Johann Gottlieb Fichte: differenze tra le versioni

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→‎1) L'Io pone se stesso: il resto è già spiegato oltre
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L'essenza dell'io consiste proprio in un'attività, di natura [[autocoscienza|autocosciente]], che viene all'essere in quanto si autopone: il suo pensare è creare.<ref>«Io non sono se non attività. [...] Io debbo nel mio pensiero partire dall'io puro, e pensarlo come di per sé assolutamente attivo: non come determinato dagli oggetti, ma come determinante gli oggetti» (Johann Gottlieb Fichte, seconda introduzione alla ''Dottrina della scienza'' (1798), in ''Grande Antologia Filosofica'', vol. XVII, pag. 962 e segg., Marzorati, Milano 1971).</ref> L'Io fichtiano è, quindi, l'[[intuizione intellettuale]] che Kant riteneva impossibile all'uomo poiché coincidente con l'intuizione di una mente creatrice.<ref>«L'[[intuizione intellettuale]] è l'unico saldo punto di vista per ogni filosofia. Tutto ciò che si presenta nella coscienza lo si può spiegare da esso, anzi esclusivamente da esso. Senza [[autocoscienza]] non esiste, in generale, coscienza; ma l'autocoscienza è possibile solo nel modo indicato» (Fichte, ''op. cit.'').</ref>
 
L'Io non coincide con il singolo io empirico, ma è l'Io [[assoluto]] da cui tutto deriva. Questa [[tesi]] si articolerà in altri due principi che mostrano la molteplicità degli io individuali e l'inesistenza di un mondo esterno.
 
==== 2) L'Io oppone a sé un non-io ====