Yoshinori Ōsumi: differenze tra le versioni

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Dopo aver avviato il suo laboratorio personale nel [[1988]], Ōsumi si concentra sulla degradazione delle proteine nei [[Vacuolo|vacuoli]], [[Organulo|organuli]] delle [[Cellula vegetale|cellule vegetali]] che corrispondono ai lisosomi delle [[cellule animali]].<ref name=":2">{{Cita web|url=https://www.nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/2016/press.pdf|titolo=Ricerche di Yoshinori Ōsumi|lingua=Inglese|accesso=2016-11-01}}</ref>
 
LeIn particolare, sceglie come oggetto dei suoi esperimenti le cellule dei [[Lievito|lieviti]] poichè esse sono relativamente facili da studiare e di conseguenza sono spesso utilizzate come modello per le cellule umane. In particolare questo tipo di cellule è molto utile per l'identificazione di [[Gene|geni]] responsabili di molti complessi percorsi cellulari. Tuttavia, Ōsumi affronta una sfida più grande. Essendoessendo le cellule di lievito molto piccole, e di conseguenza, le loro strutture interne difficili da distinguere, non si era nemmeno certi dell'esistenza del meccanismo di autofagia in questo tipo di [[Organismo vivente|organismi]]. La prima sfida di Ōsumi é dunque quella di capire se tale processo abbia luogo o meno in essi. <ref name=":2" />
 
L'intuito e l'abilità del professore lo portano a concepire l'idea che se fosse riuscito a bloccare il processo di [[decomposizione (chimica)|degradazione]] mentre era in corso il meccanismo di autofagia, gli autofagosomi si sarebbero dovuti accumulare all'interno del vacuolo senza smaltire quanto inglobato e dunque divenire visibili al [[microscopio]]. Pertanto, una volta ottenuta un [[Coltura di microrganismi|coltura]] di cellule di lievito mutate, (mancanti degli [[Enzima|enzimi]] di degradazione del vacuolo) e indotto il processo di autofagia non fornendo sufficienti sostanze nutritive alle cellule, crea le condizioni necessarie per delle osservazioni che avrebbero rivelato l'esistenza o meno del processo stesso.<ref name=":2"/>