Yoshinori Ōsumi: differenze tra le versioni

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=== Il premio Nobel ===
[[File:Nobel Laureates 7430 (31117193770).jpg|sinistra|miniatura|Yoshinori Ōsumi durante la conferenza del Premio Nobel 2016]]
Dopo essersi aggiudicato numerosi premi per le sue ricerche tra il [[2005]] e il [[2015]], all'età di 71 anni, nel [[2016]], viene insignito del prestigioso [[Premio Nobel per la medicina|premio Nobel]] per i suoi studi sull'autofagia.<ref name=":5"/>[[File:Yoshinori_Osumi_20161003.jpg|thumb|Ōsumi nel suo laboratorio nel 2016|sinistra]] Riceve la notizia per via telefonica mentre era nel suo laboratorio, dichiarandosi sorpreso e onorato.<ref name=":3" /> In seguito, in un'intervista con la tv giapponese [[NHK]], affermerà:{{Citazione|Il corpo umano vive attraverso questo processo di autodecomposizione, che è una forma di [[cannibalismo]]. Cerca di mantenere un equilibrio delicato fra costruzione e distruzione. E questo è quello che in fondo caratterizza la vita<ref name=":3">{{Cita news|autore=|url=http://www.repubblica.it/salute/2016/10/03/news/vincono_il_nobel_per_la_medicina-149004282/|titolo=Il giapponese Yoshinori Ohsumi vince il Nobel per la medicina|pubblicazione=Repubblica.it|data=2016-10-03|accesso=2016-10-11}}</ref>|Yoshinori Ōsumi}}
Dopo essersi aggiudicato numerosi premi per le sue ricerche tra il [[2005]] e il [[2015]], all'età di 71 anni, nel [[2016]], viene insignito del prestigioso [[Premio Nobel per la medicina|premio Nobel]] per i suoi studi sull'autofagia.<ref name=":5"/>
 
Dopo<nowiki> essersi aggiudicato numerosi premi per le sue ricerche tra il [[2005]] e il [[2015]], all'età di 71 anni, nel [[2016]], viene insignito del prestigioso [[Premio Nobel per la medicina|premio Nobel]] per i suoi studi sull'autofagia.<ref name=":5"/nowiki>[[File:Yoshinori_Osumi_20161003.jpg|thumb|Ōsumi nel suo laboratorio nel 2016|sinistra]] Riceve la notizia per via telefonica mentre era nel suo laboratorio, dichiarandosi sorpreso e onorato.<ref name=":3" /> In seguito, in un'intervista con la tv giapponese [[NHK]], affermerà:{{Citazione|Il corpo umano vive attraverso questo processo di autodecomposizione, che è una forma di [[cannibalismo]]. Cerca di mantenere un equilibrio delicato fra costruzione e distruzione. E questo è quello che in fondo caratterizza la vita<ref name=":3">{{Cita news|autore=|url=http://www.repubblica.it/salute/2016/10/03/news/vincono_il_nobel_per_la_medicina-149004282/|titolo=Il giapponese Yoshinori Ohsumi vince il Nobel per la medicina|pubblicazione=Repubblica.it|data=2016-10-03|accesso=2016-10-11}}</ref>|Yoshinori Ōsumi}}
Il [[Comitato per il Nobel norvegese]], dopo averlo scelto tra 273 possibili candidati, nell'annunciarlo come vincitore, dichiara che le sue scoperte "Aprono il percorso alla comprensione di molti processi [[Fisiologia|fisiologici]] fondamentali, come l'adattamento dell'organismo in caso di fame e la risposta alle [[Infezione|infezioni]]".<ref name=":3"/> Ōsumi è il venticinquesimo giapponese a vincere il Nobel, ma solo il quarto a ottenerlo in ambito medico. L'ultimo era stato [[Satoshi Ōmura]] nel 2015.<ref>{{Cita web|url=http://www.focus.it/scienza/salute/nobel-per-la-medicina-2015-ecco-i-vincitori|titolo=Nobel Medicina 2015|accesso=2016-11-01}}</ref>
 
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Alla metà degli [[Anni 1950|anni '50]] gli scienziati osservano dei nuovi compartimenti cellulari specializzati, che in seguito vengono considerati alla stregua dei già noti "[[Organulo|organuli]] cellulari", contenenti [[Enzima|enzimi]] in grado di [[Digestione|digerire]] [[Proteina|proteine]], [[carboidrati]] e [[lipidi]].
 
Questi nuovi compartimenti cellulari specializzati, chiamati [[Lisosoma|lisosomi]], lavorano come veri e propri siti di demolizione e degradazione di componenti cellulari.[[File:Yoshinori_Osumi_20161003.jpg|thumb|Ōsumi nel suo laboratorio nel 2016|304x304px]]Lo scienziato belga [[Christian de Duve]] venne insignito del premio Nobel per la medicina o [[fisiologia]] nel [[1974]], per la scoperta dei lisosomi.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/de-duve-christian-rene/|titolo=Christian de Duve, Nobel 1974|sito=treccani.it|accesso=2016-11-01}}</ref> Osservazioni durante gli [[Anni 1960|anni '60]] avevano mostrato che grandi quantità di materiale cellulare, o addirittura interi organuli danneggiati, possono, a volte, trovarsi all'interno di questi ultimi.
 
Lo scienziato belga [[Christian de Duve]] venne insignito del premio Nobel per la medicina o [[fisiologia]] nel [[1974]], per la scoperta dei lisosomi.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/de-duve-christian-rene/|titolo=Christian de Duve, Nobel 1974|sito=treccani.it|accesso=2016-11-01}}</ref> Osservazioni durante gli [[Anni 1960|anni '60]] avevano mostrato che grandi quantità di materiale cellulare, o addirittura interi organuli danneggiati, possono, a volte, trovarsi all'interno di questi ultimi.
 
Si suppone dunque che la [[cellula]] debba avere una modalità di [[Trasporto di membrana|trasporto]] del materiale cellulare ai lisosomi per la degradazione. Ulteriori ricerche microscopiche dimostrano, in effetti, l'esistenza di particolari vescicole costituite di doppia membrana che favoriscono l'acquisizione del materiale cellulare da parte dei lisosomi. Christian de Duve, lo scienziato a cui si deve la scoperta dei lisosomi, conia dunque il termine "autofagia", per descrivere questo tipo di processo. Le nuove vescicole, invece, prendono il nome di "[[Autofagosoma|autofagosomi]]".<ref name=":4">{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/autofagia_(Dizionario-di-Medicina)/|titolo=Autofagia, Enciclopedia Treccani|sito=Treccani.it|accesso=2016-11-01}}</ref> In tale processo, questi ultimi operano infatti inglobando il materiale citoplasmatico da degradare grazie all'azione di particolari enzimi. In un secondo momento, attraverso alcune proteine, dette [[Proteina SNARE|SNARE]], avviene la fase di riconoscimento in cui la membrana più esterna dell'autofagosoma e la membrana del lisosoma si uniscono e gli enzimi lisosomiali degradano il resto, tra cui la membrana interna dell'autofagosoma (che quindi, come dice il nome stesso, si 'autofagocita').<ref name=":4"/>
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L'intuito e l'abilità del professore lo portano a concepire l'idea che se fosse riuscito a bloccare il processo di [[decomposizione (chimica)|degradazione]] mentre era in corso il meccanismo di autofagia, gli autofagosomi si sarebbero dovuti accumulare all'interno del vacuolo senza smaltire quanto inglobato e dunque divenire visibili al [[microscopio]]. Pertanto, una volta ottenuta un [[Coltura di microrganismi|coltura]] di cellule di lievito mutate, (mancanti degli [[Enzima|enzimi]] di degradazione del vacuolo) e indotto il processo di autofagia non fornendo sufficienti sostanze nutritive alle cellule, crea le condizioni necessarie per delle osservazioni che avrebbero rivelato l'esistenza o meno del processo stesso.<ref name=":2"/>
I risultati sono strabilianti: dopo un'ora, i primi autofagosomi del diametro compreso tra i 400 e i 900&nbsp;nm, iniziano ad accumularsi nel vacuolo e, continuando a crescere gradualmente di numero, nell'arco di tre ore lo riempiono quasi completamente, aumentandone il volume. L'esperimento di Ōsumi prova dunque l'esistenza dell'autofagia all'interno delle cellule di lievito.<ref name=":2"/> I risultati di tale ricerca vengono pubblicati nel [[1992]] e hanno un notevole impatto sulla [[comunità scientifica]].<ref>{{Cita web|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2289660/pdf/jc1192301.pdf|titolo=Autophagy in yeast demonstrated with proteinase-deficient mutants and conditions for its induction|cognome=|lingua=Inglese|accesso=2016-11-12}}</ref>[[File:Autophagy.png|miniatura|300x300px|I primi autofagosomi osservati da Yoshinori Ōsumi, dal diametro compreso tra i 400nm e i 900nm.|sinistra]]
[[File:Autophagy.png|miniatura|300x300px|I primi autofagosomi osservati da Yoshinori Ōsumi, dal diametro compreso tra i 400nm e i 900nm.]]
I risultati sono strabilianti: dopo un'ora, i primi autofagosomi del diametro compreso tra i 400 e i 900&nbsp;nm, iniziano ad accumularsi nel vacuolo e, continuando a crescere gradualmente di numero, nell'arco di tre ore lo riempiono quasi completamente, aumentandone il volume. L'esperimento di Ōsumi prova dunque l'esistenza dell'autofagia all'interno delle cellule di lievito.<ref name=":2"/> I risultati di tale ricerca vengono pubblicati nel [[1992]] e hanno un notevole impatto sulla [[comunità scientifica]].<ref>{{Cita web|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2289660/pdf/jc1192301.pdf|titolo=Autophagy in yeast demonstrated with proteinase-deficient mutants and conditions for its induction|cognome=|lingua=Inglese|accesso=2016-11-12}}</ref>
 
=== La scoperta dei geni dell'autofagia ===
Ōsumi, usufruendo dei ceppi di lievito da lui ottenuti, elabora un meccanismo per identificare e caratterizzare i geni responsabili del processo di autofagia: intuisce che l'accumulo di autofagosomi nel vacuolo non sarebbe possibile se i geni coinvolti nel processo di autofagia venissero inattivati.<ref name=":2"/>
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=== Autofagia: un meccanismo essenziale nelle nostre cellule ===
Dopo l'identificazione del meccanismo dell'autofagia nei lieviti, ancora una questione rimaneva irrisolta: esiste un corrispondente di questo meccanismo anche in altri organismi? Presto diventa chiaro che meccanismi virtualmente identici operano nelle nostre stesse cellule, poiché i geni ATG dei lieviti risultano avere degli omologhi negli eucarioti superiori. Gli strumenti di ricerca richiesti per indagare sull'autofagia negli umani sono ora disponibili.<ref name=":2"/>[[File:Yoshinori_Osumi_20151029.jpg|thumb|Ōsumi al Gairdner Foundation International Award del 2015|sinistra]] A seguito dei risultati di Ōsumi, ora sappiamo che l'autofagia controlla importanti funzioni fisiologiche in cui le componenti cellulari necessitano di essere degradate e riciclate. L'autofagia può rapidamente fornire energia e blocchi costitutivi per il rinnovo di componenti cellulari ed è quindi essenziale per la risposta cellulare all'inedia e ad altri tipi di [[Stress (medicina)|stress]]: dopo un'[[infezione]], l'autofagia può eliminare la proliferazione intracellulare di [[Bacteria|batter]]<nowiki/>i e [[virus (biologia)|virus]], inoltre può contribuire allo [[sviluppo embrionale]] e alla [[differenziazione cellulare]]. Infine, le cellule si avvalgono dell'autofagia per eliminare le proteine e gli eventuali organuli danneggiati, mettendo in pratica un controllo di qualità molto importante per contrastare l'invecchiamento cellulare.<ref name=":2"/>
 
Sono state riscontrate delle [[Correlazione (statistica)|correlazioni]] significative tra defezioni del processo di autofagia e [[Diabete mellito di tipo 2|diabete]] di secondo tipo,<ref>{{Cita web|url=http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1749-6632.2010.05614.x/abstract;jsessionid=D83E2BB29093DE8E477FA4265605F6FD.f03t02|titolo=Role of autophagy in diabetes and mitochondria|lingua=Inglese|accesso=2016-11-01}}</ref> [[Neoplasia|cancro]],<ref name=":8">{{Cita web|url=https://www.jci.org/articles/view/73941|titolo=The role for autophagy in cancer|lingua=Inglese|accesso=2016-11-01}}</ref> e alcuni disordini che solitamente appaiono con l'età avanzata. Infatti, è stato dimostrato che l'autofagia avviene anche nei [[Neurone|neuroni]] e che un suo eventuale malfunzionamento, sarebbe correlato all'insorgenza di alcune [[malattie neurodegenerative]] come la [[malattia di Alzheimer]]<ref>{{Cita web|url=http://www.jneurosci.org/content/28/27/6926.long|titolo=Autophagy Induction and Autophagosome Clearance in Neurons: Relationship to Autophagic Pathology in Alzheimer's Disease|lingua=Inglese|accesso=2016-11-09}}</ref> e la [[malattia di Parkinson]].<ref>{{Cita web|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3312403/|titolo=The Role of Autophagy in Parkinson’s Disease|lingua=Inglese|accesso=2016-11-01}}</ref> Più complesso è quanto accade nei processi tumorali: defezioni dell'autofagia aumentano lo [[stress ossidativo]] favorendo l'insorgenza del tumore, seppure al tempo stesso, le cellule cancerose necessitano dell'autofagia ancor più di quelle sane per sopperire alla loro proliferazione incontrollata.<ref name=":8"/> Mutazioni dei geni dell'autofagia possono causare malattie genetiche. Sono attualmente in corso delle ricerche per sviluppare dei [[Farmaco|farmaci]] che possano intervenire sui processi di autofagia e sui vari disagi che il malfunzionamento di quest'ultimo comporta.<ref>{{Cita web|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3518431/|titolo=Autophagy modulation as a potential therapeutic target for diverse diseases|lingua=Inglese|accesso=2016-11-01}}</ref> L'autofagia, già nota dalla metà degli anni '50, di fatto diventa fondamentale nella Fisiologia e Medicina grazie all'insostituibile lavoro svolto da Yoshinori Ōsumi.