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L'antica chiesa di Santa Maria in Albe risultò essere già attiva negli anni [[975]]-[[984]], periodo in cui si contarono dieci canonici che, già nel [[1575]], scesero a sei. Questi furono obbligati a servire messa nei centri limitrofi almeno fino al [[1602]], anno in cui Albe perse il controllo sui paesi limitrofi e cadde in decadenza, tanto che si dovette provvedere alla ricerca di un prete per officiare le messe.
In particolare Castelnuovo e San Pelino continuarono a dipendere dalla Collegiata di Albe per almeno cent'anni ma con il passare del tempo formarono un proprio catasto, traendo così il nome di "università", servendosi di uno stemma ed una propria autonomia.
Alla separazione dei centri da Albe ed alla inevitabile decadenza cercò di opporsi [[Marcantonio Colonna]] che la riteneva una cittadina strategica perché fornita di mura e di una rocca e quindi un' ideale posto di difesa da attacchi.
 
Tuttavia le ville che intendevano separarsi acquisirono dal [[camerario]] di [[Napoli]] l'autorizzazione a separarsi da Albe mediante il pagamento di una tassa detta "colletta". Una tassa simile al [[focatico]], in quanto regolata dal numero di fuochi censiti nel censimento adibito all'uopo. Forme contò 79 fuochi che, secondo alcuni calcoli, corrispondevano a circa 1.500 unità. Nelle "Cronache Cassinesi" di [[Leone Marsicano]]<ref group="A">Libro I, capitolo 36 e libro III, capitolo 39.</ref> non vengono descritti i luoghi di Forme e, stando allo storico [[Pietro Antonio Corsignani]], vengono nominate le chiese di Sant'Antimo, San Benedetto, San Donato ed infine di San Pietro di Forme.