Serrano (Eneide): differenze tra le versioni

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(''[[Eneide]]'', testo latino, IX 330-338).
 
L'eroe viene ucciso nel sonno insieme a Remo e ad altri guerrieri da [[Eurialo e Niso|Niso]] durante la sortita notturna che il troiano compie con l'amico Eurialo nel campo degli italici addormentati nel libro IX del poema. Virgilio, che ai vv.332-33 ha descritto la scena con Niso che armato di spada recide la testa a Remo, si sofferma sul particolare del sangue sparso: ed ecco quindi il poeta nominare altre tre vittime, Lamiro, Lamo e Serrano, per le quali al verso 334 fa intendere una morte identica a quella di Remo, con l'uso della doppia negazione, avente valore affermativo, ''nec non'', che sottintende la forma ''relinquit'' del verso 332, indicante l'allontanarsi di Niso dal [[busto (anatomia)|busto]] del condottiero rimasto sul letto a singultare. Ma, a differenza del ''dominus'', Serrano cede anche al vino (''deo victus'' = "domato da [[Bacco]]") che lo distoglie così dall'altra sua passione, quella dei dadi: sicché il verbo ''iacebat'' induce a ritenere che egli non è coricato in un letto, bensì riverso sul terreno, e che questo soltanto viene dunque intriso dal suo sangue. Dopo la successione dei busti sussultanti, che si apre con Remo e termina appunto con Serrano, Virgilio inquadra eccezionalmente la testa recisa del giovinetto, in considerazione del bellissimo volto:
 
" ''e lo scudiero di Remo sopprime, e all'auriga, scovato proprio sotto i cavalli, col ferro fende il pendulo collo; poi la testa a lui stesso asporta, al padrone, e il tronco abbandona palpitante di sangue; scuro il tiepido fiotto la terra e il letto inzuppa. Così poi Lamiro e Lamo e il giovane Serrano, che a lungo quella notte aveva giocato, bello com'era, e disteso, le membra sopraffatte dall'abbondanza del dio: felice, se proseguendo avesse pareggiato la notte al gioco e fino alla luce del giorno l'avesse protratto'' " (traduzione in prosa di Carlo Carena)