Storia della Sardegna giudicale: differenze tra le versioni

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Prosperò sino all'inizio del [[XV secolo]], allorché avallò le pretese sulla Sardegna del [[Corona d'Aragona|regno di Aragona]], a cui il [[papa Bonifacio VIII]] aveva concesso, con una ''licentia invadendi'', la patente di conquista sull'isola. Gli Arborea, già legati familiarmente agli [[Corona d'Aragona|aragonesi]], si allearono con essi diventandone vassalli, partecipando dal [[1324]] in poi alle [[Battaglia di Lucocisterna|battaglie]] che scacciarono le [[Storia della Sardegna signorile e comunale|repubbliche marinare]] dall'isola e permisero la nascita del [[Regno di Sardegna]]. Dopo le terribili epidemie di [[peste nera]] che decimarono la popolazione, il Giudicato entrò nelle ostilità alleandosi ai [[Doria]] che ancora [[Battaglia di Aidu de Turdu|resistevano agli aragonesi]] (la città da loro fondata di [[Castelsardo]] cadde solo nel [[1448]]) e combattendo per decenni i catalano-aragonesi, arrivando già dal [[1354]] a controllare quasi l'intera isola. La guerra fra mediazioni, trattati di pace e tentativi di assimilazioni dinastiche divise i due regni e si prolungò fino al [[1420]], quando l'ultimo re di Arborea, [[Guglielmo III di Narbona]], cedette quel che rimaneva dell'antico regno alla Corona aragonese per 100.000 [[Fiorino|fiorini d'oro]]. Il Giudicato fu retto nel tempo degli ''Arborea'', il nome con il quale si facevano chiamare le dinastie dei Lacon - Gunale, dei Lacon - Serra, dei Bas - Serra, dei Cappai de Baux, e alla quale apparteneva la celebre regina [[Eleonora d'Arborea]], che governò come reggente in nome dei figli dal [[1383]] al [[1402]], data in cui presumibilmente morì di peste. Ma un'altra figura avveduta e raffinata fu suo padre, [[Mariano IV di Arborea]], che governò in modo illuminato per diversi decenni.
 
{{notaApprofondimento|titolo= Dal condaghe 150 - ''De iudike'' - di San Nicola di Trullas|contenuto =[[File:San NICOLA TRUDDAS PART. PROSPETTO.JPG|center|200px|San Nicola, particolare della facciata]]{{citazione|«''Ego prebitero Rodulfo - ki certait mecu iudice Gunnari in su monte pro Simion Macara. Et ego non bi voli 'n' certare cun illu. Et osca falaince assa festa de sanctu Gaviniu et naraililu assu archipiscopu su certu: a donnu Athu, ci fuit monacu de Camaldula. Et isse naraitindeli a iudice ca: «Male fakes et peccatu, ki li lu levas a Sanctu Nichola». Et isse, co donnu bonu et ca la amavat sa anima sua, benedissitililu a Sanctu Nichola, o clericu esseret o laycu. Testes: su archipiscopu, et issu piscopu de Plavaki donnu Gualfredi, et issu piscopu de Gisarclu donnu Mariane Thelle. Testes.''». - Io prete Rodolfo (scrivente): il giudice Gonario ([[Gonario II di Torres]]) fece lite con me sul monte per Simone Macara. Ed io non volli contendere con lui. E poi scesi alla festa di San Gavino e la lite la raccontai all'arcivescovo: a donnu Athu, ch'era monaco di Camaldoli. Ed egli disse al Giudice: «Ti comporti male e fai peccato, se lo levi (un bene o un servo) a San Nicola ». Ed egli, ch'era uomo buono e che amava la sua anima, lo lasciò a San Nicola, sia che fosse di proprietà ecclesiastica o laica. Testimoni: l'arcivescovo e il vescovo di Ploaghe donnu Gualfredo e il vescovo di Bisarcio donnu Mariano Thelle.}}}}
 
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