Le ceneri di Gramsci: differenze tra le versioni

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Il volume, che riporta il sottotitolo "Poemetti", raccoglie tutte le poesie già pubblicate, su riviste o sotto forma di plaquette, tra il [[1951]] e il [[1956]] ed è diviso in undici poemetti.
 
Il titolo si estende, da un poemetto immaginato davanti alla tomba di [[Antonio Gramsci|Gramsci]] nel [[Cimitero acattolico di Roma|Cimitero degli Inglesi]] a [[Roma]], a tutto il [[libro]], dal momento che vi è diffuso il medesimo tema, quello appassionato e polemico riguardante il [[marxismo]], o meglio alla sua "ipocrisia".
[[Immagine:Le ceneri di Gramsci.jpg|right|thumb|160px|Le ceneri di Gramsci]]
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==Trama==
 
''L'Appennino'', datato in calce 1951, è il primo dei poemetti e apparve per la prima volta su "Paragone-Letteratura" nel dicembre [[1952]]. In un itinerario [[Geografia|geografico]]-[[Cultura|culturale]], [[Storia|storico]]-[[Antropologia|antropologico]] dove domina poeticamente la luce bianca della [[luna]] e al cui centro ideale vi è la [[statua]] di [[Ilaria del Carretto]] di [[Jacopo della Quercia]], l'autore percorre tutta l'[[Italia]] [[Italia centrale|centro]]-[[Italia meridionale|meridionale]], da [[Lucca]] a [[Napoli]]. Il motivo della bianca luna (tema romantico) e la descrizione di Ilaria, fanno pensare al [[Giacomo Leopardi|Leopardi]] di ''Sopra un bassorilievo sepolcrale''.
 
''Il canto popolare'', datato 1952-53, è il secondo poemetto e fu pubblicato nel [[1954]] sotto forma di plaquette. In esso il [[popolo]], che partecipa alla storia per "magica esperienza", esprime la sua forza nel canto. Chiude il poemetto un'allocuzione a un giovane che canta spensieratamente sulle rive del [[Aniene|fiume]] [[Aniene]] un canto popolare, dove il pessimismo è mitigato dalla "forza" e "felicità" del ragazzo [[Proletariato|proletario]].
 
Segue il poemetto ''Picasso'' che apparve su "[[Botteghe oscure]]" nel [[1953]]. Esso è ambientato alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, dove è allestita una mostra dedicata a [[Pablo Picasso]]. L'autore rileva nella [[pittura]] dello [[spagnolo]] un "errore" che consiste nell'assenza in essa del popolo e del suo "brusio". Vi è dunque in questi versi una polemica implicita con l'''establishment'' culturale [[Comunismo|comunista]] che riteneva Picasso un [[Pittore|artista]] rappresentativo dell'[[ideologia]] marxista.
 
Il quarto poemetto, ''Comizio'', apparve sempre su "Botteghe oscure" nel settembre del 1954 con il titolo ''Notte in Piazza di Spagna''. Il poeta si trova per caso ad assistere ad un comizio del [[Movimento Sociale Italiano]] dove la "''falange, folta''" di neofascisti è caratterizzata da "''triste oscurità''" mentre il popolo, che è sano, rivela una "''oscura allegria''". Il mondo fascista è descritto come debole, precocemente vecchio e vile.<br/>
Le ultime terzine sono dedicate al fratello Guido, [[partigiano]], morto in giovane età, che egli rivede tra quella enorme folla simile a un [[Cristo]] deforme fra i mostri in un quadro di [[Hieronymus Bosch|Bosch]].
 
Il poemetto ''L'umile Italia'', il quinto, apparve nell'aprile del 1954 su "Paragone-Letteratura" e rappresenta la contrapposizione tra la cupa tristezza dell'Agro romano e la limpida luminosità del settentrione. Il [[Nord]], il cui emblema sono le rondini, è puro e umile e il Meridione è "sporco e splendido" ma "''È necessità il capire/ e il fare: il credersi volti/ al meglio" cercando di lottare pur soffrendo senza lasciarsi andare alla "rassegnazione-furente marchio/ della servitù e del sesso- / che il greco meridione fa/ decrepito e increato, sporco/ e splendido''".
 
Il sesto poemetto, dal titolo ''Quadri friulani'', apparve sulla [[rivista]] "[[Officina (rivista letteraria)|Officina]]" nel luglio del [[1955]] con il titolo ''I campi del [[Friuli]] '' ed è dedicato all'amico pittore [[Giuseppe Zigàina]].<br/>
In esso la memoria dell'adolescenza ritorna sul paesaggio friulano e sul popolo "di braccianti vestiti a festa, / di ragazzi venuti in bicicletta / dai borghi vicini" con accenti [[Ugo Foscolo|foscoliani]]. "''Felice te, a cui il vento primaverile...."''.
 
Segue il poemetto che dà il titolo alla raccolta, ''Le ceneri di Gramsci'', datato 1954 e pubblicato sul n. 17-18 di "Nuovi Argomenti" del novembre- febbraio '[[1955|'55]]-[[1956|'56]].<br/>
L'[[incipit]], "Non è di maggio questa impura aria" apre il poema sopra una [[primavera]] romana oscura e sporca. Il poeta, che è a colloquio con la tomba di Antonio Gramsci, dice che è lontano il "maggio italiano" nel quale il giovane Gramsci delineava "l'ideale che illumina" e che oggi tutto è tedio e silenzio. In questi versi di memoria foscoliana, Pasolini dichiara la propria posizione di intellettuale irregolare "''attratto da una vita proletaria / a te anteriore, è per me religione / la sua allegria, non la millenaria / sua lotta: la sua natura, non la sua /coscienza"'' e, pur cosciente di desiderare l'identificazione con il proletariato che è l'oggetto d'amore, sa di essere diverso.<br/>
Le Ceneri proseguono con un ''exursus'' sul poeta [[Inghilterra|inglese]] [[Percy Bysshe Shelley |Shelley]]. Viene poi ripreso il dialogo con Gramsci dove il poeta confessa di essere anch'egli sedotto dal "sesso", dalla "luce" e dalla "lietezza" italiane e gli domanda: "''Mi chiederai tu, morto disadorno, /d'abbandonare questa disperata / passione di essere al mondo?''".<br/>
Nell'ultima parte della sezione viene descritta la sera romana nel rione [[Testaccio]], dove i ragazzi giocano, felici, fuori dalla [[storia]] e il poeta, contrapponendosi a essi dice desolato: "''Ma io.../ potrò mai più con pura passione operare, / se so che la nostra storia è finita?''".
 
Segue alle Ceneri ''Recít'', pubblicato nel 1956 su "Botteghe oscure", dove il poeta prende lo spunto dall'accusa di oscenità che era stata fatta al suo [[romanzo]] ''[[Ragazzi di vita]]''.<br/> Siamo ancora in un quartiere romano, [[Monteverde Vecchio]], e il poeta ode le minacce dei persecutori "sordidamente ossessi / contro chi tradisce, perché è diverso", ma non è capace di odio, "''quasi grato al mondo per il mio male, il mio / essere diverso".''
 
Il terzultimo lungo poemetto è ''Il pianto della scavatrice'', apparso nel 1957 su "[[Il Contemporaneo]]", in cui Pasolini ricorda i primi tempi del suo esilio, dopo la fuga dal Friuli, per atti osceni, rimpiangendo quei momenti di vita. Segue il lamento di una scavatrice, simbolo delle borgate che scompaiono e di un mondo che si rinnova, e per questo piange.
 
Una polemica in versi, che è il penultimo poemetto, apparve nel novembre del 1956 su "Officina" come risposta al contrattacco redazionale uscito sulsu "[[Il Contemporaneo]]" nel giugno del 1956 in seguito ad un suo articolo,'' La posizione'', in cui criticava le durezze degli intellettuali comunisti. Fa da sfondo una [[Festa dellde L'"[[Unità]]" e il poeta si rivolge ai [[Comunista|comunisti]] accusandoli di "brutalità della prudenza", di mancanza di passione, d'incapacità a servire il popolo.
 
La raccolta si chiude con l'ultimo poemetto dal titolo ''La Terra di Lavoro'' che porta la data 1956 e che era uscito su "[[Nuovi Argomenti]]" nel 1957. Il poeta descrive un treno affollato di pendolari, soli, che hanno per nemici "''il padrone"'', ma anche "''il compagno che pretende / che lottino in una fede che ormai è negazione / della fede''".
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[[Categoria:Opere letterarie italiane|Ceneri di Gramsci, Le]]