Idea: differenze tra le versioni
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== Platone ==
[[File:Platoneeleidee.jpg|upright=1.4|thumb|Schema concettuale dell'idea universale di Cavallo, di cui sono partecipi i singoli cavalli particolari.]]
[[Platone]] è il primo a fare dell'"idea" il perno del suo
Per Platone le idee hanno queste due caratteristiche:<ref name="scritti platonici">Domenico Pesce, ''Scritti platonici'', p. 44, Edizioni Zara, 1988. Come le Idee sono principio dell'essere e principio del conoscere, così a sua volta il Bene non solo fa essere ma fa anche conoscere queste ultime, simile al sole che dà la vita agli oggetti sensibili e al contempo li rende visibili (paragone formulato da Platone in ''Repubblica'', V, 580 a).</ref>
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Anche [[Sant'Agostino|Agostino]] riprese la concezione neoplatonica delle idee, sottolineando che esse non erano in contrasto con la [[dottrina cristiana]], ma anzi le si adattavano perfettamente. Da un lato, rifacendosi al pensiero [[bibbia|biblico]], egli affermò che [[Dio]] aveva creato il mondo dal nulla, dall'altro però, prima di creare il mondo, le idee esistevano già nella Sua mente. Le idee platoniche quindi erano in Dio, e in tal modo Agostino poté conciliare la [[creazione (teologia)|creazione]] cristiana con le idee eterne.<ref>«Le idee sono infatti forme primarie o ragioni stabili e immutabili delle realtà: non essendo state formate, sono perciò eterne e sempre uguali a se stesse, e sono contenute nell'intelligenza divina. Non hanno origine né fine: anzi si dice che tutto ciò che può nascere e morire, e tutto ciò che nasce e muore, viene formato sul loro modello. […] Partecipando di esse, esiste tutto ciò che esiste, qualunque sia il modo di essere» (Agostino d'Ippona, ''Questione 46'' in ''83 Questioni diverse'', in ''Opere di Sant'Agostino'', Città nuova editrice, Roma, vol. VI/2, pp. 85 e 87).</ref>
Le idee mantengono in Agostino la loro duplice caratteristica di ''causa essendi'' e ''causa cognoscendi'', ovvero la "causa" per cui il mondo risulta fatto così, e grazie a cui possiamo [[conoscenza|conoscerlo]].<ref>Agostino, ''De vera religione'', capp. XXXIV e XXXVI.</ref> In esse pertanto si trova anche il fondamento [[soggetto (filosofia)|soggettivo]] del nostro pensare: per i neoplatonici il [[pensiero]] non è un fatto, un concetto collocabile in una dimensione temporale, ma un atto fuori dal tempo. Il pensiero ''pensato'', posto cioè in maniera quantificabile e finita, è per essi un'illusione e un inganno, perché nel pensare una qualunque realtà sensibile, questa non si pone come un semplice oggetto, ma è in realtà ''soggetto'' che si rende presente al pensiero, quindi un'entità viva. In altri termini, la caratteristica principale del pensiero è quella di possedere la [[mente]], non di esserne posseduto, e comporta dunque il rapimento della [[coscienza (psicologia)|coscienza]] da parte del suo stesso oggetto: l'idea.<ref>Un paragone spesso utilizzato dai [[
Il neoplatonico [[Ralph Waldo Emerson|Emerson]] dirà in proposito: «Abbiamo poco controllo sui nostri pensieri. Siamo prigionieri delle idee» (Ralph Waldo Emerson, ''Il pensiero e la solitudine'', a cura di Beniamino Soressi, Armando, 2004 ISBN 88-8358-585-2).
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