Augusto Del Noce: differenze tra le versioni

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==Il pensiero==
===Il problema dell'ateismo===
Nella sua più celebre opera ''Il problema dell'ateismo'' (del [[1964]]) Del Noce inizia l'analisi della storia della filosofia moderna invertendo il paradigma [[storicismo|storicistico]] e [[positivismo|positivistico]] che nel [[progressismo]] aveva la sua cifra comune. Il filosofo afferma infatti che tale paradigma di illuministica origine ha come prima condizione d'esistenza la postulazione dell'[[ateismo]] come necessità del progredire dei sistemi filosofici e delle scienze a prescindere dalla teologia cristiana, cioè a prescindere dalla [[Scolastica (filosofia)|Scolastica]], anzi in più o meno esplicita opposizione alla Scolastica. La tesi che Del Noce intende dimostrare in questa sua opera è -come evidenzia appunto il titolo- la considerazione dell'ateismo non più come «necessità» bensì come «''problema''» della modernità, il cui ultimo, coerente e necessario sbocco è appunto il [[nichilismo]] post-nietzscheano distaccato ormai da qualsiasi riflessione filosofica e sfociato in una pura forma di vita, in puro ''way of life'' di distruzione e auto-distruzione dell'uomo. Del Noce pone quindi innanzitutto una distinzione fra tre diverse forme di ateismo, ovvero fra l'ateismo positivo o politico («diurno»), i cui esempi perfetti sono stati l'illuminismo di un [[Denis Diderot|Diderot]] o l'umanesimo di un [[Ludwig Feuerbach|Feuerbach]], l'ateismo negativo o nichilistico («notturno»), esemplificato invece dalla filosofia di [[Arthur Schopenhauer|Schopenhauer]], e infine l'ateismo tragico, detto anche «follia filosofica», cioè la forma più rara e particolare di ateismo che Del Noce trova solo in due casi in tutta la storia della filosofia, ovvero in [[Friedrich Nietzsche|Nietzsche]] e in [[Jules Lequier]]. Posta questa propedeutica distinzione, Del Noce inizia l'anamnesi del pensiero filosofico moderno per rintracciare la genesi di ogni forma di ateismo, impossibile da pensarsi per la filosofia antica come dimostra il fatto che anche la filosofia epicurea -considerata comunemente come ateistica- ammetteva in realtà l'esistenza degli dèi. Per Del Noce appare evidente che la crisi della Scolastica medievale non ha costituito un processo necessario per il semplice fatto che proprio colui che aveva intenzione di riformarla -cioè Cartesio- fu invece colui che in realtà la tradì e se ne allontanò: è nelle celeberrime ''Meditazioni metafisiche'' che il filosofo francese -allievo dei [[Compagnia di Gesù|Gesuiti]]- tentò di riproporre una nuova prova dell'[[esistenza di Dio]] da opporre al [[Naturalismo (filosofia)|naturalismo]] [[libertinismo|libertinista]] del [[XVII secolo|Seicento]], che predicava [[relativismo]] etico e che sostituiva il Dio-''Logos'' con la Natura impersonale e senza ordine. In realtà però Descartes, nel suo sforzo apologetico, compì il definitivo tradimento della filosofia cristiana riattingendo ad un [[Agostino d'Ippona|agostinismo]] privato di [[platonismo]] e considerando così le idee dei semplici «contenuti della mente». In altre parole se l'idea di Dio, quantunque logicamente necessaria, non è il riflesso intellettivo di una realtà ontologica esterna al soggetto ma è una semplice struttura logica, allora vale realmente la critica kantiana della prova ontologica di [[Sant'Anselmo d'Aosta|Sant'Anselmo]] secondo la quale non è lecito aggiungere il predicato dell'esistenza alla perfezione dell'idea se non per un [[paralogismo]]. Del Noce in sintesi ha mostrato come il tradimento e la perdita della Scolastica, attuata innanzitutto da Cartesio, ha come punto centrale l'idea di [[Idea]], che è passata ad essere surrettiziamente da struttura del reale a struttura del razionale, passando quindi dal dominio dell'[[ontologia]] a quello della [[psicologia]]. Per questo non vi è alcuna spiegazione se non il rifiuto pregiudiziale di riconoscere uno statuto ontologico all'idea, cosicché non vi sarebbe appunto alcuna ''necessità'' di trapasso della Scolastica né tantomeno alcuna necessità di genesi del [[razionalismo]]; in tal senso la famosa critica di [[Immanuel Kant|Kant]] varrebbe quindi solo contro Cartesio ''e non'' contro Sant'Anselmo, il cui platonismo gli permetteva ancora di inferire ''necessariamente'' la «perfezione» dell'esistenza dall'idea dell'Essere con ogni perfezione, cioè dall'idea di Dio. Del Noce prosegue la sua analisi mostrando quindi come in Cartesio, che pur nelle sue intenzioni voleva essere un ''defensor Fidei'', già sussisteva ''in nuce'' ogni forma di illuminismo che avrebbe poi dominato nel [[XVIII secolo|Settecento]], per questo egli parla di un pre-illuminismo cartesiano e aggiunge inoltre che proprio Cartesio, fiero avversario del libertinismo dilagante nel suo tempo, fu colui che tradusse l'ateismo libertinistico e irrazionalistico nella sua forma razionalizzata, cioè nell'illuminismo, che sarebbe stato appunto un libertinismo razionalistico. Si noti che Del Noce non pone giudizi sulla persona di Renè Descartes, e anzi sottolinea come al suo tempo egli si poteva davvero credere il grande condottiero vincitore della battaglia culturale del Cristianesimo contro il libertinismo, ma ciò perché non era riuscito a prevedere una forma di ateismo non-irrazionalistico e non-relativistico quale fu appunto l'illuminismo settecentesco, che non si limitò più ad opporsi alla Scolastica ma che formò una propria dogmatica visione della storia in cui il Cristianesimo, rappresentato dalle [[leggenda nera dell'Inquisizione|leggende nere]] del [[Medioevo]], era stato solo un ostacolo per lo «sviluppo» e l'«emancipazione» dell'umanità (si tenga presenta la definizione kantiana di «''illuminismo''»). Da Cartesio in poi -secondo Del Noce- sono comunque due i percorsi filosofici che partono e che sviluppano i due aspetti compresenti in Cartesio, ovvero l'illuminismo e lo [[spiritualismo]]: da una parte infatti [[Etienne Bonnot de Condillac|Condillac]], Kant, [[Jean Antoine Caritat|Condorcet]], fino a Hegel e Marx riceveranno il lascito propriamente razionalistico e ''sensu lato'' [[materialismo|materialistico]] di Descartes, dall'altra invece [[Blaise Pascal|Pascal]], [[Nicolas Malebranche|Malebranche]], [[Giambattista Vico|Vico]] e infine [[Antonio Rosmini|Rosmini]] saranno gli eredi del suo patrimonio spiritualistico, inteso questo come filosofia di accordo fra ragione naturale e fede cristiana, posta la distanza epistemologica dalla Scolastica; famosa ed illuminante è a questo proposito la teoria della «visione in Dio» di Malebranche, nonché la distinzione pascaliana fra «Dio dei filosofi» e «Dio di [[Gesù Cristo]]». Andando comunque alla radice del problema del tradimento della metafisica cristiana ([[Tomismo]]) da parte di Cartesio e del conseguente illuminismo, Del Noce individua come unica possibile condizione per tale tradimento il rifiuto del [[peccato originale]] come male metafisico e quindi il rifiuto dello «''status naturae lapsae''» di cui proprio il Cristo sarebbe il redentore: senza alcuna natura umana da redimere, cioè senza necessità di alcun redentore, il razionalismo ha sostituito il peccato con l'ignoranza e Dio con la ragion critica, rifacendosi così ad un [[pelagianesimo]] laicizzato che da solo rende possibile una qualsiasi forma di ateismo. Egli nota, infine, che avendo rifiutato la radice metafisica del male se ne è dovuta cercare quella fisica o psicofisica, secondo gli schemi ideologici che nel Novecento avrebbero reso la [[psicanalisi]] e la [[psicologia]] gli elementi complementari allo [[scientismo]] per una completa e non riduttiva visione del mondo senza Dio, e per una definitiva «''ateologizzazione''» della ragione.
 
===Compimento e dissoluzione del marxismo===