Stesicoro: differenze tra le versioni
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Un altro aspetto apprezzabile della vena sperimentale di Stesicoro è il modo in cui egli rielabora la lezione tradizionale dell'epica omerica: dai frammenti superstiti della sua opera, la critica ha potuto osservare come il poeta sia riuscito ad adattare con grande abilità poetica il dettato dell'epos, pensato per forme metriche dattiliche come l'esametro, ai nuovi metri della poesia lirica. Anche [[Marco Fabio Quintiliano]], retore latino del I-II secolo d.C., definisce Stesicoro, nel X libro della sua [[Institutio oratoria|Institutio oratoria,]]"epici carminis onera lyrica sustinentem, "colui che sostiene sulla lira il peso della poesia epica", quindi un poeta citaredo (monodico) di poesia epica, un "unicum" nel panorama arcaico.
L'affermazione di Quintiliano, tuttavia, sarebbe la prima a smentire la certezza, già antica, (ma oggi non così sicura) che vedeva Stesicoro nel novero dei poeti corali, e non monodici. I frammenti papiracei che si posseggono attualmente, purtroppo, non permettono di definire in maniera sicura e univoca la personalità poetica di Stesicoro: potrebbe essere stato un poeta sia corale che monodico (alcuni frammenti riportano componimenti che dovevano essere tanto estesi da rendere impensabile l'idea di un'esecuzione corale), al pari di [[Pindaro]] o di [[Saffo]], oppure potrebbe aver destinato a fruzioni diverse gli stessi testi. In ogni caso, Quintiliano aveva ragione nel collegare Stesicoro alla poesia epica, poiché i frammenti delle sue opere sono tutti afferenti ai cicli epici tradizionali (ciclo di Tebe, ciclo di Sparta, ciclo di Eracle, Caccia al cinghiale di Caledonia). Il patrimonio mitico tradizione, a sua volta, era tutto fuorché univoco: uno stesso episodio poteva presentare numerose
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