Guerra civile russa: differenze tra le versioni
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I primi gruppi armati antirivoluzionari cominciarono a raccogliersi nella regione del [[Don (fiume russo)|Don]] già a metà novembre; si composero principalmente di ex generali zaristi e di [[Cosacco|cosacchi]] che avevano dichiarato la loro lealtà al deposto [[Governo provvisorio russo (1917)|Governo provvisorio]]. Comandante e figura di spicco dei [[Cosacchi del Don]] era l’atamano [[Aleksej Kaledin]]. Nel frattempo, il generale [[Mikhail Vasilevič Alekseev|Mikhail Alekseev]], il vecchio Comandante in capo [[Zar|zarista]], iniziò ad organizzare un esercito di “volontari” presso [[Novočerkassk]]; a lui si unì in dicembre [[Lavr Georgievič Kornilov|Lavr Kornilov]], poi Denikin e numerosi altri. Il 9 gennaio 1918 fu annunciata ufficialmente la creazione dell’[[Armata dei Volontari]] con Alekseev leader supremo e il generale Kornilov [[Comandante in capo]]. In collaborazione con i cosacchi di Kaledin, l’Armata dei Volontari prese [[Rostov sul Don|Rostov-sul-Don]] nello stesso mese. Lenin decise così di mobilitare l’[[Armata Rossa]] dirigendola verso il basso Don, che in una offensiva inflisse una netta sconfitta all’Armata dei Volontari, costringendola a ripiegare verso sud in una manovra che prese il nome di ''[[Marcia del Ghiaccio]]''. Il capo dei cosacchi Kaledin si suicidò. Evacuata a sud, l’Armata dei Volontari si unì ai [[Cosacchi del Kuban]] per montare un assalto fallimentare a [[Ekaterinodar]]. Kornilov rimase ucciso il 13 aprile e il comando passò così ad [[Anton Ivanovič Denikin|Anton Denikin]], che si ritirò fino alla foce del [[Don (fiume russo)|Don]] per ricostituire l’esercito.
Subito nei primi mesi successivi alla [[Rivoluzione d'ottobre|Rivoluzione]] molte provincie dell’ex impero dichiararono la propria indipendenza: [[Repubblica Popolare Ucraina|Ucraina]], [[Finlandia]], [[Polonia]], [[Estonia]], [[Transcaucasia]] e altre. L’Ucraina in particolare, autoproclamatasi indipendente per voce della ''Central’na Rada'' a maggioranza socialista, rappresentò una grossa perdita territoriale e un inaspettato colpo politico per il governo bolscevico, che si senti in un certo senso “beffato” dall’alleato ucraino. [[Lenin]] e il Commissario alle Nazionalità, [[Iosif Stalin|Stalin]], decisero per l’invasione dell’autoproclamata repubblica sfruttando la presenza dell’Armata Rossa nella vicina regione del Don. L’invasione conobbe un veloce successo ma fu anche il primo atto dal carattere imperiale che il governo bolscevico più o meno inconsciamente intraprendeva. Similmente accadde anche in [[Asia]] centrale, dove i bolscevichi locali ricevettero il necessario appoggio per rovesciare il [[Autonomia di Kokand|governo di Kokand]] e instaurare la propria dittatura.
Intanto gli intendimenti per l’armistizio intavolati con le cancellerie degli Imperi centrali fin da subito dopo la Rivoluzione trovarono definitivo esito nel [[Trattato di Brest-Litovsk]], stipulato il 3 marzo [[1918]]. Il governo bolscevico cedeva tutti i territori occidentali già occupati dall’esercito tedesco più
Dopo la stipula della pace con le potenze centrali e a seguito dell’introduzione di dure misure autocratiche da parte del nuovo regime, anche i [[Partito Socialista Rivoluzionario (Russia)|socialrivoluzionari]] e i [[Menscevismo|menscevichi]] si unirono nella lotta armata contro il potere bolscevico. Questo rispose intensificando la repressione politica, aprendo al periodo del ''[[terrore rosso]]''. Contestualmente, il nuovo regime irrigidì il monopolio su produzione e commercio, promosse la militarizzazione della società e avviò la requisizione sistematica degli ammassi nelle campagne. Si costituiva così quello [[stato socialista]] di stampo autoritario che [[Lenin]] aveva intuito come necessario al fine di giungere al [[comunismo]]; una
Nelle regioni orientali e oltre gli [[Urali]] la debolezza del potere bolscevico lasciò attecchire tentativi controrivoluzionari. La [[Legioni cecoslovacche|Legione cecoslovacca]], integrata
Come reazione all'avanzata dei cecoslovacchi nelle regioni centro-orientali, il soviet degli [[Urali]] con sede a [[Ekaterinburg]] emanò, col nullaosta di Lenin, l’ordine rivolto al commissario [[Jakov Jurovskij]], detentore del deposto zar [[Nicola II di Russia|Nicola II]], di eliminare l'ex-sovrano e tutti i membri della sua famiglia. Il [[17 luglio]] l’ordine fu eseguito con spietata freddezza e i corpi furono occultati nei boschi presso Ekaterinburg.{{vedi anche|La fine dei Romanov}}A [[Omsk]], liberata dalla Legione cecoslovacca, si costituì a giugno il ''[[Governo provvisorio della Siberia autonoma]]'', formato da menscevichi e democratici, che a luglio proclamarono la [[Repubblica di Siberia]]. Similmente, più a ovest presso [[Samara (Russia)|Samara]], si formò a giugno con l’aiuto di bianchi e forze
Nonostante la situazione fosse complicata e non certo rassicurante per i bolscevichi, nel periodo tra luglio e novembre i combattimenti furono limitati e sporadici (proseguirono principalmente solo nel basso Don e negli Urali). [[File:Russian civil war in the west it.svg|thumb|right|Mappa del fronte occidentale della guerra civile russa]]La resa della Germania nel novembre [[1918]] con
Crollato
Sul fronte orientale, a fine aprile, ebbe inizio un’offensiva dei Rossi contro le armate di Kolčak in grave affanno. In poche settimane riconquistarono i territori europei fino a sfondare la linea degli Urali. Le potenze dell’Intesa, che pure sostenevano Kolčak, non si decisero a intervenire direttamente al suo fianco con i contingenti militari già dislocati in territorio russo. Il generale francese [[Pierre-Thiébaut-Charles-Maurice Janin|Janin]] a Omsk considerava l’ammiraglio bianco un mero strumento degli Inglesi, i Giapponesi si accontentarono di creare un proprio Stato fantoccio ad est del [[lago Bajkal]] (lo [[Stato cosacco di Transbaikalia]]), mentre gli americani diffidavano di un generale zarista e autocratico quale Kolčak.
Sempre a giugno l’Ufficio politico, creato a marzo dal governo rivoluzionario e composto da [[Lenin]], [[Lev Trockij|Trockij]], [[Iosif Stalin|Stalin]], [[Lev Borisovič Kamenev|Kamenev]] e [[Nikolaj Nikolaevič Krestinskij|Krestinskij]], decise per l’intervento
La vittoria di Denikin sul fronte sud coincideva con l’avanzata di [[Nikolaj Nikolaevič Judenič|Judenič]] verso [[San Pietroburgo|Pietrogrado]], dove ad agosto la flotta sovietica era riuscita con grande sforzo a respingere la flotta inglese. A est, [[Vilnius]] e [[Minsk]] erano state prese dai Polacchi. Il periodo tra settembre e ottobre 1919 segnò quindi il momento di massimo pericolo per il [[Cremlino di Mosca|Cremlino]]. L’emergenza aprì una forte crisi politica all’interno del gruppo dirigente bolscevico, con Stalin in particolare che addossò le colpe della sconfitta di giugno in Ucraina a Trockij, tacciandolo persino di “dottrina militare borghese”. Allo stesso tempo però l’emergenza indusse il regime a massimizzare lo sfruttamento interno di risorse e l’organizzazione burocratico-militare, premendo sul fattore violenza quale elemento determinante anche in futuro. Trockij riuscì a integrare e inquadrare nell’Armata Rossa tramite coercizione una massa di soldati che nell’autunno [[1919]] arrivò a contare 3 milioni di unità.
A ottobre, l’offensiva avviata dai bolscevichi contro le armate di Denikin vide un successo schiacciante e in poco tempo i Bianchi si scomposero cercando la salvezza nella fuga verso sud. [[Iosif Stalin|Stalin]] e [[Grigorij Konstantinovič Ordžonikidze|Ordžonikidze]] si assunsero i meriti della vittoria in virtù della loro spregiudicata condotta di guerra. Sul fronte nord-occidentale, [[Lev Trockij|Trockij]] si recò velocemente a Pietrogrado, ritenuta ormai persa, per organizzarne personalmente la difesa contro le truppe bianche guidate da Judenič. Combattuta strenuamente anche dagli operai della città schierati accanto ai soldati dell’Armata Rossa, la [[battaglia di Pietrogrado]] del [[22 ottobre]] 1919 vide prevalere la resistenza rossa. A inizio novembre il generale [[Nikolaj Nikolaevič Judenič|Judenič]] decise così di ritirarsi verso l’Estonia. A nord, il tentativo controrivoluzionario del generale Miller veniva sventato. In ultimo, sul fronte orientale l’Armata Rossa procedeva speditamente verso [[Omsk]] senza che le truppe dell’Ammiraglio Kolčak riuscissero più a esercitare sufficiente opposizione. Nel novembre 1919, dunque, il successo delle controffensive congiunte
In inverno l’avanzata dei bolscevichi continuò lungo le principali direzioni, dal momento che vasti erano ancora i territori da riconquistare. In Siberia, [[Aleksandr Vasil'evič Kolčak|Kolčak]] diede le dimissioni da comandante dell’Armata Bianca il 14 gennaio 1920 e una settimana dopo fu arrestato dai bolscevichi a Irkutsk, dove venne fucilato. I resti del suo esercito, nelle mani ora dell’atamano Semënov, si rifugiarono verso [[Vladivostok]] sotto la protezione giapponese. Dopo la vittoria a [[Orël]] dell’ottobre [[1919]], l’Armata Rossa continuò a inseguire le truppe bianche di Denikin allo sbando verso sud, giungendo fino al [[Caucaso]]. Parte delle truppe rimanenti furono evacuate in [[Penisola di Crimea|Crimea]] dove il generale [[Pëtr Nikolaevič Vrangel'|Pëtr Vrangel’]] tentò di ricostituire un esercito contro i Rossi. A febbraio i bolscevichi terminarono la ripresa di tutto il territorio settentrionale e dei porti sul mare Artico. A fine aprile, divisioni dell’Armata Rossa sbarcarono a [[Baku]] per cominciare la riconquista della [[Transcaucasia]] (attuali Azerbaigian, Georgia e Armenia) ancora occupata da Inglesi e Turchi.
Il problema maggiore per i bolscevichi, quindi, rimanevano l’esercito polacco a ovest e le truppe bianche di Vrangel’ in Crimea, sebbene insurrezioni e sacche di resistenza persistessero nel territorio controllato da Mosca. Nonostante fossero in atto timide trattative di pace, l’esercito polacco guidato da [[Józef Piłsudski]] sferrò in aprile una potente offensiva contro i sovietici vedendo l’opportunità di costruire la [[Grande Polonia]] vagheggiata dai nuovi leader nazionali. [[Kiev]] cadde nelle mani dei polacchi il 25 aprile 1920. Costernati e colti alla sprovvista, i bolscevichi si videro costretti a preparare una vasta controffensiva; il governo di Lenin decise di far leva anche sul [[patriottismo]] russo e ucraino per reagire allo smacco subito dai Polacchi. [[Lev Trockij|Trockij]] e [[Lev Borisovič Kamenev|Kamenev]] diressero oltre 200.000 unità sul fronte occidentale raccogliendo le migliori forze, e organizzarono la controffensiva secondo due direzioni: nord-occidentale (Žlobin-Minsk-Grodno) con a capo il generale [[Michail Nikolaevič Tuchačevskij|Tuchačevskij]], e sud-occidentale (Kiev-Žitomir-Rivne) con a capo il generale [[Semën Michajlovič Budënnyj|Budënnyj]]. L’offensiva iniziò il 26 maggio e si rivelò travolgente e inarrestabile. In un mese e mezzo l’esercito polacco arretrò di 400 km cedendo un territorio di oltre 250.000 km<sup>2</sup>. Ad agosto le armate bolsceviche arrivarono a 50 km da [[Varsavia]] credendo già che la [[Polonia]] potesse diventare bolscevica, quando l’esercito polacco trovò le forze, sostenuto e incoraggiato dalla Francia, di reagire con una nuova controffensiva. I sovietici, disincantati ed estenuati, indietreggiarono di in poco tempo, stabilendosi a ottobre su una linea 200 km a est della [[Linea Curzon]] che diventerà il futuro confine.
{{Vedi anche|Guerra sovietico-polacca}}
Nel frattempo, a est, l’Armata Rossa proseguiva la riconquista anche in direzione dei territori centro-asiatici. Nell’agosto 1920 i bolscevichi abbatterono l’Autonomia di Alash e fondarono la RSS kazaka, congiungendosi con i bolscevichi del Turkestan. Il 2 settembre fu infine rovesciato anche l’Emirato di Bukhara. Dopo alcuni combattimenti, Estonia e Lettonia, impegnate in una ardimentosa lotta di indipendenza, firmarono paci separate con il governo sovietico che rinunciava definitivamente alla loro sottomissione.
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