Publio Cornelio Scipione (console 218 a.C.): differenze tra le versioni

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Scipione quindi, dopo aver disposto che fosse il fratello, [[Gneo Cornelio Scipione Calvo]], ad occuparsi della [[Spagna romana|provincia spagnola]] a lui assegnata, in modo che non fosse sguarnita di truppe e potesse opporsi ad [[Asdrubale Barca]], tornò a ''[[Genua]]'' ([[Genova]]) per difendere l'Italia con l'armata che si trovava nella valle del fiume [[Po]].<ref>{{cita|Livio|XXI, 32.3-5}}.</ref> Raggiunse quindi [[Pisa]] e, una volta sbarcato, ricevette dai [[pretore romano|pretori]] [[Lucio Manlio Vulsone (pretore 218 a.C.)|Lucio Manlio Vulsone]] e [[Gaio Atilio Serrano (pretore 218 a.C.)|Gaio Atilio Serrano]] un esercito di gente arruolata da poco e intimorita per le [[Assedio di Modena (218 a.C.)|ultime vergognose sconfitte]].<ref>{{cita|Livio|XXI, 39.3}}.</ref>
 
Quando poi Scipione raggiunse ''[[Placentia]]'' ([[Piacenza]]), Annibale aveva già mosso il suo accampamento ed espugnato la sola città dei [[Taurini]], capitale di quel popolo che non aveva accolto il Cartaginese in amicizia.<ref>{{cita|Livio|XXI, 39.4}}.</ref> Ormai Cartaginesi e Romani erano prossimi ad affrontarsi. Scipione, di cui Annibale sembra avesse grande considerazione, si affrettò a passare il fiume [[Po]] e mosse gli accampamenti verso il [[Ticino (fiume)|Ticino]], pronto a schierare il proprio esercito.<ref>{{cita|Livio|XXI, 39.8-10}}.</ref> Entrambi i comandanti, ora che si faceva sempre più prossimo il primo scontro tra Romani e Cartaginesi, incitarono i propri uomini al combattimento con due discorsi alle truppe tramandati da [[Tito Livio]].<ref>{{cita|Polibio|III, 62-64}}; {{cita|Livio|XXI, 40-41}} cita il discorso di Scipione ai Romani prima della battaglie e sempre {{cita|Livio|XXI, 42-44}} cita il discorso di Annibale alle proprie truppe cartaginesi.</ref>
 
Scipione guidò le forze romane nella [[battaglia del Ticino]]. In tale battaglia, in esplorazione con la cavalleria (composta quasi tutta di Galli che al termine della battaglia disertarono in massa unendosi ad Annibale) e con la fanteria leggera, si scontrò con l'avanguardia dell'esercito punico venendo sconfitto. In quell'occasione Scipione rimase gravemente ferito e fu salvato dal figlio (il futuro [[Publio Cornelio Scipione|Africano]]).<ref>{{cita|Periochae|21.5-6}}.</ref>