Benjamin Constant: differenze tra le versioni

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La teorizzazione di Benjamin Constant, interrogandosi radicalmente sulla natura del potere, difende le conquiste politiche rivoluzionarie e allo stesso tempo riesce ad essere protagonista centrale nel periodo della restaurazione. La sua dottrina costituzionale si basa sulla divisione tra potere legislativo e potere esecutivo, divisione che riprende le facoltà individuali del volere (legislativo) e dell'agire (esecutivo)<ref>{{Cita libro|autore=Mauro Barberis|titolo=Benjamin Constant. Rivoluzione, costituzione, progresso|anno=1988|editore=Il Mulino|città=Bologna|p=122|pp=|ISBN=}}</ref>; si articola poi in cinque funzioni (a partire dal 1814, data di pubblicazione delle “''Reflexions sur les constitutions''”): il ''pouvoir préservateur/neutre'' affidato al re; il potere esecutivo assegnato ai ministri; il ''pouvoir représentatif'', ovvero il potere legislativo affidato a due camere; il potere giudiziario; il ''pouvoir municipal'' legato alla dimensione locale, questa proposta fu infine recepita nel [[1831]], quando furono istituiti dei consigli comunali eletti (sebbene con una base elettorale ristretta). <ref>{{Cita libro|autore=Mauro Barberis|titolo=Benjamin Constant. Rivoluzione, costituzione, progresso|anno=1988|editore=Il Mulino|città=Bologna|p=203|pp=|ISBN=}}</ref>
 
Il monarca ha rapporti con tutti gli altri poteri: nomina i ministri (potere esecutivo), promulga o pone il veto sui provvedimenti legislativi, nomina parte dei giudici (potere giudiziario). Rispetto alla sua carica neutra e di garanzia rispetto all'assetto costituito, invece egli può destituire i ministri, sciogliere la camera elettiva, esercitare la grazia.

Il potere legislativo è assegnato a due camere, una delle quali viene eletta con suffragio su base censitaria (da qui la definizione di potere ''représentatif''), l'altra è organizzata su base ereditaria.
L'assemblea ereditaria ha lo scopo di legare la nazione (la società) col trono, evitando il dispotismo del monarca e radicando la nobiltà all'interno del corpo sociale e del meccanismo costituzionale, con lo scopo di mantenere “il popolo nell'ordine” e vegliare sulla libertà, anche per questo questa camera viene definita da Constant come "corpo intermediario”<ref>{{Cita libro|autore=Benjamin Constant|titolo=Principi di politica|anno=2013|editore=Editori Riuniti|città=|p=|pp=pp. 95-96|ISBN=}}</ref>; essa non ha limite di estensione, per permetterne il rinnovamento ed evitare la nascita di una aristocrazia chiusa, eversiva per l'organizzazione istituzionale.
Seguendo un disegno coerente che lega tutte le parti del corpo costituzionale, la camera elettiva viene progettata da Constant per radicare il meccanismo politico nell'opinione attraverso la rappresentanza. L'elezione diretta avviene seguendo tre passaggi: in ogni distretto tutti i cittadini aventi diritto (ovvero i proprietari) fissano una prima lista di cinquanta candidabili, scelgono poi una commissione composta da cento elementi che sceglierà i cinque candidati tra cui verrà nuovamente effettuata la scelta da tutti gli aventi diritto di voto<ref>{{Cita libro|autore=Benjamin Constant|titolo=Principi di politica|anno=2013|editore=Editori riuniti|città=|p=102|pp=|ISBN=}}</ref>. La camera elettiva è fondamentale nel disegno costituzionale perché permette un reale collegamento tra gli interessi particolari e l'interesse generale, incentivando ulteriormente la relazione tra le diverse classi sociali; essa è rinnovabile per intero a scadenze non eccessivamente ravvicinate, i suoi membri sono rieleggibili per un numero indefinito di tornate elettorali con il duplice scopo di ricompensarne il merito ed evitare disordini nella popolazione. Pur non essendo contrario ad una indennità modesta per i componenti eletti, Constant sostiene la gratuità delle funzioni rappresentative, proprio perché in un contesto in cui i non-proprietari non hanno diritti politici l'assenza di qualsiasi compenso per i rappresentanti diviene naturale. Per rendere allo stesso tempo appetibili le cariche rappresentative essere devono avere un ruolo fondamentale all'interno dello Stato.<ref>{{Cita libro|autore=Benjamin Constant|titolo=Principi di politica|anno=2013|editore=Editori Riuniti|città=|p=|pp=pp. 109-113|ISBN=}}</ref>
 
Il potere esecutivo viene esercitato dai ministri, responsabili rispetto alle camere e al sovrano; il giudiziario viene esercitato da giudici in parte nominati dal re, in parte estratti a sorte tra gli elettori; il potere ''municipal'' si esplica nella sfera locale ed è la cifra di una forte decentralizzazione amministrativa ma anche politica, elemento di novità portato dalla teorizzazione constantiana.