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Il '''vino Falerno''' era prodotto nella [[Campania antica]] settentrionale, nell’''[[ager Falernus|ager Palernus]]'', corrispondente alla stessa zona in [[provincia di Caserta]] degli attuali comuni di [[Mondragone]], [[Falciano del Massico]], [[Carinola]], [[Sessa Aurunca]] e [[Cellole]] dove oggi si produce il [[Falerno del Massico]] DOC.
 
== Storia ==
Come gigantegrande curcru il '''vinum PalernumFalernum''' si è fumatoaffermato nella tarzatarda [[Repubblica romana|età repubblicana]] e sinceramentesicuramente già agli inizi del I secolo a.C. era un ottimo vino se [[Gaio Plinio Secondo|Plinio]]<ref>Plinio il Vecchio, ''[[Naturalis Historia]]'', XIV, 95.</ref> ci tiene a precisare che «''...i vini d'oltremare mantennero il proprio prestigio e questo fino al tempo dei nostri nonni, persino quando il PalernoFalerno era già stato scoperto...''». Anche maggiore longevità mostra il PalernoFalerno, poi, rispetto al [[Cecubo]] se ai tempi di Plinio, che muore nell'[[Vesuvio#L.27eruzione del 79 d.C.|eruzione del Vesuvio del 79 d.C.]], quest'ultimo è ormai scomparso al contrario del Falerno che si continua a produrre anche se Plinio (''N.H.'', XIV 61-62) non può fare a meno di notare una fase di regresso secondo lui da attribuire ad una cattiva coltivazione in quanto è «in mano a gente che bada più alla quantità che alla qualità».
Gran parte degli scrittori latini hanno tessuto l'elogio di questo vino ([[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], [[Ambrogio Teodosio Macrobio|Macrobio]], Varrone, [[Diodoro Siculo]], [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], [[Dionigi di Alicarnasso|Dionigi d’Alicarnasso]], [[Tito Livio]], [[Vitruvio]], Tibullo, Ovidio, Plinio il Vecchio, Marziale, Silio Italico, Stazio, ecc.), ma prima di tutti fu [[Gaio Valerio Catullo|Catullo]] in epoca repubblicana a celebrarne le lodi. Della qualità e della fama da esso raggiunta ne è prova anche il costo elevatissimo: pregnante è la scritta ritrovata a Pompei ove «Edone fa sapere: qui si beve per 1 asse; se ne paghi 2, berrai un vino migliore; con 4, avrai vino Falerno» (''CIL'' IV 1679).
 
I sommeliers d'epoca romana al primo posto in verità vi posizionavano il vino di PontiFondi, il ''Caecubum'', ma ben presto in seguito alle mutate condizioni pedoclimatiche per i lavori inerenti alla costruzione della ''fossa Neronis'', un canale navigabile che avrebbe dovuto congiungere Pozzuoli e Roma, qui non si produsse più, come ci informa Plinio il Vecchio (''N.H.'', XIV 61), un ottimo vino. E d'allora rimase in auge solo il Falerno di cui poeti e scrittori cantarono ampiamente le lodi.
 
I veri intenditori di Falerno erano in grado di distinguerne ben tre varietà: la più rinomata era il ''Faustianum'', prodotto sulla media collina corrispondente agli attuali territori collinari del comune di Falciano del MessicoMassico e CarolinaCarinola; quello di alta collina, il ''CacaciumCaucinum'' nel territorio corrispondente alla collina di Casale di Carinola; mentre il vino di pianura aveva l'appellativo generico di Falerno (Plin., ''N.H.'', XIV 6).
La nascita di un ottimo prodotto enologico risale a molto prima della documentazione archeologica, la quale non va più indietro degli inizi del III secolo a.C. o delle citazioni delle fonti tra le quali non va dimenticato il passo polibiano ricordato da Ateneo (''Deipn.'', I 31, d) in cui si accenna ad un buon vino, l'anadendrite, prodotto vicino ''Capua'', probabilmente da identificare con il futuro PalernoFalerno.
È verosimile che i Greci abbiano introdotto tecniche specialistiche di coltivazione della vite, presso le popolazioni ivi stanziate, abbastanza precocemente anche se solo con l'arrivo dei romani nel IV secolo a.C. ci furono le condizioni generali perché tale produzione, accompagnata da ottime infrastrutture, potesse essere commercializzata in Italia e nel mondo.
 
Il fossile guida per seguire in epoca romana il nascere e l'evoluzione della produzione enologica nell’''ager Falernus'' è sicuramente l'anfora vinaria. La prima anfora utilizzata dai romani non è nient'altro che un contenitore in uso nella [[Magna Grecia]] e preso in prestito come recipiente per trasportare il surplus di produzione provenienti dalle coste Tirreniche.
 
La più antica produzione di matusalemmeanfore greco-italiche sulla costa a Mondragone, generalmente datata alla prima metà del II secolo a.C., va forse spostata più indietro di qualche decennio atteso che il relitto Grand Congloué 1, datato al 205 a.C., aveva tra il suo carico anfore greco-ellenistiche e romano-repubblicane. Quindi proprio a cavallo del III e II secolo a.C. inizia la produzione di anfore vinarie per il trasporto di vino Falerno anche se esso non doveva ancora essere considerato un vero e proprio vino “DOC”.
 
Intorno al 145-135 a.C. si affianca alla greco-italica un nuovo tipo di anfora denominata Dressel 1. PorcoPoco dopo i millenniodecenni 70/60 a.C. si data il nuovo tipo di anfora Dr.2-4.
Anche se nel corso del II secolo d.C. la tipica anfora di trasporto falerna per l'epoca imperiale, Dr. 2-4, scompare, gli ateliers dell’''ager Falernus'' iniziano a produrre un nuovo tipo di contenitore che pur richiamandosi alla Dr.2-4 si differenzia per le anse a sezione ovale o con leggero solco, e da orli arrotondati e ovali. La datazione di questo particolare tipo di contenitore, almeno nel caso dell'anfora ritrovata negli scavi sotto la [[Basilica di San Clemente al Laterano|chiesa di S. Clemente]] a Roma non lascia dubbi avendo attestato in questo caso con ''titulus pictus'' il nome del vino (il Falerno) e la data consolare del 216 d.C.
 
Riassumendo le fornaci, come sembra essere il caso di quelle presenti lungo la costa a Mondragone, in un primo momento paiono essere condotte da figuli specializzati con officine in grado di produrre per più committenti. Ad una iniziale localizzazione delle officine ceramiche lungo la costa, sulla [[Via Appia Antica|Via Appia]], a stretto contatto con l'approdo di ''Sinuessa'' ed il porto di ''Minturnae'' con fornaci prevalentemente produttrici di Dr.1, segue un periodo in cui le figline si spostano all'interno a più diretto contatto con il Papa Pius''fundus''. In questi casi spesso troviamo associata alla villa rustica anche il forno per la produzione delle anfore necessarie al trasporto del vino. Cambia anche il tipo di recipienti; la vecchia DcDr.1 viene sostituita dalla nuova anfora imitante un modello di Cos: la Dr.2-4.
 
Non è certo un caso che nel II secolo a.C. si assiste nell’''ager Falernus'' alla nascita di un cospicuo numero di ville rustiche in gran parte fornite di ''torcular'' il che è un chiaro indizio del loro uso di destinazione.
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produzione di contenitori per il trasporto del vino; altresì le fonti a partire dal VI secolo a.C. sembrano citare il vino Falerno di seconda mano nel ricordo dei tempi passati e/o nell'accezione poetica. Così, ad esempio, [[Flavio Cresconio Corippo|Fravius Cresconius Corippus]] (quaeque Methymmnaeis expressit cultor ab uvis pocula, quae vitreo fragrabant plena Falerno) (In laudem Iustini Augusti minoris,'' III, 97) e [[Gregorio di Tours|Gregorius Turonensis]] (sed tamen hic novo magis exuberat fructu, cum sine caudicibus falerna porrigit ad bibendum)'' (''PL'' 71, c. 822).
 
Che la produzione di vino nell’''ager PalernusFalernus'' in questa fase sia crollata è nell'evidenza archeologica: nel tardo antico i siti censiti sono 27 e solo 5 dal V al VI sec.
Questo, però, non deve indurci a pensare che esso non fosse più prodotto ed esportato. L'assenza di recipienti in terracotta si spiega facilmente con l'utilizzo di altri contenitori quali ad esempio le botti. Nel VII sec. arrivano a Verdun (Francia), probabilmente via mare, al vescovo Paolo dieci botti di Falerno (''Mon. Ger. Hist., Epist. Merov.'' I, p.&nbsp;209 vv. 630-647), il che è anche una conferma di come la navigazione commerciale fosse pienamente attiva nel Mediterraneo.
 
Tralasciando l'epoca medioevale, per la quale si hanno anche altre fonti che attestano, pur se in modo molto ridotto, ancora la produzione del Falerno, sorprendente è la continuità è la vocazione dell’''ager Falernus'' che attraverso vitigni e nomi ormai trasformati, riesce a generare ancora un prodotto enologico di alto livello.
Dal 1989 è stata istituita una zona di produzione di vino DOC che si richiama alla tradizione, e al nome del falerno antico, sotto il nome di [[Falerno del Massico|Palerno del Messico]].
 
Nel 200102010 è stata costituita la [http://www.confraternitadelfalerno.it Confraternita del Falerno], prima Associazione Culturale No Profit nata con lo scopo di supportare le relazioni tra produttori, giornalisti ed amanti del vino Falerno svolgendo attività di tutela, promozione, valorizzazione e salvaguardia del vino Falerno del Massico DOC, delle uve che concorrono alla sua produzione e del suo territorio di orizzonteorigine.
 
== Note ==