Giudicato di Arborea: differenze tra le versioni

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Intorno all'anno [[1000]], il primo sovrano attestato fu il [[Logudoro|logudorese]] [[Gonnario Comita de Lacon-Gunale]], sicuramente sovrano anche del [[regno di Torres]]<ref>[[Giuseppe Meloni]], ''Il condaghe di San Gavino'', I ed. Sassari, 2004, II ed. Cagliari, 2005.</ref> durante il periodo ([[1015]] - [[1026]]), anni in cui la [[Sardegna]] fu presa di mira delle incursioni barbaresche di [[Mujāhid al-Āmirī]], signore di [[Denia]].
 
Secondo alcune fonti storiche, gli [[al-Andalus|arabi di Spagna]], nel loro tentativo di espansione mediterranea, preceduto dalle continue scorrerie che interessavano le coste [[Lazio|laziali]], [[Toscana|toscane]] e [[Liguria|liguri]], avevano scelto come base per un attacco verso il continente italiano proprio alcuni approdi situati nella [[Gallura]] e nel [[Logudoro]]. L'intervento di Pisa e di Genova, sollecitato dal [[papa Benedetto VIII]], dopo alcune furiose battaglie navali, riuscì a scongiurare il pericolo<ref>Alberto Boscolo, in ''La società in Sardegna nei secoli - dai Vandali ai Bizantini'' a pagina 108 dice che la guerra fu sostenuta per mare dai pisani e dai genovesi, ma per terra fu sostenuta interamente dai sardi.</ref>
 
A Gonnario Comita subentrò [[Torchitorio Barisone I de Lacon-Gunale|Torchitorio Barisone I]], il quale lasciò il regno al figlio [[Mariano I de Lacon-Zori]] per assumere la reggenza del regno di Torres per conto del nipote minorenne Mariano. A lui succedette [[Orzocco I de Lacon-Zori|Orzocco I]], ricordato come colui che ufficialmente spostò la "capitale" da [[Tharros]] ad [[Oristano]]. Dopo un oscuro re chiamato [[Torbeno de Lacon-Zori|Torbeno]] di cui si hanno poche fonti, salì al trono [[Orzocco II de Lacon-Zori|Orzocco II]], marito di una Maria de Orrù. Dalla loro unione nacque [[Comita I de Lacon-Zori|Comita I]] il quale non ebbe discendenza e con lui terminò il casato.<ref>Boscolo, p.41</ref>
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Alla sua morte, due anni dopo gli succedette il figlio [[Barisone I di Arborea|Barisone]], marito di Pellegrina de Lacon. Dalla loro unione nacquero cinque figli, uno di loro - Pietro - succederà al padre. Una sua figlia - Sinispella - sposerà in prime nozze Ugo Poncho de Cervera Bas, cugino di [[Raimondo Berengario IV di Barcellona|Raimondo Berengario IV]] [[conte di Barcellona]] e darà origine alla casata dei Bas di Arborea. Negli anni successivi, in seconde nozze, Sinispella sposerà [[Comita di Torres]], dalla cui unione discenderanno le ultime due generazioni di sovrani logudoresi.<ref>Carta Raspi, p. 19</ref>
 
Forte di una rete di legami familiari estesa in Sardegna e nella penisola italiana, in occasione della consacrazione della chiesa di Santa Maria di Bonarcado, Barisone riunì in conferenza i delegati dei regni isolani per discutere una pace generale. L'accordo fu raggiunto e resse per ben quindici anni. Fu poi Barisone stesso che lo ruppe quando, spalleggiato da Genova e dalla corte di Barcellona, nel [[1157]] ripudiò la moglie Pellegrina e sposò Agalbursa, figlia di Ugo Poncho de Cervera, visconte di Bas e della principessa Almodis, sorella di Raimondo Berengario IV di Barcellona e re designato della [[Corona di Aragona]]. Il 19 giugno del [[1162]], allo scoppio della guerra tra Genova e Pisa, i fragili equilibri politici tra le due repubbliche marinare e i regni sardi si incrinarono bruscamente. Barisone nel [[1162]] dichiarò guerra a Pisa e l'anno successivo invase il [[regno di Calari]] obbligando il legittimo sovrano [[Pietro Torchitorio III]] a rifugiarsi presso il fratello [[Barisone II di Torres]]. I due sovrani, successivamente, con l'aiuto di Pisa attaccarono nel [[1164]] il regno di Arborea, invadendone il territorio ed assediando il castello di [[Cabras]] che non riuscirono però ad espugnare. Con l'appoggio di Genova, Barisone chiese ed ottenne il titolo nominale di [[re di Sardegna]] all'imperatore [[Federico I Barbarossa]], pagando 4000 marchi d'argento. Il 10 agosto [[1164]] fu incoronato re di Sardegna nella cattedrale di San Siro a [[Pavia]]. Era suo intento chiedere l'appoggio [[ghibellino]] e costruirsi una base giuridica sulla quale poi giustificare la guerra contro i regni isolani e riunirli in un unico Stato sotto il suo regno. I genovesi però, resisi conto che non poteva restituire subito l'ingente somma, lo tennero in ostaggio per sette anni.<ref>Cuccu, p. 38</ref>
 
Nel [[1172]] rientrò in patria e nel [[1180]] ritentò d'invadere il regno di Calari ma le sue truppe furono respinte. Non avendo più aiuto né da Genova, né da Pisa - ormai in pace tra di loro - rinsaldò i legami con la Corona di Aragona dando in sposa nel [[1177]] la figlia Sinispella al cognato Ugo Poncho Cervera Bas. Dall'unione nacque [[Ugone I di Arborea]]. Morì nel [[1185]] dopo essersi ritirato a vita privata.<ref>Cuccu, p. 490</ref>
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=== Dinastia de Serra Bas ===
{{Vedi anche|De Serra Bas}}
Ugone I Bas Lacon Serra sposò nel [[1206]] Preziosa, figlia di [[Guglielmo I Salusio IV]]. Il 30 ottobre si accordò col suocero rivedendo i confini tra i due regni e cedendo parte della [[Marmilla]] nord orientale. Morì nel [[1211]] lasciando il figlio Pietro II aspirante al trono. Morto Salusio IV nel [[1214]] Barisone II ne sposò la figlia Benedetta, diventando giudice del regno di Calari con il nome di Barisone Torchitorio IV di Calari; Pietro II Bas Lacon Serra regnò in condominio con lo zio Mariano Lacon Gunale di Torres, il quale ricostruì la cattedrale di Oristano. Dal [[1228]] Pietro II regnò da solo. Morì nel [[1241]] lasciando il figlio minorenne Mariano II, natogli dalla seconda moglie Sardinia. Lo zio Guglielmo da Capraia, figlio di secondo letto della vedova di Pietro I, morto a Pisa, assunse la reggenza<ref>{{Cita|Gian Giacomo Ortu|p.183|Ortu}}</ref>. Costui era imparentato con i [[dellaDella Gherardesca|Gherardesca]], conti di [[Donoratico]] e con i [[Visconti di Pisa]]. Il 29 settembre [[1250]] ottenne dal [[papa Innocenzo IV]] il riconoscimento della sovranità sull'Arborea, ma senza il consenso della [[Corona de Logu]].<ref>Boscolo, p. 60</ref>
 
Nel [[1257]] l'Arborea partecipò alla guerra che gli altri regni isolani - tutti filo-pisani - avevano mosso contro il giudicato filo-genovese di Calari che venne sconfitto dopo 14 mesi di guerra. [[Santa Igia]], la "capitale" del regno, venne completamente distrutta ed il territorio giudicale diviso in quattro parti: l'[[Ogliastra]] e il [[Sarrabus]] andarono al giudice di Gallura, il pisano [[Giovanni Visconti di Gallura|Giovanni Visconti]]; le curatorie di Gippi, [[Nuraminis]], [[Trexenta]], Marmilla inferiore, Dolia, [[Gerrei]] e Barbagia di Seulo, andarono all'Arborea; i distretti amministrativi di [[Sulcis]], Cixerri, [[Nora (Italia)|Nora]] e Decimomannu spettarono a Gherardo e [[Ugolino della Gherardesca]], conti di Donoratico; la città di Cagliari invece al comune di Pisa. L'Arborea allargò così ulteriormente i propri confini, aumentando il suo peso all'interno dei giochi di potere per il controllo dell'isola.<ref>Carta Raspi, p. 42</ref>
 
Guglielmo pretese poi con le armi i diritti sul giudicato di Torres derivantigli da Ugone I Bas Serra, fratello uterino di Mariano II Lacon Gunale di Torres e nel [[1259]] diede vita ad una lunga battaglia contro i [[Doria]] per il controllo di quei territori, approfittando della scomparsa della giudicessa [[Adelasia di Torres|Adelasia]] e della prigionia di [[Enzo di Sardegna|Enzo di Hohenstaufen]] re di Sardegna. Scomparve nel [[1264]] lasciando il figlio minorenne Nicolò, il quale fu associato per quattro anni al giudice legittimo Mariano II Bas Lacon Serra e poi - estromesso - morirà nel [[1270]].<ref>Cuccu, p. 72</ref>
[[File:Torre mariano.JPG|thumb|[[Torre di Mariano II]] a [[Oristano]].|upright]]
 
==== Mariano II de Serra Bas ====
 
Mariano II prese le redini del regno quando questo contava anche la terza parte centrale del regno di Calari. I suoi ottimi rapporti con i [[Donoratico]] gli diedero l'opportunità di diventare cittadino giurato pisano dal 17 giugno [[1265]]. Abitò spesso nella cittàa [[Pisa|toscana]], dove sposò una figlia di Andreotto Saraceno Caldera e nel [[1287]], fece sposare ''per verba'' il figlio Chiano con Giacomina della Gherardesca, figlia del [[Ugolino della Gherardesca|conte Ugolino]] di cui era partigiano.<ref>Cuccu, p. 77</ref>
 
Nel [[1274]] conquistò il castello di Monforte nella [[Nurra]] e lo restaurò lasciando un'epigrafe conservata al museo di [[Sassari]]. Mantenne ottimi rapporti anche con [[Pietro III d'Aragona]] con il quale intercedette nel 1284 per la restituzione di quattro galee catturate dai pisani nel golfo di Cagliari. Morto il conte Ugolino della Gherardesca nel 1289, il 4 gennaio [[1295]] cambiò improvvisamente politica e si alleò col [[Pisa|comune di Pisa]] - cui lasciò in eredità la terza parte centrale del [[regno di Calari]] - contro i Gherardesca. Prese parte - in seguito - con i [[dellaDella Gherardesca]] all'assedio di [[Iglesias (Italia)|Villa di Chiesa]], difesa da [[Guelfo della Gherardesca]] e quando questi, ferito, si rifugiò a [[Santu Lussurgiu|San Leonardo di Siete Fuentes]], secondo alcune fonti{{cn}}, nel [[1297]] lo fece avvelenare, per estendere poi i confini del regno al bacino argentifero del [[Cixerri]]. Morì in data imprecisata, prima del 16 dicembre 1297, lasciando il regno al figlio Chiano ed onorando l'impegno assunto con il comune di Pisa, cui concesse la terza parte del cagliaritano.<ref>Boscolo, p. 101</ref>
 
Nel [[1297]], poco dopo la morte di [[Giudicato di Arborea#Mariano II de Bas-Serra|Mariano II]], [[papa Bonifacio VIII]] creò il ''Regno di Sardegna e Corsica'', infeudandolo al re della [[Corona d'Aragona]] [[Giacomo II di Aragona|Giacomo II il Giusto]] ([[1295]] - [[1327]]) e dandogli così il via libera per l'invasione delle due isole. Chiano, figlio di Mariano II, propose di resistere a tale decisione e raggiunta la maggiore età sposò Giacomina della Gherardesca, anche se aveva già avuto i figli Andreotto e Mariano da una popolana di Villasalto. Nel [[1300]] consolidò l'alleanza con i pisani confermando la cessione della terza parte del cagliaritano, le miniere d'argento e, forse, parte del patrimonio giudicale. Questo fece scattare il diritto alla rivolta del popolo (tradimento del ''bannus consensus'') che lo giustiziò e lo seppellì con la lingua mozzata. Nel [[1308]] i Bas Serra d'Arborea acquistarono dai [[Malaspina]] il castello di Serravalle di [[Bosa]], la [[Planargia]] e Costavalle.<ref>Carta Raspi, p. 121</ref>
 
Tutti questi territori facevano parte dei beni privati della famiglia (''peculiares'') i cui proventi erano incamerati e amministrati a parte dai beni del demanio (''rennu''). Dei figli di Chiano, Andreotto morì nel [[1309]] pertanto Mariano divenne il giudice Mariano III di Bas. Nel [[1312]] fu costretto dai pisani a comprare da [[Arrigo VII]] i propri diritti successori e a sposare ''verbalmente'' Costanza da Montalcino ma nel [[1314]], preso atto delle politiche estorsive di Pisa, chiese aiuto agli [[aragonesi]] per cacciare i toscani dalla Sardegna. Mariano III restaurò strade e ponti, completò la cinta muraria di Oristano e le torri di difesa, costruì il nuovo palazzo arcivescovile e iniziò la "reggia", ultimata successivamente dai suoi discendenti. Non sposò mai Costanza da [[Montalcino]], ma convisse con Padulesa de Serra, da cui ebbe ben sei figli, tra cui Ugone che gli successe nel [[1321]].<ref>Cuccu, p. 141</ref>
 
==== Ugone II de Serra Bas ====
Come il padre ed il nonno convisse con una concubina che gli diede tre eredi: Lorenzo, Angiola e Preziosa. Si sposò con una nobildonna di nome Benedetta che gli diede numerosi figli: Pietro III, Bonaventura (femmina), Mariano IV, Giovanni (il tradito), Nicola (avo dei Cubello marchesi di Oristano), Francesco (il canonico), Maria. Nel [[1323]] si alleò con [[Giacomo II d'Aragona]] e ne divenne vassallo per ''commendatio personalis'', con giuramento di fedeltà ed il pagamento d'un censo annuo di 3.000 fiorini d'oro in cambio del mantenimento dei diritti dinastici regali sull'Arborea e di un'eventuale protezione militare.<ref>Carta Raspi, p. 148</ref>
[[File:Stendardo del re d'Aragona.png|thumb|left|Stendardo dei re d'Aragona|upright]]
 
===== Costituzione del regno di Sardegna =====
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==== Pietro III de Serra Bas ====
Pietro III si sposò con Costanza Aleramici di Saluzzo nel [[1326]] e visse da uomo pacifico all'ombra del cancelliere statale Guido Cattaneo, arcivescovo d'Arborea, e del canonico di [[Tramatza]] Filippo Mameli dottore di diritto civile e penale. Morto Alfonso IV, il 31 marzo del [[1336]], Pietro III fu rappresentato dal giovane fratello Mariano, impegnato negli studi a Barcellona, nel rendere omaggio al nuovo sovrano Pietro IV il Cerimonioso. Il 22 settembre [[1343]] ottenne dal [[papa Clemente VI]] il permesso di fondare il monastero delle [[monache clarisse|clarisse]]. Morì nel [[1347]], seguito dalla moglie pochi mesi dopo, il 18 febbraio [[1348]].<ref>Carta Raspi, p. 120</ref>
[[File:Mariano IV Arborea.png|thumb|150px|Il giudice [[Mariano IV di Arborea]], particolare del [[polittico]] della [[chiesa di San Nicola (Ottana)]].]]
 
==== Mariano IV d'Arborea ====
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Proprio in quel decennio, da giuristi arborensi e ''terramannesos'' (italiani), venne rivisto il sistema giuridico, con la prima stesura della [[Carta de Logu]] d'Arborea che sarà corretta e nuovamente promulgata nel [[1392]], durante la reggenza della figlia di Mariano, Eleonora. Nel [[1339]] ebbe i titoli di conte del [[Goceano]] e signore della [[Marmilla]] cagliaritana, già in possesso degli Arborea, ma facenti parte del regno di Sardegna infeudato ai re aragonesi. Pertanto Mariano era giudice-re d'Arborea e vassallo del regno di Sardegna per il Goceano e la Marmilla.<ref>Carta Raspi, p. 140</ref>. D'altronde, come detto, anche per l'Arborea i giudici avevano giurato fedeltà al re d'Aragona, da cui erano stati investiti formalmente del ruolo di giudici d'Arborea come suoi vassalli<ref>Oltre alle fonti già citate, si veda Dionigi Scano, "La nobiltà sarda", in ''Donna Francesca Zatrillas'', Sassari, La nuova Sardegna, 2003, p. 235.</ref>.
[[File:Cartinaantica.jpg|thumb|left|upright|Con [[Mariano IV di Arborea]] gran parte della [[Sardegna]] fu riunita sotto l'Arborea: mancavano solo il [[Castel di Castro|castel di Calari]] e [[Alghero]], ancora in mano del regno di Sardegna]]
 
====== Guerra al regno di Sardegna ======
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Dopo un decennio di relativa tranquillità, Mariano capì che disponeva di forze e risorse in grado di rendere concreti i sogni di conquista. Si mostrò insofferente verso la Corona d'Aragona già dopo la [[battaglia di Aidu de Turdu]] nel [[1347]] quando i Doria batterono i regnicoli. L'insofferenza crebbe quando Bernardo de Cabrera occupò [[Alghero]] il 30 agosto [[1353]]. La guerra con la Corona d'Aragona, deliberata in ''Corona de Logu'', scoppiò lo stesso anno. Ruppe il suo rapporto di [[vassallo|vassallaggio]] con gli aragonesi, tolse i pali catalani dalle sue insegne, assunse come stemma del suo Stato l'albero eradicato in campo argento, e invase il cagliaritano sottomettendo i sardi regnicoli, minacciando di tagliar mani e piedi ai riluttanti e di confiscare i loro beni. A [[Decimomannu|Decimo]] il 10 settembre catturò Gherardo della Gherardesca, comandante delle truppe del re di Sardegna, poi assediò [[Castel di Castro]], ma il 7 ottobre si ritirò a [[Sanluri]] dopo che fu fermato a [[Quartu]] da Bernardo de Cabrera.<ref>Cuccu, p. 156</ref>
 
Il 15 giugno [[1354]] sbarcò in Sardegna, ad Alghero, lo stesso [[Pietro IV d'Aragona|Pietro il Cerimonioso]] per stroncare la rivolta sarda, ma la missione fu un fallimento<ref>Arrigo Solmi in ''Studi storici sulle istituzioni della Sardegna nel Medioevo'', a pagina 396 descrive il fallimento dell'assedio ad Alghero da parte di Pietro IV di Aragona e le sfavorevoli condizioni di pace che questi dovette accettare.</ref>. Il re ottenne con la diplomazia [[Alghero]] il 16 novembre [[1354]], ma alle dure condizioni di Mariano IV. L'Arborea, alla fine del 1354, riuscì a controllare l'intera isola, a parte [[Cagliari]], [[Alghero]] e [[Sassari]], quest'ultima governata da [[Brancaleone Doria]]. La pace di Sanluri dell'11 luglio [[1355]] riportò lo ''status quo''<ref>Ortu</ref>, ma fruttò un altro periodo decennale di pace, che rafforzò gli Arborea. Mariano riprese la guerra nel [[1365]] attaccando il castello di Sanluri. Il sovrano oristanese aveva chiesto al [[papa Urbano V]] di essere infeudato del regno di Sardegna e Corsica al posto di Pietro il Cerimonioso, che non pagava il censo dovuto al Papato.<ref>Cuccu, p. 150</ref>.
 
Nel [[1368]] il re inviò in Sardegna un corpo di spedizione con a capo Pietro Martinez de Luna. Giunto rapidamente nei pressi di Oristano questi fu sconfitto nella cruenta battaglia di Sant'Anna dove morì combattendo sul campo. Tale sconfitta costò successivamente anche la perdita di Sassari e [[Osilo]]. Oramai solamente i rifornimenti via mare garantivano la sopravvivenza di [[castel di Castro]] e di Alghero, unici lembi di territorio isolano in mano aragonese<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.203|Casula}}</ref>. Le grandi manovre belliche si fermarono a causa della virulenta epidemia di [[peste]] che nel [[1375]] falcidiò gran parte della popolazione isolana, tra cui lo stesso Mariano IV che, nel [[1375]], morì all'età di 57 anni.
 
==== Ugone III d'Arborea ====
A Mariano IV succedette il figlio Ugone III, ormai quarantenne e vedovo, con una giovane figlia da allevare. La promise in moglie al figlio di [[Carlo I d'Angiò]], nell'ambito di un'alleanza anti aragonese di cui si ha testimonianza in un memoriale d'ambasciata redatto in [[lingua latina|latino]] dal notaio Raimondo Mauranni. Il figlio, Luigi d'Angiò, diventerà feudatario e visconte de Baux.<ref>Carta Raspi, ''Ugone III d'Arborea'', p. 25</ref>
 
Il sovrano oristanese fin dall'inizio si alienò importanti personaggi e ufficiali di corte, tra cui Giovanni de Ligia ed il figlio Valore. Fu accusato di crudeltà e tirannia e, da una cronaca francese, di rozzezza ed ignoranza. La sua figura è stata rivalutata dal fatto che si è saputo che sapeva leggere e scrivere, conosceva le comuni lingue straniere ed il complicato linguaggio diplomatico. Le sue imprese militari non furono tuttavia rilevanti e all'altezza di quelle paterne.<ref>Carta Raspi, ''Ugone III d'Arborea'', p. 123</ref> Castel di Castro ed Alghero rimasero inespugnati mentre, sul piano diplomatico ottenne un gran risultato facendo sposare la sorella Eleonora con Brancaleone Doria, figlio legittimato del grande Branca Doria. Forse a causa del suo governo dispotico e rude il 3 marzo [[1383]] il popolo si sollevò, lo pugnalò insieme alla figlia e lo buttò con la lingua mozzata dentro un pozzo. [[Raimondo Carta Raspi]]<ref>In ''Storia della Sardegna'', Milano, Mursia, 1974</ref> ha mosso dubbi sulla natura totalmente autonoma della rivolta, ipotizzando ingerenze della Corona di Sardegna che avrebbe mosso la mano degli assassini e di influenti personaggi di corte; a riprova di ciò è stato evidenziato il fatto che i principali autori dell'aggressione fuggirono in Aragona per evitare l'arresto.<ref>Cuccu, p. 158</ref>
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==== Eleonora d'Arborea ====
{{Vedi anche|Carta de Logu|Eleonora d'Arborea}}
Dopo il suo assassinio, diventò ''Judicissa de facto'' la sorella di Ugone III, Eleonora, per conto del figlio [[Federico Doria-Bas|Federico Doria]]. Nato a Castelgenovese (oggi [[Castelsardo]]) nel [[1377]], fino ai 21 anni, ridotti poi a 14, non avrebbe potuto avere la pienezza dei poteri. Eleonora assunse la reggenza non senza problemi. Fu richiamata da [[Genova]] dove risiedeva dal [[1382]] e dove si era trasferita dopo aver vissuto 6 anni a Castelgenovese.<ref>Pitzorno, p. 43</ref> Suo marito [[Brancaleone Doria]] era in [[Catalogna]] per ricevere il titolo onorifico di ''conte di Monteleone'' e ''barone della [[Marmilla]] inferiore'', ma appena si diffuse la notizia dell'elezione del figlio Federico, fu arrestato da Pietro il Cerimonioso, inviato a [[Cagliari]] e rinchiuso nella [[torre di San Pancrazio (Cagliari)|torre di San Pancrazio]], poi in quella [[torre dell'Elefante|dell'Elefante]] e fu liberato solamente il 1º gennaio [[1390]], dopo circa sette anni di prigionia. Federico morì nel [[1387]], lo stesso anno della morte del re di Sardegna.<ref>Cuccu, p. 161</ref>
 
Sempre reggente la madre Eleonora, succedette a Federico suo fratello, [[Mariano V Doria-Bas|Mariano V]], nato anch'egli a Castelgenovese nel [[1378]] - [[1379]]. Il 24 gennaio [[1388]], dopo lunghe trattative fu firmata una pace tra il regno di Sardegna ed il regno d'Arborea. Gli accordi prevedevano la restituzione al primo di ''città, ville e luoghi occupati dai precedenti giudici d'Arborea''.[[File:Nozze di eleonora d'arborea e branca doria.jpg|thumb|left|Nozze di [[Brancaleone Doria]] con [[Eleonora d'Arborea|Eleonora]] (opera di fantasia di Antonio Benini, [[1875]])]]
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==== Brancaleone Doria ====
{{Vedi anche|Brancaleone Doria}}
[[Brancaleone Doria|Brancaleone]] era nipote di [[Branca Doria]] e di una Giacomina di cui non si conosce il casato. Il 16 marzo [[1357]] s'era fatto vassallo ed alleato del [[re d'Aragona]] per legittimare il possesso dei beni paterni. Aveva avuto i figli illegittimi Giannettino e Nicolò da una donna anonima. Il matrimonio con Eleonora nel [[1376]] fu più di convenienza personale che politica, perché inizialmente fu fedele alla [[Pietro IV d'Aragona|Corona aragonese]]. Cambiò però parere durante la prigionia. Il primo aprile del [[1391]] marciò contro [[Castel di Castro|Castel di Cagliari]]; il 16 agosto, col figlio Mariano al fianco, occupò [[Sassari]] ed [[Osilo]]. In settembre conquistò il [[Posada|castello della Fava]], di [[Galtellì]], di Bonvehì e di [[castello di Pedes|Pedreso]], lasciando agli avversari solo [[Alghero]] e [[Santa Teresa di Gallura|Longosardo]]. Il 3 ottobre entrò a [[Iglesias (Italia)|Villa di Chiesa]]. In una lettera scritta a [[Sanluri]] il 3 febbraio [[1392]] Brancaleone annunciava di aver ripreso tutti i territori posseduti nel [[1388]].<ref>Cuccu, p. 173</ref>
 
Mariano V, compiendo 14 anni, secondo una nuova norma giudicale, diventò giudice di diritto ed Eleonora, alla fine della reggenza, promulgò la celebre [[Carta de Logu]]. Il codice, raccolta in 198 capitoli di ordinamenti di diritto processuale, civile e penale, rimase in vigore fino al [[1827]], quando fu sostituita dal Codice Feliciano<ref>Vedi F.C. Casula, ''La carta de logu del Regno di Arborea''.</ref>.
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Mariano V morì nel [[1407]]. Si presentò allora il problema della successione che, per regola consolidata, spettava agli eredi di Beatrice d'Arborea, sorella di [[Ugone III]] ed [[Eleonora]], sposata nel [[1363]] con Amerigo VI di Narbona, madre di Guglielmo I e nonna defunta (1377) dell'attuale Guglielmo II. Giudice di fatto divenne Leonardo Cubello, bisnipote di [[Ugone II di Arborea]].
 
[[Brancaleone Doria]] perciò si ritirò sdegnato a Monteleone (Roccadoria), in quanto ambiva di succedere al proprio figlio.{{cn}}
 
Il 6 ottobre [[1408]] sbarcò a [[Cagliari]] con un potente esercito l'infante [[Martino il Giovane]], erede al trono di Sardegna e re di Sicilia.
 
L'8 dicembre giunse anche il visconte [[Guglielmo III di Narbona|Guglielmo II]], eletto dalla [[Corona de Logu]] giudice d'Arborea ad [[Oristano]] il 13 gennaio [[1409]] (''de jure'' lo era dal 1407, quando morì Mariano V), con l'aggiunta dei tradizionali titoli di conte del Goceano e visconte di Bas. Sarà l'ultimo giudice d'Arborea.<ref>Cuccu, p. 211</ref>
 
Il regno di Guglielmo (1407/09-1420) fu assai agitato per la continua opposizione aragonese e di altri eredi collaterali, al punto che preferì stabilirsi a [[Sassari]]. Spesso rientrava nella sua viscontea francese e, nel 1420, infine, vendette i suoi diritti sul giudicato sardo al sovrano di Sardegna. Morirà qualche anno dopo in battaglia.<ref>Cuccu, p. 210</ref>
 
Nel [[1410]] Guglielmo fece coniare nella zecca di [[Sassari]] i "''minuti e le patacchine''" (con la croce patente e l'albero sradicato), uniche monete effettivamente battute che ricordino il giudicato d'Arborea.<ref>Cuccu, p. 209</ref>
 
===== La battaglia di Sanluri =====
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Leonardo prese dunque possesso dell'avita residenza giudicale di Eleonora, detta ora ''palazzo del marchese''.
 
Costanza Cubello, figlia di un nobile aragonese Cubèl di Valenza e di un'aristocratica sarda Deyana, aveva sposato verso la metà del Trecento il ''donnikello'' Salvatore d'Arborea, figlio cadetto del giudice [[Ugone II di Arborea|Ugone II]], dal quale ebbe tre figli, che assunsero il patronimico dei Cubello: fra loro, Leonardo, primo marchese di Oristano, e Nicolina. I Cubello si estinsero nel 1470 col marchese Salvatore: per via femminile continuarono la stirpe d'Arborea, molte famiglie, fra cui i sei figli del nipote [[Leonardo Alagon|Leonardo Alagón]] e della zia Nicolina. I discendenti dei [[giudici di Arborea]], in linea femminile, furono numerosi e secoli dopo diedero vita a un'interessante disputa giudiziaria per cui il re di Spagna ne riconobbe (sotto il profilo patrimoniale) i diritti dinastici<ref>Vincenzo Amat di San Filippo, ''Pretendenti e discendenti della Casa d'Arborea'', in "Archivio storico sardo", vol. XXXI, 1980, p. 86-91.</ref>. I Cubello misero da parte il loro stemma originario (una corona) per adottare il più prestigioso scudo degli Arborea (l'albero diradicato); fece altrettanto Leonardo II con le sei palle degli Alagón.<ref>Cuccu, p. 225</ref>
 
[[Leonardo Alagon]] nacque nel 1436 da Artaldo e da Benedetta Cubello, sorella del marchese Salvatore. Alla morte di questi senza eredi diretti, nel 1470, gli succedette nel [[marchesato di Oristano]], del quale fu l'ultimo feudatario. Vinse nella [[battaglia di Uras]] il viceré aragonese Nicolò Carroz, ma il re [[Ferdinando I di Aragona|Ferdinando I]] pronunciò una sentenza di morte per tutti gli Alagón.