Lista Nazionale: differenze tra le versioni

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Inoltre i fascisti, sicuri di conquistare la maggioranza dei 2/3 dei seggi previsti dalla legge elettorale, allo scopo di diminuire ulteriormente il numero dei seggi riservati alle minoranze, presentarono in varie circoscrizioni ([[Lombardia]], [[Toscana]], [[Lazio]] e [[Umbria]], [[Abruzzo|Abruzzi]] e [[Molise]], [[Puglia|Puglie]]), oltre alla lista ufficiale, un'altra lista fascista fiancheggiatrice, detta comunemente ''Lista nazionale bis'', formata dai più estremisti fra gli iscritti al partito e contrari alla collaborazione con la destra moderata.
 
Alle elezioni il ''Listone'' (che aveva come simbolo il ''fascio littorio'') ottenne il 60,1% dei voti e 356 deputati (poi ridotti a 355 per la morte di [[Giuseppe De Nava]], non sostituito); a essi si aggiunsero il 4,8% di voti e i 19 seggi conseguiti dalla lista ''bis'' (con il simbolo ''aquila romana e fascio littorio'') e lo 0250,25 della lista dissidente fascista presentata in Piemonte e Lombardia, che elesse [[Cesare Forni]]. Nel complesso le liste governative raccolsero il 65,2% dei voti validi, sfiorando i 2/3 dei voti, eleggendo 376 parlamentari, di cui 275 iscritti al PNF (cioè sette in più della maggioranza assoluta dell'Assemblea, fissata a quota 268) e 101 degli altri partiti della coalizione.
 
Le consultazioni si svolsero in un clima di violenza e intimidazioni delle [[squadrismo|squadre fasciste]] in tutta Italia e, con un duro discorso, il deputato socialista [[Giacomo Matteotti]] chiese di annullarle. Dopo il suo rapimento e omicidio da parte di una banda di estremisti fascisti, si creò verso il governo un clima di indignazione, che coinvolse non solo l'opposizione parlamentare socialista, ma indusse anche i popolari di [[Alcide De Gasperi|De Gasperi]] e i liberali di Giolitti a uscire dalla maggioranza governativa. Le opposizioni abbandonarono i lavori parlamentari per riunirsi altrove ("[[Secessione aventiniana]]").