Lavoro accessorio: differenze tra le versioni

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==== Criticità della remunerazione oraria ====
 
Un altro profilo di criticità riguarda l'ammontare della remunerazione oraria nel lavoro accessorio. Il taglio fisso dei buoni lavoro rappresenta il livello minima il valore di remunerazione resa possibile dal sistema. Tuttavia, le norme di legge e regolamentari non stabiliscono una soglia minima di prestazione oraria a cui ancorare la corresponsione di un singolo buono, fatta eccezione per il [[agricoltura|settore agricolo]]. In questo modo, la normativa lascia aperta la possibilità che un solo buono possa essere utilizzato per remunerare più ore di lavoro, facendo scendere la retribuzione oraria a bassi livelli. Al fine di contrastare tale abuso, impedendo forme di "negoziazione" e "svalutazione" della prestazione oraria, la [[Riforma del lavoro Fornero|legge di riforma Fornero]] (L. 28 giugno 2012, n. 92), era intervenuta a regolarne l'utilizzo prevedendo l'emissione di un atto regolamentare<ref>Si veda, in particolare, la novella legislativa operata dalla della [[Riforma del lavoro Fornero|legge Fornero]] sull'art. 72 del D.Lgs. n. 276/2003 (cosiddetta ''[[Legge Biagi]]''), che, nella nuova formulazione, dispone che il valore nominale orario debba essere fissato con [[Decreto ministeriale (diritto italiano)|decreto del Ministero]] del lavoro, "tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali".</ref> che fissasse i valori minimi del compenso orario per ciascuna categoria<ref name = "L'inkiesta"/>. A tale previsione, tuttavia, è seguita l'inerzia del Ministero che non ha emanato il decreto per colmare la riserva regolamentare: ne risulta che, con la sola eccezione del settore agricolo, rimane impregiudicata la discrezionalità delle parti nel quantificare la remunerazione oraria tramite buoni lavoro<ref name = "L'inkiesta"/>.
 
== Note ==