Socii e foederati: differenze tra le versioni

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Nel [[376]] i Visigoti, scacciati dalle loro sedi dagli attacchi degli [[Unni]], chiesero all'Imperatore [[Valente (imperatore romano)|Valente]] il permesso di stabilirsi sulla riva sud del [[Danubio]] e vennero accettati nell'Impero come ''foederati''. Fino a quel momento, i ''Foederati'' erano esclusivamente ''extra fines'', ovvero continuavano a risiedere al di fuori dei confini dell'Impero, impegnandosi a non invadere l'Impero e anzi aiutarlo contro incursioni di altre popolazioni barbariche, costituendo dunque una prima linea di difesa avanzata.<ref name=Zec129>Zecchini, p. 129.</ref> Fino a quel momento, vi erano stati casi (''deditio'') in cui l'Impero aveva accolto ''intra fines'', cioè all'interno dei confini, delle popolazioni barbariche, insediandoli come contadini non liberi in zone di confine desolate, ma in tal caso i Romani, per precauzione, disperdevano i popoli insediati per ''deditio'' in modo da distruggere la loro coesione e renderli facilmente controllabili.<ref name=Zec129/> Nel caso dei Visigoti ciò non fu fatto: ad essi fu permesso di mantenere la loro coesione tribale all'interno dell'Impero, costituendo così il primo caso di ''Foederati'' ''intra fines'', ovvero ''Foederati'' insediati all'interno dei confini dell'Impero.
 
Due anni dopo i Visigoti, [[Guerra gotica (376-382)|insorti]], sconfissero i Romani nella [[Battaglia di Adrianopoli (378)|Battaglia di Adrianopoli]]. La grave sconfitta subita costrinse l'Impero Romano ad affidarsi maggiormente ai ''foederati''. Teodosio I, il successore di Valente in Oriente, si trovò in notevoli difficoltà quando tentò di ricostituire in tempi brevi un esercito nazionale: le resistenze dei proprietari terrieri a permettere ai propri contadini di svolgere il servizio militare (soprattutto per il timore di perdere manodopera) e la scarsa volontà da parte dei romani stessi a combattere (le leggi romane del tempo lamentano che molti, pur di non essere reclutati, arrivavano persino a mutilarsi le dita della mano) lo costrinsero a fare sempre maggior affidamento sui barbari.<ref>Ravegnani 2012, pp. 23-26.</ref> [[Zosimo (storico)|Zosimo]] narra infatti che Teodosio I reclutò molti barbari da oltre [[Danubio]] per ricostituire il suo esercito.<ref name=ZosIV30>Zosimo, IV,30.</ref> Alcuni si rivelarono anche fedeli all'Impero, come Modare, grazie a cui, secondo Zosimo, la [[Tracia (diocesi)|Tracia]] poté ritrovare un po' di quiete dopo i saccheggi nemici.<ref>Zosimo, IV,25.</ref> La fedeltà di molti di questi barbari reclutati da Teodosio, molti dei quali di origine gotica e quindi connazionali dei barbari che avrebbero dovuto combattere per conto dell'Impero, era però dubbia, e di questo ne era consapevole lo stesso Teodosio, il quale, prudentemente, trasferì parte dei Barbari in [[Egitto (diocesi)|Egitto]], e trasferì le legioni dell'Egitto in Tracia.<ref name=ZosIV30/> L'esercito, riempito di barbari e caduto nel disordine più totale, non poté che perdere un'altra battaglia contro i Goti: probabilmente informati dai loro connazionali che servivano nell'esercito di Teodosio I, i Goti saccheggiatori dei Balcani assalirono l'esercito di Teodosio che stava volgendo verso di loro, infliggendo all'Imperatore una [[Battaglia di Tessalonica|sconfitta nei pressi di Tessalonica]] (estate 380), nella quale Teodosio stesso scampò a stento alla cattura.<ref>Zosimo, IV,31.</ref> L'intervento delle truppe romano-occidentali inviate dall'Imperatore d'Occidente [[Graziano]] costrinse però i Goti a ritirarsi in Tracia, dove negoziarono un trattato di pace con Teodosio I.<ref>Zosimo, IV,33.</ref> L'Imperatore si era reso conto che non poteva sconfiggere i Goti in battaglia, e dunque dovette firmare una pace di compromesso con essi. I Goti, con il trattato del 3 ottobre 382, divennero ''[[foederati]]'' di Roma: si stanziavano in territorio imperiale, nell'Illirico orientale, sotto il comando dei loro capi e non erano obbligati a versare tasse all'Impero; in cambio si impegnavano a fornire truppe all'esercito romano-orientale in caso di necessità.<ref>{{cita|Heather 2005, |p. 232.}}</ref> [[Temistio]], retore di Costantinopoli, in un discorso pronunciato nel gennaio 383 al [[senato bizantino]], cercò di raffigurare come "vittoria romana" il trattato di pace ([[foedus]]) tra l'Impero e i Goti, nonostante ai Goti fossero state concesse condizioni favorevoli senza precedenti. In tale discorso, Temistio argomentò che Teodosio, mostrando come virtù il perdono, invece di vendicarsi dei Goti sterminandoli in battaglia, decise invece di stringere un'alleanza con essi, ripopolando così la Tracia, devastata dalla guerra, di contadini goti al servizio dell'Impero; Temistio concluse il discorso rammentando come i [[Galati]] fossero stati assimilati, con il passare dei secoli, dalla cultura greco-romana ed esprimendo la convinzione che sarebbe accaduto lo stesso con i Goti.<ref>{{cita|Heather 2005, |pp. 233-237.}}</ref>
 
L'Imperatore Teodosio proteggeva i Goti e concedeva loro molti privilegi, in modo da prevenire una loro nuova rivolta. Zosimo narra che i Goti stanziati in Tracia settentrionale, nelle province della Scizia, erano più pagati e onorati delle truppe regolari, ricevendo fastosi doni dall'Imperatore come collane d'oro.<ref name=ZosIV40>Zosimo, IV,40.</ref> Malgrado fossero molto ben trattati, tuttavia, invece di essere grati degli ampi privilegi ricevuti, continuavano a disprezzare le truppe romane e ad insultarle, secondo almeno l'opinione di Zosimo, prevenuto nei loro confronti.<ref name=ZosIV40/> Nel 386 Geronzio, comandante della guarnigione di Tomi, temendo che i ''foederati'' tramassero qualche insidia a danni della città, uscì dalla città con le sue truppe e li assalì, uccidendone molti e costringendo i rimanenti a rifugiarsi in una chiesa.<ref name=ZosIV40/> Teodosio, tuttavia, per prevenire lo scoppio di una nuova rivolta tra i Goti, punì Geronzio, accusandolo di averli assaliti al solo fine di impadronirsi dei doni imperiali inviati ai ''foederati'' goti per mantenerli fedeli all'Impero (tra cui spiccavano le collane d'oro); Geronzio ribatté all'accusa facendo notare di aver subito consegnato al fisco quelle collane d'oro e di non essersele quindi tenute per sé, e rammentò i ladronecci e le molestie che a suo dire i Goti avrebbero recato agli abitanti della regione, ma Teodosio non cambiò idea: confiscati i suoi averi, li distribuì agli eunuchi di corte.<ref name=ZosIV40/>
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Il matrimonio tra Ataulfo e Placidia non trovò però l'approvazione della corte di Onorio, che si rifiutò di negoziare con i Visigoti. Nel 414 Ataulfo rispose proclamando Imperatore fantoccio sotto il controllo dei Visigoti Attalo, salvo poi abbandonarlo ai Romani quando fu costretto a evacuare la Gallia di fronte all'avanzata delle legioni di Flavio Costanzo, che costrinsero i Goti alla negoziazione bloccando loro l'arrivo di rifornimenti.
 
Una pace definitiva con l'Impero arrivò solo nel 415, allorché il nuovo generale di Onorio, [[Costanzo III|Flavio Costanzo]], concesse ai Goti di insediarsi in qualità di ''foederati'' in [[Gallia Aquitania|Aquitania]]: in cambio i Goti avrebbero combattuto i [[Vandali]], gli [[Alani]] e gli [[Suebi]] che avevano occupato militarmente gran parte della [[Spagna romana|Spagna]] e avrebbero restituito Galla Placidia. Fu comunque solo verso la fine del 418, comunque, che avvenne effettivamente l'insediamento in Aquitania, dopo che i [[Visigoti]] avevano passato gran parte del 416, del 417 e del 418 a combattere per conto dell'Impero i Vandali, gli Alani e gli Svevi in Spagna. L'Aquitania sembra sia stata scelta da Costanzo come terra dove far insediare i ''foederati'' Visigoti per la sua posizione strategica: infatti era vicina sia dalla Spagna, dove rimanevano da annientare i Vandali Asdingi e gli Svevi, sia dal Nord della Gallia, dove forse Costanzo intendeva impiegare i Visigoti per combattere i ribelli separatisti [[Bagaudi]] nell'Armorica.<ref>{{cita|Heather 2005, |pp. 298-299.}}</ref>
 
I Goti ottennero, in base all<nowiki>'</nowiki>''hospitalitas'', almeno un terzo delle terre e delle abitazioni della regione, e godettero dell'esenzione dalle imposte; il territorio, almeno inizialmente, rimaneva comunque legalmente di proprietà dell'Impero, tanto che per qualche tempo continuarono ad operare nella regione i funzionari civili romani, malgrado l'insediamento dei Visigoti.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 90.}}</ref> È da osservare che nello stanziare i barbari ''foederati'' in territorio romano, i Romani concessero loro un diritto, l<nowiki>'</nowiki>''hospitalitas'', che già valeva per i soldati regolari: infatti, nel Tardo Impero, l<nowiki>'</nowiki>''hospitalitas'', consisteva nell'ospitare nelle proprie abitazioni i soldati romani acquartierati in città cedendo loro temporaneamente un terzo delle loro case; l<nowiki>'</nowiki>''hospitalitas'' era dunque un diritto già vigente per l'esercito regolare e solo in seguito applicato ai ''Foederati''. A differenza dei soldati regolari, tuttavia, i ''Foederati'' ottennero permanentemente le terre a loro assegnate, anche se come già detto, il territorio continuava ad appartenere legalmente all'Impero. Nei fatti, comunque, i Visigoti costituivano in pratica una forza centrifuga che avrebbe ben presto separato definitivamente prima l'Aquitania e poi tutta la Gallia a sud della Loira dall'Impero.
 
Infatti, le fonti narrano che i proprietari terrieri delle regioni galliche occupate dai Visigoti cercarono degli accordi con gli invasori, tradendo lo Stato romano: ciò è dovuto al fatto che la ricchezza dei proprietari terrieri era costituita dalla terra, per cui non potendo andarsene senza lasciare i propri possedimenti e quindi perdere la propria ricchezza, molti proprietari terrieri scelsero di trovare un compromesso con gli invasori cercando di conservare in questo modo le proprie terre scongiurando una possibile confisca.<ref name=Hea307>{{cita|Heather 2005, |p. 307.}}</ref> Questo fenomeno era molto dannoso per l'Impero, perché le rendite imperiali si basavano sull'intesa e sulla protezione dei proprietari terrieri, i quali in cambio di privilegi e della loro difesa tramite le leggi e l'esercito, accettavano di pagare le tasse. Secondo Heather, "l'Impero romano era sostanzialmente un mosaico di comunità locali che in buona misura si autogovernavano, tenute insieme da una combinazione di forza militare e baratto politico: in cambio dei tributi il centro amministrativo si occupava di proteggere le élite locali".<ref name=Hea307/> Questo baratto politico fu messo in crisi dalla comparsa dei Visigoti: i proprietari terrieri, lasciati indifesi dall'Impero, decisero di accordarsi con gli invasori.<ref name=Hea307/> Costanzo, tuttavia, aveva compreso la gravità di questo problema e cercò di riallacciare i contatti con i proprietari terrieri gallici tramite la ricostituzione del ''Consiglio delle sette province della Gallia'', che si riuniva ogni anno ad Arelate e metteva a contatto ogni anno i proprietari terrieri gallici con il centro imperiale.<ref name=Hea307/> In questo modo Costanzo cercò di limitare il problema delle forze centrifughe visigote che mettevano in crisi il baratto politico che teneva unito il centro imperiale con le comunità locali.<ref name=Hea307/> È possibile che il consiglio svoltosi nel 418 abbia riguardato lo stanziamento in Aquitania dei Visigoti e delle conseguenze che ciò avrebbe portato per i proprietari terrieri.<ref name=Hea307/>
 
Nonostante ciò, comunque, i Visigoti riuscirono, non solo ad ottenere il possesso definitivo delle province da loro occupate, ma persino ad espandere i territori da essi controllati su tutta la Gallia a sud della Loira e su gran parte della Spagna. L'indipendenza completa dall'Impero, ormai praticamente ridotto solo all'Italia e alla Dalmazia, arrivò comunque solo nel 475, appena un anno prima della sua caduta finale.
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L'instabilità politica nell'Impero d'Occidente susseguitasi in seguito al decesso del valido generale (e poi imperatore d'Occidente insieme ad Onorio nel 421, anche se regnò solo per circa sette mesi) [[Costanzo III|Costanzo]] portò a un deterioramento ulteriore della situazione. In un primo momento, nel 421/422, i litigi tra [[Flavio Onorio|Onorio]] e la sorella [[Galla Placidia]] portarono a frequenti tumulti a Ravenna e culminarono con l'esilio di Galla a [[Costantinopoli]] (422). Successivamente, spentosi Onorio, l'usurpazione di [[Giovanni Primicerio]] indusse l'Impero d'Oriente a inviare una spedizione in Italia per restaurare sul trono d'Occidente la [[dinastia teodosiana]]: sconfitto l'usurpatore, fu innalzato sul trono d'Occidente, [[Valentiniano III]], figlio di Galla Placidia e di Costanzo. Infine, le guerre civili tra i tre generali [[Flavio Felice|Felice]], [[Bonifacio (comes)|Bonifacio]] e [[Ezio]] portarono a ulteriore instabilità politica. Alla fine fu Ezio ad avere la meglio: fatto giustiziare Felice con l'accusa di cospirazione nel 430 e ucciso in [[Battaglia di Ravenna (432)|battaglia nei pressi di Ravenna]] Bonifacio nel 432, Ezio riuscì nel 433 a conquistare il potere supremo dello Stato, ricoperto solo nominalmente dall'imbelle Valentiniano III.
 
Mentre parte dell'[[esercito romano]] era impegnato in evitabili [[guerre civili (storia romana)|guerre civili]], i Barbari, ''foederati'' compresi, colsero l'occasione per espandere la propria sfera d'influenza.<ref>Heather, p. 322.</ref> In particolare i [[Vandali]] e gli [[Alani]], uniti sotto la guida del loro re [[Genserico]], [[Conquista vandalica del Nord Africa|invasero l'Africa]], forse chiamati dal generale romano d'Africa Bonifacio, rivoltatosi contro Ravenna (429). Bonifacio si pentì di aver chiamato in Africa i Vandali e gli Alani e tentò di spingerli al ritiro, ma gli invasori si rifiutarono e sconfissero Bonifacio in battaglia, costringendo l'Impero a firmare un trattato di pace nel 435, con cui ai Vandali e agli Alani furono assegnate parte della Mauritania e della Numidia, probabilmente in qualità di ''foederati'' dell'Impero; già nel 439, tuttavia, Genserico violò il trattato, conquistando Cartagine nel 439 e invadendo la Sicilia nel 440. L'Impero d'Occidente, non potendo contare sull'aiuto della parte orientale impegnata a respingere le incursioni degli [[Unni]] di [[Attila]], fu costretto a firmare uno svantaggioso trattato di pace con i Vandali nel 442: con questo trattato l'Impero ottenne le Mauritanie e una parte della Numidia, oltre alla Tripolitania, ma le province restituite erano state così devastate dai saccheggi nemici, che Valentiniano III fu costretto a ridurre a un ottavo della quota normale le tasse che quelle province erano tenute a versare allo Stato; in cambio i Vandali ottennero dall'Impero le province più produttive dell'Africa, ovvero il resto della Numidia, la Byzacena e la Proconsolare con la capitale Cartagine, e non più in qualità di ''foederati'', ma come stato sovrano. La perdita delle province più produttive dell'Africa e del loro gettito fiscale provocò un ulteriore indebolimento dell'esercito: nel 444 un decreto imperiale ammetteva che le finanze dello Stato, andate in forte crisi in seguito alla perdita del gettito fiscale dell'Africa, non erano più sufficienti per potenziare l'esercito, malgrado fosse necessario farlo a causa dei diversi nemici che lo minacciavano.<ref>{{cita|Heather, |pp. 362-363.}}</ref> Alla difficoltà già presente di reclutare soldati tra i Romani, dovuta alle opposizioni dei proprietari terrieri a fornire soldati e dei contadini stessi, si aggiunse quindi il crollo del gettito fiscale, con conseguente impossibilità di potenziare un esercito già debole, per cui i Romani dovettero ricorrere sempre più spesso all'arruolamento di mercenari barbari.
 
Ezio faceva molto affidamento sui mercenari [[unni]], i quali erano stati determinanti per la conquista del potere supremo dello Stato. Nel 425 Ezio, con un esercito di 60.000 mercenari unni, era accorso in Italia in sostegno dell'usurpatore Giovanni Primicerio; arrivato troppo in ritardo per salvare Giovanni, Ezio riuscì però a costringere Galla a nominarlo generale nonostante fosse un sostenitore dell'usurpatore proprio grazie al grande potere che gli aveva fornito l'armata unna.<ref>Filostorgio, XII,14.</ref> In seguito, nel 433, Ezio riuscì a costringere Galla a nominarlo ''[[magister utriusque militiae]]'', ovvero generalissimo d'Occidente, invadendo l'Italia con altri mercenari unni. Ezio fece ampio uso di mercenari unni anche in Gallia: grazie al sostegno degli Unni, Ezio riuscì a vincere nel 436 i [[Burgundi]], massacrati dall'esercito romano-unno di Ezio, ridotti all'obbedienza e insediati come ''foederati'' intorno al [[lago di Ginevra]]; gli Unni risultarono poi decisivi anche nella repressione della rivolta dei [[bagaudi]] in Armorica e nelle vittorie contro i Visigoti ad [[battaglia di Arles|Arelate]], e [[battaglia di Narbona (436)|a Narbona]],<ref>{{cita|Heather 2005, |pp. 350-351.}}</ref> grazie alle quali nel 439 i Visigoti accettarono la pace alle stesse condizioni del 418. La scelta di Ezio di impiegare gli Unni trovò però l'opposizione di taluni, come il vescovo [[Salviano di Marsiglia]], autore del ''De gubernatione dei'' ("Il governo di Dio"), secondo cui l'impiego dei pagani Unni contro i cristiani (seppur [[arianesimo|ariani]]) Visigoti non avrebbe fatto altro che provocare la perdita della protezione di Dio, perché i Romani «avevano avuto la presunzione di riporre la loro speranza negli Unni, essi invece che in Dio». Si narra che nel 439 [[Litorio]], arrivato ormai alle porte della capitale visigota [[Tolosa]], che intendeva conquistare annientando completamente i Visigoti, permettesse agli Unni di compiere sacrifici alle loro divinità e di predire il futuro attraverso la scapulimanzia, suscitando lo sdegno e la condanna di scrittori cristiani come [[Prospero Tirone]] e [[Salviano di Marsiglia|Salviano]], che si lamentarono anche per i saccheggi degli Unni contro gli stessi cittadini che erano tenuti a difendere. Litorio poi perse la battaglia decisiva contro i Visigoti e fu giustiziato. Secondo Salviano, la sconfitta degli arroganti Romani, adoratori degli Unni, contro i pazienti goti, timorati di Dio, oltre a costituire una giusta punizione per Litorio, confermava il passo del [[Nuovo Testamento]], secondo cui «chiunque si esalta sarà umiliato, e chiunque si umilia sarà esaltato.»<ref>Salviano, ''De gubernatione Dei'', VII, 9.</ref> In cambio del sostegno degli Unni, Ezio fu però costretto a cedere loro la Pannonia.<ref>{{cita|Heather, |p. 350.}}</ref>
 
Ormai l'esercito romano in Occidente era costituito quasi unicamente da barbari. Tra il 440 e il 443 Ezio autorizzò nuovi gruppi di barbari ad insediarsi in Gallia come ''foederati'': tra il 440 e il 442 stanziò Alani in Armorica affidando loro l'incarico di reprimere le rivolte dei Bagaudi, mentre nel 442/443 stanziò i Burgundi in Savoia (nei pressi del lago di Ginevra) affinché difendessero l'Impero contro altre minacce. Questi stanziamenti di barbari foederati, che avevano l'incarico di tenere a bada i ribelli e difendere le frontiere da altri barbari, generarono le proteste dei proprietari terrieri gallici, molti dei quali furono espropriati dei loro possedimenti da questi gruppi di ''foederati''. La politica dei trattati, con i quali si permetteva ai barbari di insediarsi all'interno dell'Impero, stava erodendo sempre di più il territorio controllato di fatto dall'Impero, ma non si poteva fare altrimenti, perché non si riuscivano più a respingere questi invasori.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |pp. 107-108.}}</ref> I ''foederati'' Alani di re Goar insediati in Armorica si rivelarono comunque utili all'Impero reprimendo con successo, tra il 446 e il 448, la rivolta dei Bagaudi condotti da Tibattone. Nel frattempo, nel 446, Ezio dovette affrontare i Franchi, che avevano invaso la Gallia sconfinando dal proprio territorio, sconfiggendoli e firmando con essi un trattato di alleanza.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 109.}}</ref>
 
[[File:rechila.gif|thumb|right|upright=1.6|Le conquiste del re svevo Rechila (438-448).]]
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In seguito alle uccisioni di Ezio (454) e Valentiniano III (455), gli ultimi imperatori d'Occidente erano praticamente Imperatori fantoccio, manovrati dai generalissimi di origine germanica, come il visigoto [[Ricimero]] e il burgundo [[Gundobado]]. L'unico Imperatore che cercò di condurre una politica autonoma da Ricimero fu [[Maggioriano]] (457-461): fu proprio perché Ricimero non riusciva a controllarlo che Maggioriano fu ucciso nel 461.
 
In seguito all'uccisione di Valentiniano III, assunse il trono [[Petronio Massimo]]; i [[Vandali]] di [[Genserico]], però, non riconobbero il nuovo Imperatore e colsero il pretesto per rompere il trattato con l'Impero e invadere l'Italia; nel 455 avvenne il [[Sacco di Roma (455)|sacco di Roma]] ad opera dei Vandali di Genserico, mentre Petronio Massimo, che tentava la fuga, venne linciato dalla popolazione. Quando [[Avito]], un generale romano che era stato in precedenza ambasciatore presso i [[Visigoti]], seppe del sacco di Roma e dell'uccisione di Petronio Massimo, su suggerimento del re visigoto [[Teodorico II (Visigoti)|Teodorico II]], si autoproclamò Imperatore con il sostegno dei Visigoti e dell'aristocrazia gallica e, con l'appoggio dei Visigoti, marciò fino a Roma, facendosi riconoscere Imperatore.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 137.}}</ref> Avito, essendo stato imposto dai ''foederati'' Visigoti come Imperatore, mantenne buone relazioni con essi e affidò loro il compito di sconfiggere gli [[Suebi|Svevi]], che avevano invaso le province romane di [[Cartaginense]] e [[Tarraconense]], rinforzando l'esercito visigoto con ''foederati'' [[Burgundi]]. La spedizione visigota ebbe successo e gli Svevi furono costretti a ritirarsi in Galizia, ma i Visigoti non esitarono a spogliare dei propri beni gli stessi cittadini romani che dovevano difendere e a impadronirsi di fatto del controllo dei territori conquistati in Spagna a scapito dell'Impero. Avito, nel frattempo, intervenne in Pannonia, riuscendo a costringere gli [[Ostrogoti]] a riconoscere la sua sovranità sulla provincia, come ''Foederati''.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 138.}}</ref> Inviò, inoltre, il generale di origini barbariche Ricimero a fermare i saccheggi dei Vandali in Italia meridionale e in Sicilia: Ricimero riuscì nell'impresa e fu ricompensato con la promozione a ''magister militum praesentalis''.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 139.}}</ref>
 
Avito, tuttavia, si attirò ben presto l'ostilità di gran parte della popolazione romana, del senato e dell'esercito, capeggiato da Maggioriano e Ricimero, che presto tramarono per deporlo. Infatti, un Imperatore gallico imposto dai Visigoti era stato accettato a malavoglia dall'aristocrazia italica. Come se non bastasse, l'interruzione dei rifornimenti provenienti dall'Africa occupata dai Vandali provocò la carestia in città e la popolazione affamata chiedeva all'Imperatore di congedare le truppe visigote così da non dover sfamare anch'esse; le truppe visigote chiedevano a loro volta di essere pagate, ma non disponendo di denaro sufficiente, l'Imperatore Avito fu costretto a fondere le statue superstiti al sacco dei Vandali, non facendo altro che far crescere l'opposizione nei suoi confronti. E così, quando i Visigoti partirono dall'Italia per combattere gli Svevi in Spagna, i generali Maggioriano e Ricimero si rivoltarono apertamente costringendo Avito a fuggire ad Arelate, da dove implorò il re visigoto di intervenire in suo soccorso, senza successo. Avito rientrò in Italia con le truppe a sua disposizione ma fu vinto presso Piacenza e detronizzato (456). La fine di Avito provocò la rivolta della [[prefettura del pretorio delle Gallie|prefettura gallica]], che non volle riconoscere il nuovo Imperatore Maggioriano e si separò dall'Impero, con l'appoggio dei Visigoti e dei Burgundi, che approfittarono delle discordie interne dell'Impero per espandere la propria sfera di influenza: i Burgundi in particolare si espansero nella Valle del Rodano, occupando temporaneamente Lione con l'appoggio della popolazione locale.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 140.}}</ref>
 
[[File:MajorianEmpire.png|thumb|upright=1.4|L'Impero romano d'Occidente sotto [[Maggioriano]]. Si noti come l'[[Illiria|Illirico]] fosse solo nominalmente sotto il dominio dell'imperatore, mentre il potere effettivo era tenuto dal ''comes'' [[Marcellino (generale romano)|Marcellino]]; anche la [[Gallia]] e parte dell'[[Hispania]] erano di fatto, all'inizio del regno di Maggioriano, fuori dal controllo dell'imperatore, in quanto occupate dai [[Visigoti]] e dai [[Burgundi]].]]
 
Maggioriano tentò di risollevare le sorti dell'Impero d'Occidente tentando di riconquistare la Gallia, la Spagna e l'Africa, ma, non potendo contare su truppe romane, essendo ormai l'esercito costituito quasi esclusivamente da barbari, dovette reclutare molti barbari da oltre Danubio; per fronteggiare le incursioni dei Vandali, inoltre, potenziò la marina militare romana, che ai quei tempi era decaduta a tal punto da essere praticamente scomparsa.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 143.}}</ref> Essendo intenzionato a recuperare il controllo della prefettura gallica, finita sotto il controllo dei separatisti romano-gallici appoggiati dai ''foederati'' Visigoti e Burgundi, Maggioriano ordinò al suo generale [[Egidio]], che stava provvedendo alla difesa della frontiera del Reno dalle incursioni dei ''foederati'' Franchi, di dirigersi verso Lione per riconquistarla ai Burgundi: Egidio riuscì nell'impresa, e verso la fine del 458 Maggioriano attraversò le Alpi alla testa della sua armata di mercenari barbari entrando a Lione. Maggioriano giunse a un comprommesso con i ''foederati'' Burgundi, riconoscendo loro il possesso dei territori della Valle del Rodano conquistati durante la rivolta, ad eccezione di Lione, in cambio del loro riconoscimento ad Imperatore.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 144.}}</ref> Ricondotti i Burgundi al servizio dell'Impero in qualità di ''foederati'', Maggioriano volse contro i ''foederati'' Visigoti, impedendo loro di conquistare Arelate e spingendoli a riconoscerlo come Imperatore e di passare al suo servizio come ''foederati''. Maggioriano affidò dunque ai Visigoti il compito di proseguire la guerra contro gli Svevi in Galizia, inviando loro dei rinforzi sotto il comando del generale romano [[Nepoziano]]. Mentre i Visigoti, coadiuvati dai Romani, proseguivano con nuovi successi la guerra contro gli Svevi, Maggioriano allestì una potente flotta in Spagna, con l'intento di riconquistare l'Africa ai Vandali; la flotta fu però distrutta dai pirati vandali con l'aiuto di traditori e l'Imperatore fu costretto a rinunciare alla riconquista dell'Africa e a firmare con Genserico un trattato oneroso con cui l'Impero, probabilmente, riconosceva ai Vandali il possesso della Mauritania e probabilmente anche della Sardegna, Corsica e Baleari.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 145.}}</ref> Congedata la sua armata composta da mercenari barbari, Maggioriano ritornò in Italia, dove fu però detronizzato e giustiziato per volere di Ricimero nei pressi di Tortona nell'agosto del 461. Ricimero designò come nuovo Imperatore d'Occidente [[Libio Severo]].
 
[[File:Reame di Siagrio (486).png|upright=1.6|thumb|Area controllata da [[Siagrio]], figlio e successore di Egidio.]]
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E così, all'arrivo di ogni primavera, i Vandali procedevano a devastare indisturbati l'Italia meridionale e la Sicilia, come narrato da Prisco di Panion:
{{Quote|E così, Genserico, dopo forti e vane minacce di non riporre le armi se non gli fossero prima consegnati i beni di Valentiniano e di Ezio, quando già aveva ricevuto da parte dell'Impero d'Oriente parte di quelli del primo a nome di Onoria, legatasi in matrimonio con suo figlio Unerico, dopo aver riprodotto per molti anni consecutivi tale pretesto di guerra, all'avvicinarsi finalmente della primavera, investì con forte armata la Sicilia e l'Italia; ma non potendovi agevolmente espugnare le città munite di nazionale presidio, saccheggiava, sorprendendole, e distruggeva le borgate spoglie di truppa. Né di vero gli Italici avevano forze bastevoli alla difesa di tutti i luoghi aperti agli assalti dei Vandali, rimanendone oppressi dal numero. Difettavano inoltre di flotta, né richiestala ai Romani orientali furono esauditi, trovandosi questi in lega con Genserico. E tale faccenda, intendo dire la divisa amministrazione dell'Impero, ben gravi danni recò alla parte occidentale.|Prisco di Panion, ''Storia''.}}
L'Impero d'Oriente si rifiutava di prestare la flotta all'Impero d'Occidente, non solo perché non riconosceva come Imperatore legittimo Libio Severo, per cui non era disposta ad appoggiarlo, ma anche perché il trattato con i Vandali del 462, con cui l'Impero d'Oriente riotteneva la restituzione di Eudossia e Placidia, imponeva all'Impero d'Oriente di non intervenire contro i Vandali in appoggio all'Impero d'Occidente.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 147.}}</ref>
Ormai privo di una propria flotta ed esposto ai saccheggi dei pirati vandali, ormai l'Impero non poteva far altro che implorare il sostegno dell'Impero d'Oriente contro i Vandali: Ricimero, per ottenerlo, fu costretto a detronizzare l'Imperatore fantoccio [[Libio Severo]] ed accettare come Imperatore il "greco" [[Antemio]], candidato dell'Imperatore d'Oriente. La [[Battaglia di Capo Bon (468)|spedizione del 468]] contro i Vandali, tuttavia, fallì, e con essa l'Impero d'Occidente andò verso il completo collasso. Le guarnigioni a difesa del Norico sbandarono perché non arrivava più la paga (ormai il gettito fiscale dello Stato era ridotto ai minimi termini), anche se, dovendo comunque difendere la propria famiglia, continuarono comunque a difendere la regione dalle incursioni dei predoni barbari. Nel frattempo, in Gallia, il nuovo re dei Visigoti, Eurico, resosi conto della sempre più crescente debolezza dell'Impero, decise di rompere il trattato di alleanza e di invaderlo. Antemio aveva a disposizione l'armata bretone del re Riotamo e i ''foederati'' burgundi condotti dal loro re [[Chilperico I (re dei Burgundi)|Chilperico]], che tra l'altro era anche ''magister militum Galliarum''.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 149.}}</ref> L'armata bretone fu tuttavia sconfitta da Eurico e costretta a ripararsi presso i Burgundi, mentre i Visigoti si impadronirono di gran parte della Narbonense I, nonché di Bourges e di Tours. L'avanzata visigota verso la Gallia settentrionale fu arrestata presso la Loira dall'esercito sotto il controllo dei separatisti romani della Gallia settentrionale, ma in compenso sconfissero un'armata romana proveniente dall'Italia nei pressi di Arelate e si impadronirono di tutta l'Alvernia, ad eccezione della città di Clermont, che continuava a resistere strenuamente all'assedio visigoto sotto la guida del letterato [[Sidonio Apollinare]] e del suo cognato [[Ecdicio Avito]].<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 150.}}</ref> Mentre la Gallia era devastata dai Visigoti, Ricimero decise di detronizzare Antemio e di collocare sul trono d'Occidente [[Olibrio]], il candidato di Genserico; alla testa di armate barbare, tra cui spiccavano gli Eruli di Odoacre, Ricimero costrinse Antemio a ripararsi a Roma, dove fu assediato; durante l'assedio, gli Ostrogoti di Vidimero tentarono di intervenire in sostegno di Antemio, ma in uno scontro nei pressi di Roma furono sconfitti dall'armata di Ricimero e i superstiti passarono dalla parte di Ricimero.<ref>{{cita|Ravegnani 2012, |p. 151.}}</ref> Nel luglio del 472 Roma fu espugnata e sottoposta a sacco da Ricimero, che giustiziò Antemio e collocò sul trono imperiale Olibrio. Sia Olibrio che Ricimero perirono entro pochi mesi e il titolo di generalissimo dell'Impero d'Occidente spettò al burgundo [[Gundobado]], che impose come Imperatore d'Occidente [[Glicerio]]. Glicerio non fu però riconosciuto dall'Impero d'Oriente che inviò un'armata in Italia per imporre sul trono d'Occidente il proprio candidato, [[Giulio Nepote]]. Glicerio fu sconfitto e condannato all'esilio, mentre Gundobado lasciò la carica per diventare re dei Burgundi. Mentre l'Impero d'Occidente era impegnato in questi conflitti interni, i Visigoti di Eurico ne approfittarono per conquistare nel 473 le ultime città romane nella provincia ispanica di Tarraconense e tentarono successivamente persino di invadere l'Italia, venendo però sconfitti dalle armate romane. Giulio Nepote, nel tentativo di salvare dalla conquista visigota le città romane a est del Rodano, tra cui Marsiglia e Arelate, nel 475 inviò il vescovo di Pavia [[Epifanio di Pavia|Epifanio]] che trattò con i Visigoti, firmando con essi un trattato con cui veniva ceduta ai Visigoti la città di Clermont e riconosciute le loro conquiste, in cambio della pace e dell'alleanza con l'Impero.<ref>Ravegnani 2012, p. 152.</ref> L'anno successivo, tuttavia, i Visigoti violarono il trattato espugnando Arelate e Marsiglia. Persa anche la Gallia in seguito alle conquiste del re visigoto [[Eurico]], l'Impero si era ridotto quasi esclusivamente all'Italia.
 
[[File:Europe at the fall of the Western Roman Empire in 476.jpg|thumb|upright=1.4|I regni romano-barbarici dopo il 476]]
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* Pietro Barinetti, ''Introduzione allo studio del diritto romano'', Tipografia dei fratelli Fusi, Pavia, 1860.
* {{en}} Sir [[William Smith (lessicografo)|William Smith]], ''A smaller dictionary of Greek and Roman antiquities'', Londra, 1865.
* {{cita libro | cognome=Burns, | nome=Thomas Samuel,| ''titolo=Barbarians Withinwithin the Gatesgates of Rome'', a study of Roman military policy and the barbarians, ca. 375-425 a.D. | editore=Indiana University Press, |città= | anno=1994, | ISBN=ISBN 0-253-31288-4 | cid=Burns }}
* Giuseppe Zecchini, ''Il federalismo nel mondo antico'', Milano, 2005. ISBN 88-343-1163-9
* Peter{{cita libro | cognome=Heather, ''| nome=Peter | titolo=La caduta dell'Impero romano: una nuova storia'', | editore=Garzanti, |città=Milano | anno=2006. | ISBN=978-88-11-68090-1 | cid=Heather}}
* Guy{{cita libro | cognome=Halsall, ''| nome=Guy | titolo=Barbarian migrationsMigrations and the Roman West'', 376–568 | editore=Cambridge Universitary Press, |città=New York | anno=2007. | ISBN=978-0-521-43491-1 | cid=Halsall}}
* [[Giorgio Ravegnani]], ''Soldati e guerre a Bisanzio'', Il Mulino, Bologna, 2009.
* Giorgio{{cita libro | cognome=Ravegnani, ''| nome=Giorgio | titolo=La caduta dell'Impero romano'', | editore=Il Mulino, |città=Bologna, | anno=2012. | ISBN=ISBN 978-88-15-23940-2 | cid=Ravegnani 2012}}
 
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