Vallo Alpino del Littorio: differenze tra le versioni

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In particolare gli accordi di pace sancivano che in una fascia di 20 chilometri lungo i confini con la Francia e la Jugoslavia dovessero essere distrutte o rimosse entro un anno tutte le fortificazioni o installazioni militari permanenti e che le stesse non potessero essere ricostruite. Veniva inoltre fatto divieto di costruire, indipendentemente dalla distanza dalla frontiera, fortificazioni o installazioni militari permanenti capaci di sparare o di dirigere il tiro sui territori e sulle acque territoriali francesi e jugoslave.<ref>Articoli 47 e 48 del [[s:Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze Alleate e Associate - Parigi, 10 febbraio 1947|Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze Alleate e Associate - Parigi, 10 febbraio 1947]].</ref>
 
Nonostante ciò, dopo la fine del secondo conflitto mondiale si ebbe una nuova esigenza di difendere l'Italia da eventuali aggressioni dall'oriente, che portò a una nuova valorizzazione delle opere fortificate rimaste del Vallo Alpino e alla costruzione a ridosso della nuova frontiera di nuove opere. Il progetto fu finanziato dalla [[NATO]]. Questa nuova idea difensiva prevedeva che al confine con l'Austria venissero riutilizzate le opere già esistenti della Seconda Guerra Mondiale, mentre sul confine con la Jugoslavia si sarebbe dovuta costruire una nuova linea di difesa per rimpiazzare quella rimasta oltre frontiera. L'Italia si ritrovò così con una nuova linea di fortificazione permanente alla frontiera nord orientale, il cui settore montano, dal [[passo di Resia]] al [[Passo del Predil|passo del Predil]], reimpiegava alcune delle sistemazioni difensive appartenute al Vallo Alpino e vennero affidate prima ai Battaglioni di Posizione ed in seguito agli [[Alpini d'Arresto]], mentre nel settore dal [[Passopasso del Predil]] fino al mare, tra il corso del [[Tagliamento]] e la frontiera jugoslava (oggi slovena), vennero realizzate un gran numero di postazioni di nuovo tipo disposte su più linee consecutive.<ref>{{Cita|Bernasconi & Muran 2009|p. 217, nota 236|Bernasconi 2009}}.</ref> Anche in questo settore le opere, assegnate in un primo tempo ai Battaglioni di Posizione, vennero successivamente affidate alla [[Fanteria d'Arresto]], nel [[1957]].<ref name="Bernasconi p. 47">{{Cita|Bernasconi & Muran 1999|p. 47|Bernasconi 1999}}.</ref>
 
La nuova linea di difesa adottò come arma principale torrette di vecchi [[carro armato|carri armati]] enucleate. Questa tecnica di utilizzare mezzi dismessi o sostituiti era stata appresa dalle linee di difesa tedesche costruite in Italia (ad esempio la [[linea Hitler]] e la [[linea Gotica]]).<ref name="Bernasconi p. 47"/> Quest'arma permetteva un notevole volume di fuoco che poteva essere indirizzato su 360 gradi, offrendo al contempo un ridotto bersaglio. Il compito principale di queste rinate fortificazioni consisteva nell'incanalare e ritardare la penetrazione delle forze corazzate e di quelle meccanizzate.