Carnevale di Ivrea: differenze tra le versioni

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[[File:Ivrea Carnevale Generale Prise Drapeau.JPG|left|thumb|"Generale" e "Stato Maggiore" alla cerimonia della ''Prise du drapeau''.]]
Le origini del Carnevale d'Ivrea si possono far risalire intorno al [[XVI secolo]], quando la festa veniva gestita, in rivalità fra di loro, dai vari rioni della città (rappresentati dalle parrocchie di San Maurizio, San Lorenzo, Sant'Ulderico, San Salvatore e San Grato). Di quel periodo rimangono oggi alcuni aspetti del cerimoniale che si sono conservati nel tempo<ref>Un'illustrazione della storia del carnevale è reperibile nel sito ufficiale del [http://www.carnevalediivrea.it/italiano/storia.asp Consorzio per l'organizzazione dello Storico Carnevale d'Ivrea]</ref>,
come la sfilata degli "'''Abbà''' che, a quei tempi, erano verosimilmente dei giovanotti scapestrati e che, nel "mondo alla rovescia" tipico delle feste carnascialesche, assumevano scherzosamente la carica di comandanti della milizia del [[Libero Comune]]; oggi il loro ruolo è interpretato da bambini scelti in rappresentanza dei vari rioni.
Vi è poi l'innalzamento e abbruciamento degli '''[[scarlo|scarli]]''', rituale con evidenti richiami alla [[riti di fertilità|fertilità]], ovvero alti pali di legno interamente ricoperti di [[calluna]] secca. Il lunedì di carnevale, l'ultima coppia di sposi del rione dissoda, a colpi di piccone, la terra dove dovrà essere conficcato lo [[scarlo]]; il martedì sera – come cerimonia conclusiva del carnevale che cede il passo alla [[Quaresima]] - gli stessi Abbà, accompagnati dal corteo, provvedono con le torce ad appiccarvi il fuoco per farne un falò.<br />
L'antica tradizione dei carnevali rionali, in gran parte del [[Piemonte]], fu poi soppiantata nel [[1808]] dall'unificazione delle feste, voluta, anche per motivi di ordine pubblico, dalle autorità [[Napoleone Bonaparte|napoleoniche]] che governavano la città.<br />
Il '''Generale''' infatti, nasce proprio come una figura carnevalesca risalente proprio a quest'epoca, e cioè rievocando il simbolo dell'autorità municipale, che veste l'uniforme dell'esercito napoleonico e assume simbolicamente i poteri di gestione e di ordine della festa.<br />
A partire dal [[XIX secolo]] quindi, si aprì una fase di "storicizzazione" del carnevale [[Ivrea|eporediese]], collegando il significato della sua celebrazione all'affermazione degli ideali di libertà, giunti in [[Piemonte]] con la [[Rivoluzione francese]]. Vi è da menzionare, a tale proposito, uno degli elementi che connotano maggiormente le tre giornate di festa, vale a dire l'obbligo per tutti i partecipanti - pena il rischio di diventare bersaglio di "grazioso getto delle arance" - di indossare il rosso [[berretto frigio]], come icona rivoluzionaria resa famosa dalla ''[[Marianne (allegoria)|Marianne]]'' e dai [[sanculotti]] parigini.<ref>Secondo taluni studiosi il berretto frigio, reso popolare dalla Rivoluzione Francese, apparteneva già ad una precedente tradizione libertaria particolarmente radicata in [[Valchiusella]] sin dal [[XIV secolo]], memore della rivolta dei [[Tuchinaggio|Tuchini]] [http://www.carnevalediivrea.com/abc/berretto.html]</ref>.<br />
Anche le uniformi - con giubbe e pantaloni dai colori blu e rosso, stivali di cuoio nero, spada al fianco e [[feluca (copricapo)|feluche]] piumate – indossate dallo "Stato Maggiore", gli ufficiali posti agli ordini del Generale, sono quelle dello stesso esercito napoleonico. Analoghe divise portano le quattro "Vivandiere" che, nei tre giorni di festa di giovedì, domenica e martedì sfilano a cavallo assieme allo Stato Maggiore.<br />
Lo studio storico della manifestazione, tuttavia, si incaricò di cercare di risalire ad epoche ben anteriori alla Rivoluzione Francese, nelle le origini dell'ansia di libertà e di lotta contro la tirannide, e collocandole nelle vicende medievali che interessarono [[Ivrea]]. La chiave [[Romanticismo|romantica]] che, a partire dall'[[XIX secolo|Ottocento]], fu data al periodo [[Medioevo|medioevale]], si connotò in un cerimoniale in ricordo delle sommosse contro le tirannidi. Nel [[1858]] – nel pieno del manifestarsi degli ideali [[Risorgimento|risorgimentali]] - si affermò la presenza della figura della ''mugnaia'', la protagonista dell'intera manifestazione, rappresentata da una cittadina nominata annualmente, che si affaccia al balcone del Municipio la sera del sabato delle cerimonie.<br />
La figura della '''mugnaia''' si ispirerebbe alla leggenda di una certa ''Violetta'', giovane figlia di un mugnaio della città (nome comunque diffuso solo dal [[XIX secolo]]), sposata con Toniotto trascinata nel cosiddetto "Castellazzo" e qui obbligata a concedersi al
perfido tiranno, deciso altresì a reclamare la legge ''[[ius primae noctis]]''. Storicamente, il tiranno sarebbe identificato in Ranieri di BiadrateBiandrate, figlio del conte [[Guido III di Biandrate|Guido III]] padrone del territorio sul finir del [[XII secolo]]<ref>[http://digilander.libero.it/mediaivrea/medioita/ranieri.htm ranieri<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> (e contro il quale gli eporediesi insorsero veramente nel [[1194]], distruggendo il suo maniero - il [[castello di San Maurizio]], soprannominato il "Castellazzo"), ma anche con la figura del [[Marchese del Monferrato|marchese]] [[Guglielmo VII del Monferrato]], padrone di Ivrea in un periodo relativamente breve ([[1266]]-[[1272]])<ref>La questione dei confini tra leggenda e verità storica è stata affrontata anche da [[Giuseppe Giacosa]] (cfr. il II cap. del suo ''Castelli Valdostani e Canavesani'')</ref>; alcuni documenti di quel periodo testimoniano lo sconforto del popolo per le salate [[gabella|gabelle]] sulla produzione di alimentari e farine<ref>Il fatto che la leggendaria eroina della festa sia la figlia di un mugnaio può far riferimento all'odiata gabella sul macinato imposta in epoca medievale ai mulini della zona, lungo il corso della [[Dora Baltea|Dora]]</ref>.
La leggenda della mugnaia Violetta, novella [[Giuditta]], termina quando riesce a far ubriacare il tiranno, per poi tagliargli la testa durante il sonno, dando così inizio – come recitano le parole della ''Canzone del Carnevale'' - alla sollevazione popolare e all'abbattimento dello stesso maniero del tiranno.<br />
La tradizione le dette l'appellativo di '''vezzosa''', per indicarne la leggiadria e la grazia femminile, quindi vestita di bianco per indicarne la fedeltà e la purezza, ed interpretata, ogni anno, da una diversa cittadina eporediese, che dev'essere sposata, per ricordare lo stato di Violetta, seppur suo malgrado. Come eroina della rivolta inoltre, viene adornata col [[bandiera italiana|tricolore italiano]], in riferimento alle rivoluzioni [[Risorgimento|risorgimentali]]. A tal proposito, il [[folclore]] del carnevale è ricco, soprattutto nei costumi e negli stendardi, di richiami alle rivoluzioni storiche, a partire dalle tradizioni medioevali [[Canavese|canavesane]], inneggianti alle sommosse popolari, fino ai moti del [[Risorgimento]]. Né va scordato che – come scrisse [[Giosuè Carducci|Carducci]] – "lungo le vie del centro storico di Ivrea, dove ha luogo la sfilata del carnevale, aleggia anche l'ombra di [[Arduino d'Ivrea|Re Arduino]]"; quest'ultimo infatti, nonostante difese la [[Marca d'Ivrea]] nell'[[XI secolo]], agli occhi del povero popolo risultò, comunque, un ricco [[Anscarici|monarca dinastico]].