Socii e foederati: differenze tra le versioni

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Nel [[376]], tuttavia, i [[Goti]] [[Tervingi]], scacciati dalle loro sedi dagli attacchi degli [[Unni]], chiesero all'Imperatore [[Valente (imperatore romano)|Valente]] il permesso di stabilirsi sulla riva sud del [[Danubio]] e vennero accettati all'interno dell'Impero. I propagandisti di corte elogiarono Valente per l'ammissione dei Goti Tervingi, in quanto in questo modo si assicurava una considerevole fonte di reclutamento nonché un'ulteriore fonte di entrate per il fisco.<ref>{{cita|Heather|p. 200.}}</ref> In realtà, stando alla tesi di Heather, è possibile che Valente fosse stato costretto ad accogliere i Goti, in quanto il grosso del suo esercito di campo era in Oriente impegnato in operazioni militari contro la Persia, e in Tracia era rimasto un numero troppo esiguo di truppe per opporsi con successo a un eventuale attraversamento non autorizzato del Danubio da parte dei Goti.<ref>{{cita|Heather|pp. 203-204.}}</ref> In effetti, il fatto che Valente intendesse limitare i danni, non accogliendo troppi barbari per volta, è confermato dal fatto che rifiutò l'ammissione dei Goti [[Greutungi]], nonostante anch'essi ne avessero fatto richiesta.<ref>{{cita|Heather|p. 204.}}</ref>
 
Fino a quel momento, vi erano stati casi (''deditio'') in cui l'Impero aveva accolto ''intra fines'', cioè all'interno dei confini, delle popolazioni barbariche, insediandoli come contadini non liberi (''dediticii'') in zone di confine desolate, ma in tal caso i Romani, per precauzione, disperdevano i popoli insediati per ''deditiodediticii'' in modo da distruggere la loro coesione e renderli facilmente controllabili.<ref name=Zec129/> Nel caso dei Tervingi ciò non fu fatto: nonostante l'ammissione dei Goti all'interno dell'Impero fosse stata presentata dalla propaganda imperiale come ''deditio'', di fatto il numero eccessivo di Barbari da insediare, a cui si aggiunse il numero esiguo di truppe romane in Tracia, rese impossibile per l'Impero imporre agli immigrati le condizioni in genere imposte ai ''dediticii''; ai Goti fu permesso di mantenere la loro coesione tribale all'interno dell'Impero, costituendo così ''de facto'', anche se non ''de jure'', il primo caso di ''Foederati intra fines'', ovvero ''Foederati'' insediati all'interno dei confini dell'Impero.<ref>{{cita|Heather|p. 205.}}</ref>
 
Le fonti antiche accusano gli ufficiali romani di aver gestito male l'insediamento dei Tervingi: ad esempio, narrano che gli ufficiali romani ricevettero l'ordine di confiscare tutte le armi agli immigrati, ma non adempirono al loro incarico perché corrotti dai Goti; poi li accusano di aver lucrato alle spalle dei Goti, riducendoli dapprima alla fame e vendendo poi loro cibo di scarsa qualità a prezzi carissimi; quando poi avvenne il tentativo di assassinio dei loro capi nel corso di un banchetto, i Goti non ne poterono più dei maltrattamenti subiti e decisero di rivoltarsi e devastare l'Impero (inizi del 377).<ref>{{cita|Heather|p. 201.}}</ref> In realtà, è possibile che la mancata confisca delle armi fosse dovuta alla necessità di velocizzare l'attraversamento del fiume per evitare una sommossa tra i Goti, il che impedì agli ufficiali di controllare perfettamente gli equipaggiamenti dei Goti. Il razionamento dei viveri alle popolazioni immigrate può essere inoltre interpretato come un mezzo per tenere sotto controllo una moltitudine di barbari che si sarebbe potuta dimostrare ostile e, data la sua presenza al di qua delle frontiere, molto pericolosa.<ref>{{cita|Heather|p. 205.}}</ref> Anche il rapimento o l'uccisione dei capi barbari durante un banchetto era una tattica usata frequentemente dai Romani al fine di distruggere la coesione delle popolazioni nemiche. Si può concludere che gli abusi che spinsero i Goti alla rivolta fossero tattiche comunemente usate per rendere inoffensivi i nuovi insediamenti di barbari e che tuttavia in questo caso fallirono a causa del numero troppo esiguo di truppe romane, insufficiente a tenere sotto controllo un insediamento di decine di migliaia di guerrieri goti. Probabilmente i Romani, essendosi trovati impreparati a dover accogliere all'improvviso una popolazione così numerosa, non riuscirono a gestire in maniera adeguata l'emergenza, portando alla fine alla rivolta dei Goti.
 
A peggiorare la situazione, anche i Goti Greutungi, condotti da [[Alateo]] e [[Safrax|Safrace]], riuscirono ad attraversare il fiume e a unire le forze con i Tervingi di re [[Fritigerno]]; più tardi, alla fine del 377 alcuni contingenti di Unni e Alani attraversarono il Danubio e rafforzarono ulteriormente il già consistente esercito goto. Il 9 agosto 378 i Goti sconfissero i Romani nella [[Battaglia di Adrianopoli (378)|Battaglia di Adrianopoli]], nella quale perirono i due terzi dell'esercito campale dell'Impero d'Oriente, insieme allo stesso Imperatore Valente. La grave sconfitta subita costrinse l'Impero romano a venire a patti con i Goti. [[Teodosio I]], il successore di Valente in Oriente, si trovò in notevoli difficoltà quando tentò di ricostituire in tempi brevi un esercito nazionale: le resistenze dei proprietari terrieri a permettere ai propri contadini di svolgere il servizio militare (soprattutto per il timore di perdere manodopera) e la scarsa volontà da parte dei romani stessi a combattere (le leggi romane del tempo lamentano che molti, pur di non essere reclutati, arrivavano persino a mutilarsi le dita della mano) lo costrinsero a fare sempre maggior affidamento sui barbari.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|pp. 23-26.}}</ref> [[Zosimo (storico)|Zosimo]] narra che Teodosio, pur di colmare le perdite subite dall'esercito, fu costretto a ricorrere al reclutamento massiccio di barbari, tra cui molti goti spinti a disertare e a passare dalla sua parte.<ref name=ZosIV30>Zosimo, IV,30.</ref> Alcuni di questi goti si rivelarono fedeli all'Impero, come il generale Modare, che nel 379 riuscì ad espellere i propri connazionali dalla [[Tracia (diocesi)|Tracia]] pacificandola.<ref>Zosimo, IV,25.</ref> Tuttavia, secondo il racconto di Zosimo, i disertori goti, che superarono presto in numero le reclute romane, diedero preoccupanti segnali di indisciplina. Dubitando della fedeltà dei disertori barbari reclutati nelle legioni, molti dei quali di origine gotica e quindi connazionali dei barbari che avrebbero dovuto combattere per conto dell'Impero, Teodosio, prudentemente, trasferì parte dei barbari in [[Egitto (diocesi)|Egitto]], e le legioni dell'Egitto in Tracia.<ref name=ZosIV30/> Nonostante questa precauzione, l'esercito, riempito di barbari e caduto nel disordine più totale, non poté che perdere un'altra battaglia contro i Goti [[Battaglia di Tessalonica|nei pressi di Tessalonica]] (estate 380), nella quale l'Imperatore stesso scampò a stento alla cattura; Zosimo attribuisce la sconfitta al tradimento dei disertori goti che defezionarono in favore del nemico nel corso della battaglia.<ref>Zosimo, IV,31.</ref>
 
La sconfitta subita convinse Teodosio dell'impossibilità di poter vincere in maniera definitiva i Goti e della necessità di firmare una pace di compromesso con essi.<ref>Alcuni studiosi (cfr. ad esempio {{cita|Halsall|pp. 180-183}}) hanno messo in discussione il fatto che il trattato di pace del 3 ottobre 382, attestato da alcune cronache, avrebbe riguardato l'intero popolo dei Goti, sostenendo che in tal caso sarebbe stato l'Imperatore stesso a negoziarlo e non Saturnino, e che inoltre nell'ultima fase della guerra i Goti avevano perso la loro coesione, suddividendosi in diversi gruppi; essi asseriscono che nel 382, invece di un unico trattato di pace, ve ne sarebbero stati molteplici, ognuno con un differente gruppo di Goti. Altri studiosi, tuttavia, continuano ad attenersi alla visione tradizionale (cfr. ad esempio {{cita|Heather|pp. 230-236}}, e {{cita|Ravegnani|pp. 32-33}}).</ref> I Goti, con il trattato del 3 ottobre 382, divennero alleati (''foederati'' o ''symmachoi'') di Roma: si insediavano in territorio imperiale, nell'Illirico orientale, sotto il comando dei loro capi e ricevevano terre da coltivare; in cambio si impegnavano a fornire assistenza militare all'esercito romano-orientale in caso di necessità.<ref>{{cita|Heather|pp. 230-232.}}</ref><ref>Fonti tarde (come Procopio e Giordane) fanno uso del termine ''foederati'' per indicare gli alleati goti, ma non è detto che questo termine fosse già in uso durante il regno di Teodosio, ma potrebbe essere un anacronismo del VI secolo. La prima attestazione del termine ''foederati'' in una fonte coeva è in una legge del 406. In ogni caso le fonti greche coeve usano il termine ''symmachoi'', che nella sostanza è sinonimo di ''foederati'', per indicare queste bande mercenarie gotiche insediate all'interno dell'Impero.</ref> Il trattato del 382 probabilmente prevedeva anche l'obbligo da parte dei Goti insediati all'interno dell'Impero di fornire reclute, scelte tra i loro giovani, all'esercito regolare. Del resto, già in precedenza Teodosio aveva reclutato nell'esercito regolare numerosi soldati goti che avevano disertato dall'esercito nemico. Tuttavia, sembrerebbe che il grosso dei ''foederati'' goti non fu integrato nell'esercito regolare, ma serviva in bande irregolari sotto il comando dei loro capi tribali (e non sotto ''praepositi'' romani, come nel caso dei ''[[laeti]]'') solo in occasione di specifiche campagne militari, venendo congedati dall'esercito al termine di esse; ciò sembrerebbe confermato dal fatto che [[Sinesio di Cirene]] e [[Socrate Scolastico]] definiscano questi barbari ''Symmachoi'' (alleati), e dal fatto che la ''[[Notitia Dignitatum]]'' attesti esplicitamente solo due reggimenti costituiti interamente da reclute gotiche nella parte orientale.<ref>{{cita|Rocco|pp. 518-521.}}</ref> Tuttavia sembra che all'epoca di Teodosio i capi tribali goti, nel corso delle campagne militari, fossero subordinati agli alti ufficiali dell'esercito romano. In tempo di pace essii Goti coltivavano le terre loro concesse dallo stato nelle due province settentrionali della [[Tracia (diocesi)|diocesi di Tracia]], la ''[[Mesia (provincia romana)|Moesia II]]'' e la ''[[Scythia Minor]]'', e presumibilmente anche in [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]], ricevendole in proprietà.<ref>{{cita|Heather|p. 282.}}</ref> Stando a un'allusione vaga di Temistio, è possibile anche che per i Goti vigesse la cosiddetta ''[[hospitalitas]]'', cioè che fossero alloggiati nelle case dei proprietari terrieri romani. È incerto se i Goti fossero o meno esentati da imposte.
 
Nonostante formalmente l'accordo fosse stato presentato come una completa sottomissione dei Goti a Roma (''deditio''), in realtà rappresentò una cesura importante rispetto a tutti i casi precedenti di ''deditio''.<ref>{{cita|Heather|pp. 230-231.}}</ref><ref>{{cita|Jones|p. 157.}}</ref> Infatti, poiché, a differenza dei casi precedenti, i Romani non erano usciti vincitori nel conflitto, ai Goti furono concesse condizioni favorevoli senza precedenti: in particolare, anche se non fu loro riconosciuto un capo unico, fu concessa loro la possibilità di mantenere la loro coesione politica e militare nonché i loro costumi e non furono dispersi per le province, come accadeva nei casi consueti di ''deditio''.<ref>{{cita|Heather|pp. 230-232.}}</ref> I ''foederati'' Goti in pratica costituivano una comunità semiautonoma e separata dal resto della popolazione provinciale, separazione accentuata ulteriormente dal fatto che probabilmente non fu concessa loro né la cittadinanza romana né il diritto di sposarsi con i Romani (''ius connubii'').<ref>{{cita|Rocco|p. 521.}}</ref> In realtà, la questione della cittadinanza romana è discussa, ed è possibile che almeno ad alcuni dei capi più eminenti fu concessa (come ad esempio Fravitta). Le terre di insediamento concesse ai Goti continuavano comunque ad appartenere legalmente all'Impero.<ref>{{cita|Heather|pp. 231-232.}}</ref> Considerato che, alla vigilia della Battaglia di Adrianopoli, le richieste gotiche comprendevano la cessione della Tracia ai Goti in cambio della pace, si può concludere che Teodosio riuscì a limitare i danni, impedendo per il momento la creazione di uno stato visigoto indipendente all'interno dell'Impero.
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Intorno al 392, durante un banchetto organizzato da Teodosio I, probabilmente per negoziare con i capi dei goti la loro assistenza militare contro l'usurpatore Eugenio, i due litigarono al punto che Fravitta giunse ad uccidere Eriulfo; i seguaci di Eriulfo tentarono di uccidere Fravitta, ma furono fermati dalle guardie del corpo dell'Imperatore.<ref name=ZosIV56/>
 
A conferma che la fedeltà dei ''Foederati'' goti era assai dubbia, nel 388 l'usurpatore occidentale [[Magno Massimo]] riuscì a corromperne molti, con la promessa di grandi ricompense, persuadendoli a tradire Teodosio; l'Imperatore, scoperte le intenzioni proditorie dei Barbari, costrinse i mercenari traditori a fuggire per le paludi e per le foreste della Macedonia, cercandoli con grande diligenza.<ref>Zosimo, IV,45.</ref> Tornato a Costantinopoli dopo la sconfitta dell'usurpatore, nel 391, Teodosio scoprì che, durante la sua permanenza in Italia, i disertori barbari erano usciti dalle foreste e dalle paludi e stavano devastando la Macedonia e la Tessaglia. Teodosio intervenne rapidamente alla testa delle sue armate, ma, dopo alcuni iniziali successi, fu messo in difficoltà dalla controffensiva gota, e si salvò solo per l'intervento tempestivo dei rinforzi condotti dal generale Promoto, che repressero la rivolta.<ref>Zosimo, IV,49.</ref> Intorno sempre allo stesso periodo, stando ad alcune allusioni contenute nei panegirici di [[Claudiano]], i Goti di stanza in Tracia si rivoltarono, guidati da [[Alarico I|Alarico]], e tesero un'imboscata all'Imperatore mentre stava tornando a Costantinopoli lungo la [[Via Egnazia]]; presumibilmente l'Imperatore era di ritorno dalla campagna militare contro i Goti di stanza in Macedonia.<ref>{{cita|Cesa|p. 57.}}</ref> In ogni modo, Teodosio si salvò a stento, e la situazione si aggravò allorquando numerose popolazioni barbariche provenienti al di là del Danubio si unirono ai Goti nella devastazione della Tracia, nel corso della quale il generale Promoto fu ucciso dagli invasori [[Bastarni]] in un'imboscata. In ogni modo, la rivolta dei Goti di Alarico, come anche le incursioni degli altri invasori barbari in Tracia, fu repressa dal generale [[Stilicone]], che stipulò con i Barbari un nuovo trattato di alleanza che prevedeva verosimilmente l'obbligo da parte loro di prendere parte alla campagna militare contro l'usurpatore occidentale Eugenio. Questo trattato di alleanza fu stipulato non solo con i Goti di Alarico ma anche con i cosiddetti Unni di Tracia, che, stando a un frammento di [[Giovanni di Antiochia (cronista)|Giovanni di Antiochia]], presero parte anch'essi alla campagna militare contro Eugenio.<ref>{{cita|Cesa|p. 58.}}</ref>
 
Le truppe di ''Foederati'' barbari che presero parte alla campagna militare contro Eugenio, secondo Zosimo, erano sotto la supervisione di ufficiali romani, seppur di origini barbariche: costoro erano il goto [[Gainas]], l'alano Saul e l'ibero [[Bacurio d'Iberia|Bacurio]]. Alla campagna ebbe un ruolo di comando almeno su parte dei ''Foederati'' Goti anche Alarico, a cui Teodosio aveva promesso un ruolo di comando nell'esercito romano in caso di successo. I Goti alla fine risultarono decisivi nella [[battaglia del Frigido]], nella quale subirono perdite consistenti (10.000 caduti), contribuendo alla sconfitta dell'usurpatore occidentale [[Eugenio]].<ref>Zosimo, IV,58.</ref> [[Orosio]] scrisse che con la vittoria del Frigido Teodosio ottenne in un colpo solo due successi: uno sull'usurpatore e un altro sugli alleati Goti, che risultarono così indeboliti.<ref>Orosio, VII,35.</ref>
 
==== La crisi germanica e la sua risoluzione in Oriente ====
Spentosi [[Teodosio I]], la situazione in Oriente si aggravò sempre di più, a causa della cospirazione contro lo stato attuata dai capi germanici dell'esercito al fine di aumentare sempre di più la loro ingerenza. I ''foederati'' [[Visigoti]], congedati dall'esercito romano da Teodosio in seguito alla vittoria del Frigido e rispediti in Tracia, scontenti per le perdite subite nella [[battaglia del Frigido]] e temendo che i Romani ne avrebbero approfittato per annullare la loro autonomia, si rivoltarono eleggendo loro capo uno di loro, [[Alarico I|Alarico]]: costui aveva anch'egli motivi per rivoltarsi, essendogli stata promessa da Teodosio I la carica di ''[[magister militum]]'', promessa poi non mantenuta.<ref name=ZosV5>Zosimo, V,5.</ref> Secondo Heather, l'obbiettivo della rivolta dei Goti era costringere l'Impero a rinegoziare il ''foedus'' del 382 a condizioni più favorevoli: con ogni probabilità, le richieste gote comprendevano il riconoscimento di un proprio capo, e la nomina di questi a ''magister militum'' dell'esercito romano.<ref>{{Cita|Heather|pp. 263-264.}}</ref> Vi furono anche sospetti di collusione tra i Goti e il [[prefetto del pretorio d'Oriente]] [[Flavio Rufino]], comunque non provati.<ref name=ZosV5/><ref>Secondo Burns, Rufino avrebbe raggiunto un accordo con Alarico, promettendogli le cariche militari ambite nel caso fosse riuscito ad arrestare la marcia di Stilicone su Costantinopoli ({{cita|Burns|p. 153}}). Si aveva infatti il timore, in Oriente, che il reale scopo della spedizione di Stilicone in Illirico contro Alarico fosse deporre Rufino e diventare reggente anche di Arcadio, nonché riportare sotto la giurisdizione della parte occidentale la prefettura del pretorio dell'Illirico, prefettura storicamente appartenente all'Impero d'Occidente, ma ceduta alla parte orientale sotto Teodosio I. Secondo Burns, Rufino avrebbe affidato ad Alarico la difesa della Grecia contro gli attacchi di Stilicone, al fine di ostacolarne le mire ({{cita|Burns|p. 158}}).</ref> Il resoconto di [[Zosimo (storico)|Zosimo]] sui saccheggi dei Goti di Alarico nei Balcani è ingarbugliato, e parrebbe aver fuso gli avvenimenti di due campagne distinte (una nel 395 e un'altra nel 396) in una sola: certo è, comunque, che i Visigoti devastarono senza opposizione la [[Tracia (diocesi)|Tracia]] e la [[Macedonia (diocesi)|Macedonia]] forse anche con la complicità di alcuni generali romani traditori.<ref name=ZosV5/><ref>Secondo Burns, invece, la mancata resistenza all'occupazione della zona da parte dei Goti implicherebbe che Alarico avesse già raggiunto un accordo con il governo romano-orientale, venendogli affidato il compito di difendere la Grecia dagli attacchi di Stilicone; secondo Burns, i saccheggi di Alarico narrati da Zosimo non sembrerebbero trovare conferma da evidenze archeologiche, anzi Alarico si sarebbe limitato a difendere la Grecia dall'invasione di Stilicone; Burns addirittura afferma che sarebbe stato Stilicone, e non Alarico, a devastare la Grecia, nel tentativo di ricondurre l'intera prefettura del pretorio dell'Illirico sotto il controllo della parte occidentale, come sembrerebbero confermare alcuni frammenti di Eunapio ({{cita|Burns|pp. 158-159}}).</ref> Alla fine [[Eutropio]], il nuovo primo ministro di [[Arcadio]], imperatore d'Oriente, fu costretto a nominare Alarico ''[[magister militum per Illyricum]]'' e a concedere nuove terre ai Goti in [[Dacia (diocesi)|Dacia]] e in [[Macedonia (diocesi)|Macedonia]], pur di porre fine alla rivolta.
 
Questo trattato con i Visigoti di Alarico fu criticato da numerose personalità dell'epoca. [[Claudiano]], panegirista di [[Stilicone]], nel suo libello contro Eutropio, commentò:
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{{vedi anche|Guerra gotica (402-403)|Sacco di Roma (410)}}
[[File:Visigoth migrations.jpg|left|thumb|upright=1.4|Migrazione principale dei Visigoti]]
Sfruttando l'irruzione in [[Rezia (provincia romana)|Rezia]] e [[Norico (provincia romana)|Norico]] dei [[Vandali]] e di altri barbari, [[Alarico I|Alarico]] [[Guerra gotica (402-403)|invase l'Italia]], probabilmente nel novembre 401, portando con sé tutto il suo popolo e le spoglie ottenute dai saccheggi in Oriente; le sue mire erano ottenere un nuovo insediamento per i [[Visigoti]] in una provincia dell'Impero d'Occidente. Occupate le Venezie, Alarico diresse il suo esercito in direzione di [[Milano romana|Milano]], capitale dell'[[Impero romano d'Occidente]], con l'intento di espugnarla. Fu però sconfitto da [[Stilicone]] a [[Battaglia di Pollenzo|Pollenzo]] e a [[Battaglia di Verona (403)|Verona]] e spinto al ritiro. Alcuni studiosi ritengono che i Goti di Alarico fossero tornati nell'Illirico Orientale, sulla base di una lettera di Onorio ad Arcadio datata 404 che attesta che l'Illirico Orientale fosse all'epoca devastato da non ben precisati barbari (presumibilmente i Goti di Alarico).<ref>{{cita|Cesa|pp. 98-99.}}</ref> Altri studiosi, invece, sulla base di un brano di [[Sozomeno]], sostengono che Stilicone aveva spinto Alarico al ritiro accettando di assoldare le sue truppe come ''foederati'': concesse loro di occupare terre in Dalmazia e in Pannonia, e garantì ad Alarico il titolo di governatore militare dell'Illirico occidentale (''comes Illyrici'').<ref>{{cita|Burns|pp. 193-194.}}</ref> In ogni modo, entro il 405, Stilicone aveva stipulato un'alleanza con Alarico al fine di ottenerne l'aiuto militare contro l'Impero d'Oriente, al quale intendeva sottrarre le diocesi contese dell'Illirico Orientale.
 
In vista della progettata campagna contro l'Impero d'Oriente, Stilicone rifiutò di riconoscere il console romano-orientale per l'anno 405 e vietò alle navi romano-orientali l'accesso ai porti romano-occidentali; al contempo, si mise in contatto con Alarico, ordinandogli di invadere l'[[Epiro (provincia romana)|Epiro]], all'epoca sotto la giurisdizione di Costantinopoli, e attendere in quella provincia l'arrivo delle truppe romano-occidentali. Stilicone probabilmente intendeva costringere Arcadio a restituire all'Occidente romano l'Illirico orientale per poi concedere ad Alarico il governo militare delle province conquistate, con la carica di ''[[magister militum per Illyricum]]''; in questo modo Stilicone, a corto di soldati, avrebbe acquisito un'importante fonte di reclutamento (l'Illirico aveva sempre fornito truppe efficienti e combattive) e avrebbe potuto contare anche su ulteriori aiuti militari da parte dei Goti di Alarico, una volta accolte le loro richieste.<ref>{{cita|Heather|pp. 271-273.}}</ref> Proprio in vista dell'auspicato ritorno dell'Illirico orientale sotto la giurisdizione della parte occidentale, Stilicone aveva già eletto il prefetto del pretorio dell'Illirico, [[Giovio]], allo scopo di approvvigionare l'armata di Alarico. L'invasione dell'Italia da parte di [[Radagaiso]], [[Battaglia di Fiesole (405)|avvenuta nel corso del 405-406]], nonché l'invasione della Gallia del 406-407 (sia [[Attraversamento del Reno|da parte]] di [[Vandali]], [[Alani]] e [[Suebi]], che da parte delle truppe ribelli sotto il comando dell'usurpatore [[Costantino III (usurpatore)|Costantino III]]), trattennero Stilicone dal raggiungere Alarico in Epiro, e alla fine la spedizione fu annullata.