arti" />.