Publio Cornelio Scipione Emiliano: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
Emiliano aveva valore di [[patronimico]], era infatti figlio di [[Lucio Emilio Paolo Macedonico]] e fu poi [[adozione nell'antica Roma|adottato]] da [[Publio Cornelio Scipione (augure)|Publio Cornelio Scipione]],<ref name="ReferenceA">[[Velleio Patercolo]], [[Historiae romanae ad M. Vinicium libri duo]],Lib.I,12.</ref>, il figlio di [[Publio Cornelio Scipione Africano]]. La sua educazione fu curata dallo storico [[Polibio]] che lo seguì anche in guerra.
 
Grande interprete della politica imperiale mediterranea della nobiltà romana, [[console (storia romana)|console]] nel [[147 a.C.]], concluse vittoriosamente la [[terza guerra punica]] ([[149 a.C.]]-[[146 a.C.]]) distruggendo [[Cartagine]] (146 a.C.) e la città iberica di [[Numanzia]] ([[133 a.C.]]). Sappiamo dal ''[[De re publica]]'' di [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]] che Cornelio Scipione era il personaggio politico preferito dall'oratore di Arpino. L'Emiliano inoltre è il protagonista dell'opera ciceroniana, che lo vedeva come perfetta sintesi fra mos maiorum e la nova sapientia ellenistica. Infatti Cicerone gli attribuiva come maestro Catone da una parte, ma al contempo riconosceva nei suoi atteggiamenti filoellenici le figure dello storico Polibio e di suo padre Lucio Emilio Paolo, vincitore della battaglia di Pidna.
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Nel [[151 a.C.]] divenne [[tribuno militare]] e l'anno successivo legato del console Lucullo. Nel [[149 a.C.]] tornò in [[Africa]], sempre nel ruolo di tribuno militare, con la quarta legione sotto il comando del console [[Manio Manilio]].
 
Nel [[147 a.C.]], ottenuta la carica di [[console (storia romana)|console]], più per volere del Senato che per convinzione propria,<ref name="ReferenceA"/>, condusse la guerra contro [[Cartagine]] e, dopo un lungo assedio, nel 146 a.C. sconfisse i Cartaginesi e rase al suolo la città.
 
Successivamente nel [[134 a.C.]] riuscì ad ottenere un secondo consolato, ottenendo così il comando contro i [[Celtiberi]] in [[Hispania]], distruggendo la città di [[Numanzia]] nel [[133 a.C.]], dopo oltre 15 mesi di assedio.<ref name="ReferenceB">[[Velleio Patercolo]], [[Historiae romanae ad M. Vinicium libri duo]],Lib.II,4.</ref>. A seguito di questi successi gli furono dati gli appellativi di ''Africano Minore'' e di ''Numantino''.
 
A [[Roma (città antica)|Roma]], grazie all'avvento di [[Tiberio Sempronio Gracco (tribuno della plebe 133 a.C.)|Tiberio Sempronio Gracco]], fu approvata nel [[133 a.C.]] la legge agraria, una normativa che prevedeva la distribuzione al popolo dei territori italici conquistati. Questi appezzamenti di terra, infatti, erano entrati di fatto nella disponibilità di importanti famiglie patrizie, che ne lasciavano la conduzione principalmente a manodopera servile.
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Scipione riuscì a bloccare momentaneamente la legge agraria, rendendosi così molto impopolare. Morì però prima del discorso con il quale si accingeva a motivare la necessità della sua abrogazione.
 
La causa del suo decesso rimane tuttora ignota, e nonostante fossero stati trovati segni sul collo come di strangolamento, non si svolse alcuna indagine.<ref name="ReferenceB"/>. Alcuni la attribuirono ai sostenitori dei Gracchi, altri si limitarono a pensare ad una morte naturale (l'amico Lelio pensò anche ad un suicidio motivato dalle difficoltà trovate nel soddisfare le esigenze degli alleati italici e latini).
 
Cicerone invece ne attribuisce la responsabilità ai parenti, in particolare alla moglie Sempronia, sorella dei [[Gracchi]].