Comitatensi: differenze tra le versioni

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=== L'inizio della disgregazione (379-395) ===
[[File:AD 0375 - Central Eastern Europe to Ural - EN.png|thumb|upright=1.8|Migrazione degli Unni, che spinse i Goti Tervingi e Greutungi ad invadere l'Impero, portando alla [[guerra gotica (376-382)]].]]
L'inizio della disgregazione dell'esercito nazionale romano cominciò con la [[Guerra gotica (376-382)|guerra gotica del 376-382]] e la [[Battaglia di Adrianopoli (378)|rovinosa disfatta di Adrianopoli del 9 agosto 378]], nella quale perì gran parte dell'esercito di campo romano-orientale insieme allo stesso Imperatore [[Valente (imperatore)|Valente]]. L'Imperatore della parte occidentale, [[Graziano]], ritenendo troppo gravoso per se governare l'intero impero, associò al trono [[Teodosio I|Teodosio]], nominandolo Imperatore d'Oriente e affidandogli la guerra contro i Goti. Teodosio, salito al trono nel 379, ereditò dal suo predecessore Valente una situazione disastrosa, con l'esercito disastrato in seguito alla disfatta di Adrianopoli, e con i Balcani devastati dai [[Goti]] vittoriosi. Teodosio I si trovò in notevoli difficoltà quando tentò di ricostituire in tempi brevi un esercito nazionale: le resistenze dei proprietari terrieri a permettere ai propri contadini di svolgere il servizio militare (soprattutto per il timore di perdere manodopera) e la scarsa volontà da parte dei romani stessi a combattere (le leggi romane del tempo lamentano che molti, pur di non essere reclutati, arrivavano persino a mutilarsi le dita della mano) lo costrinsero a fare sempre maggior affidamento sui barbari.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|pp. 23-26.}}</ref>
 
[[Zosimo (storico)|Zosimo]] narra che Teodosio, pur di colmare le perdite subite dall'esercito, fu costretto a ricorrere al reclutamento massiccio di barbari, tra cui molti goti spinti a disertare e a passare dalla sua parte.<ref name=ZosIV30>Zosimo, IV,30.</ref> Alcuni di questi goti si rivelarono fedeli all'Impero, come il generale Modare, che nel 379 riuscì ad espellere i propri connazionali dalla [[Tracia (diocesi)|Tracia]] pacificandola.<ref>Zosimo, IV,25.</ref> Tuttavia, secondo il racconto di Zosimo, i disertori goti, che superarono presto in numero le reclute romane, diedero preoccupanti segnali di indisciplina:
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L'intervento delle truppe romano-occidentali inviate dall'Imperatore d'Occidente [[Graziano]] costrinse però i Goti a ritirarsi in Tracia, dove negoziarono un trattato di pace con Teodosio I.<ref>Zosimo, IV,33.</ref> La sconfitta subita, infatti, aveva convinto Teodosio dell'impossibilità di poter vincere in maniera definitiva i Goti e della necessità di firmare una pace di compromesso con essi. I Goti, con il trattato del 3 ottobre 382, divennero ''[[foederati]]'' di Roma: si stanziavano in territorio imperiale, nell'Illirico orientale, sotto il comando dei loro capi e non erano obbligati a versare tasse all'Impero; in cambio si impegnavano a fornire contingenti alleati all'esercito romano-orientale in caso di necessità.
 
Teodosio I fece molto affidamento sui barbari, reclutandone molti anche in seguito. Quando nel 386 [[Promoto]], generale di Teodosio, sconfisse i [[Greutungi]] e ne fece molti prigionieri, l'Imperatore decise di insediare parte dei prigionieri greutungi in Asia Minore in qualità di ''dediticii'' o ''[[laeti]]'', mentre ne reclutò una parte nell'esercito romano-orientale, con l'intenzione di rinforzare il suo esercito in vista di una spedizione contro l'usurpatore occidentale [[Magno Massimo]].<ref>Zosimo, IV,39.</ref> Zosimo riferisce che nella Tracia settentrionale, nella provincia di ''[[Scythia Minor]]'', Teodosio I aveva insediato truppe di barbari, riempendoli di doni; questi però furono accusati di cospirare contro l'Impero dal generale Geronzio, che li assalì e li sconfisse in battaglia.<ref name = ZosIV40>Zosimo, IV,40.</ref> Teodosio I prese però le difese dei barbari dando loro ragione e punendo Geronzio, i cui tentativi di giustificare l'accaduto accusando i barbari di cospirazione furono vani.<ref name=ZosIV40/>
 
Il panegirista Pacato attesta che, nel corso della [[Assedio di Aquileia (388)|spedizione militare contro Massimo del 388]], l'esercito romano fu rinforzato da massicce quantità di mercenari Goti, Unni e Alani. Secondo Pacato, Teodosio si era assicurato l'appoggio dei popoli barbari che gli «avevano promesso servizio volontario» (tra cui i Goti insediati all'interno dell'Impero nel 382), spingendoli a partecipare nella spedizione contro Massimo, in modo tale da rinforzare il proprio esercito e al contempo «rimuovere dalla frontiera forze dalla fedeltà dubbia».<ref>Pacato, 32.3.</ref> Pacato loda la disciplina di queste truppe barbare, e afferma che «ora marciavano sotto insegne e comandanti romani quelli che un tempo erano i nemici di Roma», e che «ora riempivano come soldati le città della Pannonia che fino a poco tempo prima erano state svuotate da saccheggi ostili».<ref>Pacato, 32.4.</ref> Non bisogna però dimenticare che Pacato era un panegirista, e il fatto che queste truppe barbare fossero davvero disciplinate è messo in dubbio da altre fonti. Zosimo, per esempio, narra che Massimo riuscì a corrompere almeno parte dei mercenari barbari che militavano nell'esercito di Teodosio, spingendoli alla rivolta; quando Teodosio ne fu informato, tuttavia, i traditori barbari furono presto costretti a fuggire nelle paludi e nelle foreste della Macedonia, dove vennero diligentemente cercati e per lo più uccisi.<ref>Zosimo, IV,45.</ref> Tre anni dopo, nel 391, al ritorno a Costantinopoli dopo una lunga permanenza in Italia, Teodosio scoprì che, durante la sua assenza, i disertori barbari erano usciti dalle paludi e dalle foreste dove si erano rifugiati e stavano devastando la Macedonia e la Tessaglia. Teodosio marciò quindi contro questi disertori, ma, dopo alcuni iniziali successi, fu messo in difficoltà dalla controffensiva nemica, e si salvò solo per l'intervento tempestivo dei rinforzi condotti dal generale Promoto, che repressero la rivolta.<ref>Zosimo, IV,49.</ref>
 
Teodosio tentava di assicurarsi la fedeltà dei ''foederati'' goti con doni e banchetti.<ref name = ZosIV56>Zosimo, IV,56.</ref> Malgrado ciò, erano sorte due fazioni tra i ''foederati'' goti: quella capeggiata da Eriulfo intendeva rompere il trattato di alleanza con l'Impero e invaderlo, mentre quella capeggiata da [[Fravitta]] intendeva continuare a servire fedelmente l'Impero in battaglia.<ref name=ZosIV56/> Durante un banchetto con Teodosio I, i due litigarono al punto che Fravitta giunse ad uccidere Eriulfo; i seguaci di Eriulfo tentarono di uccidere Fravitta, ma furono fermati dalle guardie del corpo dell'Imperatore.<ref name=ZosIV56/> I ''Foederati'' goti furono utili all'Imperatore nella [[battaglia del Frigido]], nella quale subirono perdite consistenti, contribuendo alla sconfitta dell'usurpatore occidentale [[Eugenio]].<ref>Zosimo, IV,58.</ref>
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L'Impero romano d'Occidente era uscito ancora indenne dalle invasioni, ma aveva comunque subito un indebolimento. Gli eserciti di campo dell'Occidente avevano subito delle perdite in seguito alla [[battaglia del Frigido]] del 394, ed è difficile che tutte le perdite furono colmate, data la difficoltà nel reclutare nuovi soldati. Opponevano infatti resistenza alla leva non solo i grandi proprietari terrieri, che non volevano perdere manodopera, ma anche i contadini stessi, che non volevano intraprendere la carriera militare e che pur di non essere reclutati arrivavano a mutilarsi le dita. [[Stilicone]], il comandante dell'esercito d'Occidente, dopo aver dovuto restituire ad [[Arcadio]] le truppe orientali che erano venute con Teodosio in Italia, tentò di rinforzare l'esercito nazionale emanando leggi che avrebbero dovuto costringere persino i senatori a fornire soldati: in seguito però alle proteste e alle continue pressioni dei senatori e dei proprietari terrieri, per niente intenzionati a perdere manodopera, alla fine la legge fu abrogata: fu concesso ai senatori e ai proprietari terrieri di versare una tassa di 25 solidi per ogni recluta non fornita all'esercito.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|p. 48.}}</ref>
 
Viste le resistenze dei proprietari terrieri, Stilicone fu costretto, pertanto, a far affidamento soprattutto su mercenari barbari per colmare le perdite. I mercenari barbari, infatti, erano immediatamente disponibili a combattere, mentre arruolare e addestrare nuove reclute romane avrebbe impiegato troppo tempo. Per comprendere la portata dell'imbarbarimento dell'esercito, si noti che, secondo [[Zosimo (storico)|Zosimo]], almeno 30.000 mercenari barbari servivano nell'esercito di Stilicone.<ref name = ZosV35>Zosimo, V,35.</ref> Sempre Zosimo riferisce che le guardie del corpo che lo difendevano erano [[unni]].<ref name = ZosV34>Zosimo, V,34.</ref>
 
Le truppe barbare reclutate potevano essere contingenti ausiliari inviati dai re barbari ''extra fines'', come gli Unni di [[Uldino]], oppure piccoli gruppi di barbari disertori che avevano deciso di passare dalla parte dei Romani e servivano nell'esercito romano sotto i loro capi.<ref>{{cita|Jones|pp. 199-200.}}</ref> Per esempio, secondo [[Claudiano]], in seguito alla [[Battaglia di Verona (403)|battaglia di Verona del 403]], buona parte dell'esercito di Alarico decise di defezionare in favore di Stilicone, e furono reclutati nell'esercito romano, sembrerebbe come ''foederati''. Nel corso della campagna contro [[Alarico I|Alarico]], nel 401 Stilicone reclutò parte dei [[Vandali]] e degli [[Alani]] che avevano invaso la [[Rezia (provincia romana)|Rezia]] e il [[Norico (provincia romana)|Norico]] e che aveva sconfitto, costringendoli ad entrare nel suo esercito. Nella [[Battaglia di Fiesole (405)|Battaglia di Fiesole del 406]], in cui fu sconfitta l'orda di [[Radagaiso]] che aveva invaso l'Italia nel 405-406, l'esercito di Stilicone, costituito da 30 unità dell'esercito di campo, era rinforzato notevolmente da mercenari goti (condotti da [[Saro (generale)|Saro]]), unni (inviati da re [[Uldino]]) e forse anche alani (se si presta fede al resoconto ingarbugliato di Zosimo).<ref name = ZosV26>Zosimo, V,26.</ref> In alcuni casi i barbari reclutati potevano essere anche prigionieri di guerra, come i 12.000 soldati di Radagaiso che, dopo essere stati sconfitti a Fiesole, furono reclutati nell'esercito romano da Stilicone; in questo caso però ricevevano la qualifica di ''dediticii''. Talvolta queste bande di barbari erano incorporate nell'esercito regolare, come gli ''Honoriaci'' a cui nel 409 era stata affidata la difesa dei Pirenei.<ref>{{cita|Jones|p. 200.}}</ref>
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Una ulteriore fonte di reclutamento potenziale per Stilicone era rappresentato dai ''foederati'' Visigoti di Alarico, che tuttavia saccheggiavano l'Impero piuttosto che assisterlo nelle campagne militari. [[Orosio]], storico ecclesiastico ostile a Stilicone, accusò il generale di tradimento per aver risparmiato Alarico dopo averlo più volte vinto:
{{Citazione|Taccio di re Alarico con i suoi Goti, spesso vinto, spesso circondato, ma sempre lasciato andare.|lingua=la|Orosio, ''Storia contro i Pagani'', VII,37.|Taceo de Alarico rege cum Gothis suis, saepe victo, saepeque concluso, semperque dimisso.}}
È possibile che Stilicone non abbia annientato Alarico e i suoi Goti perché li considerava non semplici invasori ma ''foederati'' da ricondurre all'obbedienza e potenziali alleati. In effetti [[Sozomeno]] attesta che nel 405 Alarico era al servizio dell'Impero d'Occidente come generale (probabilmente con la carica di ''[[Comes Illyrici]]''), e si era insediato nelle province di [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmazia]] e [[Pannonia (provincia romana)|Pannonia]].<ref>Sozomeno, IX,4.</ref> In quello stesso anno Alarico ricevette da Stilicone l'ordine di invadere l'[[Epiro (provincia romana)|Epiro]] per sottrarla all'Impero d'Oriente; Stilicone intendeva vincere la disputa con Costantinopoli per il possesso delle [[diocesi (impero romano)|diocesi]] di [[Dacia (diocesi)|Dacia]] e [[Macedonia (diocesi)|Macedonia]] sfruttando l'alleanza con il re goto.<ref>Zosimo, V,26.<name="ZosV26"/ref> Stilicone non poté però raggiungere Alarico in Epiro perché nuove invasioni barbariche travolsero l'Impero.
 
[[File:AD 0401 Pressure on the Roman borders EN.png|upright=1.8|thumb|L'Impero romano d'Occidente agli inizi del V secolo e le invasioni barbariche che lo colpirono in quel periodo.]]
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Gli invasori del Reno non ebbero problemi a devastare la Gallia sguarnita di difensori e l'unica resistenza trovata fu ad opera delle truppe di [[Costantino III (usurpatore)|Costantino III]], un usurpatore eletto nel corso del 407 dalle truppe britanniche in rivolta e che era sbarcato in Gallia per sottrarla al controllo dell'Imperatore d'Occidente [[Onorio (imperatore romano)|Onorio]] e difenderla dagli invasori.<ref>Zosimo, VI,3.</ref> Costantino III riuscì a strappare ad Onorio anche il controllo della [[Spagna (diocesi)|Spagna]], ma commise alcuni gravi errori.<ref>Zosimo, VI,4.</ref> Affidò, infatti, l'esercito della Spagna a [[Geronzio]] e rimosse la guarnigione romana a presidio dei [[Pirenei]], sostituendola con mercenari barbari noti come Onoriaci.<ref name = SozIX12>Sozomeno, IX,12.</ref><ref name = OroVII44>Orosio, VII,44.</ref> E così, quando Geronzio si rivoltò e nominò come usurpatore Massimo, incitò i Barbari che erano in Gallia ad insorgere contro Costantino III, e le province della Britannia e dell'Armorica furono colpite da incursioni tanto devastanti da spingerle a rivoltarsi al governo di Costantino III per poter così provvedere alla loro autodifesa, dato che l'usurpatore non faceva nulla per difenderli.<ref>Zosimo, VI,5.</ref> Inoltre i Vandali, gli Alani e gli Svevi, dopo aver devastato la Gallia per tre anni, poterono invadere senza difficoltà la Spagna proprio per la decisione di affidare la difesa dei Pirenei ai mercenari barbari Onoriaci, che infatti non ostacolarono l'invasione e anzi sembra che si unirono agli invasori stessi.<ref name=SozIX12/><ref name=OroVII44/> Gran parte della Spagna cadeva così nelle mani dei Barbari, ad eccezione della [[Tarraconense]] (409).
 
I disastri che colpivano l'Impero d'Occidente si ritorsero contro Stilicone. L'invasione della Gallia e l'usurpazione di Costantino III costrinsero Stilicone ad annullare la spedizione contro Costantinopoli.<ref>Zosimo, V,27.</ref> Come se non bastasse, Alarico avanzò minaccioso fino in Norico, minacciando i Romani che avrebbe invaso l'Italia nel caso non fossero stati pagati gli arretrati (4.000 libbre d'oro) per i suoi ''foederati'' Visigoti per tutto il tempo in cui si erano mantenuti inoperosi in Epiro in attesa dell'inizio della prevista campagna contro l'Impero d'Oriente.<ref>Zosimo, V,29.</ref> Stilicone convinse il senato ad accogliere la richiesta di Alarico, e intendeva ora impiegare i ''foederati'' Visigoti di Alarico in Gallia contro Costantino III, ma i suoi piani non poterono prosperare perché Stilicone, accusato di tradimento per gli intrighi di [[Olimpio (magister officiorum)|Olimpio]], fu giustiziato con tale accusa il 23 agosto 408.<ref name=ZosV34/>
 
Diventato in tal modo il primo ministro di Onorio, Olimpio tentò di sbarbarizzare l'esercito romano-occidentale, con esiti disastrosi: ordinando infatti ai soldati romani di uccidere le famiglie dei soldati barbari che servivano nell'esercito romano e di saccheggiare i loro possedimenti, non fece altro che spingere 30.000 soldati barbari, un tempo al servizio di Roma, a passare dalla parte di Alarico per poter ottenere così la loro vendetta.<ref name=ZosV35/> Alarico, dopo essersi così notevolmente rinforzato, poté quindi procedere ad invadere l'Italia senza trovare opposizione, anche grazie al fatto che l'Imperatore aveva congedato Saro, guerriero valoroso goto ma al servizio dell'Impero, e affidato l'esercito a generali inetti quali Turpilione e Vigilanzio.<ref>Zosimo, V,36.</ref> Alarico fu poi rinforzato da [[schiavitù nell'antica Roma|schiavi]] in fuga da Roma, che portarono l'esercito visigoto a raggiungere i 40.000 soldati, e da un forte contingente di Goti provenienti dalla Pannonia e condotti dal cognato [[Ataulfo]].<ref>Zosimo, V,42.</ref><ref name = ZosV46>Zosimo, V,46.</ref> In teoria Onorio doveva disporre di circa 30.000 soldati a Pavia, che però non si mossero contro Alarico, si ignora il perché di ciò. Si ha unicamente notizia che Onorio inviò contro Alarico un esercito di 6.000 soldati provenienti dalla [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmazia]] e contro Ataulfo un esercito composto da mercenari unni: entrambi gli eserciti non ottennero grandi successi contro gli invasori, e così Onorio non poté far altro che inviare richiesta agli Unni di inviare 10.000 dei loro mercenari in difesa di Roma.<ref name=ZosV46/><ref>Zosimo, V,45.</ref><ref name = ZosV50>Zosimo, V,50.</ref>
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Le mire di Alarico erano inizialmente queste: pretendeva che Onorio permettesse ai Visigoti di stanziarsi in qualità di ''foederati'' nelle province delle Venezie, del Norico e della Dalmazia, e che versasse loro un tributo in oro e in grano.<ref>Zosimo, V,48.</ref> Successivamente abbassò le sue pretese annunciando che si sarebbe accontentato semplicemente del Norico e di un tributo in grano.<ref name=ZosV50/> Ravenna non volle però negoziare con Alarico, rinunciando però anche a combatterlo, e così Alarico, spazientito da tutti i tentativi falliti di negoziazione, [[Sacco di Roma (410)|saccheggiò Roma]] il 24 agosto 410.<ref>Sozomeno, IX,9.</ref> I Visigoti presero come ostaggio [[Galla Placidia]], sorella dell'Imperatore, e, condotti ora da Ataulfo, succeduto ad Alarico, risalirono la penisola invadendo la Gallia (412).
 
Nel frattempo, sembrerebbero essere stati attuati dei cambiamenti nei comandi militari. In seguito all'esecuzione del ''[[magister equitum per Gallias]]'' [[Cariobaude]] nell'ammutinamento dell'esercito a Pavia che cagionò la rovina di Stilicone (lo stesso Cariobaude era stato costretto a rifugiarsi in Italia in seguito all'usurpazione di Costantino III), sembrerebbe che la carica di ''magister equitum per Gallias'' fosse stata temporaneamente soppressa. Al suo posto fu istituita la carica di ''[[comes tractus Argentoratensis]]''. Subito dopo il 408 la giurisdizione del ''Comes Dalmatiae'' fu estesa anche al Norico, alla Rezia e ai passi alpini. La difesa delle Alpi fu successivamente affidata a un ''[[Comes Italiae]]''.
 
Nel frattempo Onorio inviò il generale [[Costanzo III|Costanzo]] contro gli usurpatori Costantino III e [[Massimo (usurpatore)|Massimo]]: Costanzo riuscì a sconfiggere e deporre entrambi gli usurpatori nel corso del 411.<ref>Sozomeno, IX,15.</ref><ref name = OroVII46>Orosio, VII,46.</ref> A questi due usurpatori ne erano succeduti, tuttavia, altri: in Africa si rivoltò [[Eracliano (usurpatore)|Eracliano]], che fu però rapidamente sconfitto, mentre in Gallia settentrionale gli invasori [[Burgundi]] e Alani elessero come usurpatore [[Giovino (usurpatore)|Giovino]], che ottenne poi anche l'appoggio dei Visigoti di Ataulfo.<ref name=OroVII46/> La corte di Ravenna, tuttavia, intrigò affinché i Visigoti deponessero Giovino, e, quando Giovino associò al trono il fratello [[Sebastiano (usurpatore)|Sebastiano]] senza l'assenso dei Visigoti, Ataulfo detronizzò lui e il fratello.<ref name=OroVII46/>
 
Il mancato accordo raggiunto con Costanzo, che prometteva ai Visigoti il tributo in grano solo nel caso fosse stata restituita prima ai Romani Galla Placidia, spinse i Visigoti a occupare la [[Gallia Narbonense]] e affidarne il governo a un loro Imperatore fantoccio, l'usurpatore [[Prisco Attalo]].<ref name=OroVII46/> Costanzo, tuttavia, bloccando loro le vie di rifornimento, costrinse i Visigoti a migrare in Spagna, dove furono costretti dalla fame a negoziare con Costanzo.<ref name = OroVII47>Orosio, VII,47.</ref> Il nuovo re dei ''foederati'' Visigoti, [[Vallia]], accettò di restituire Galla Placidia a Onorio, e a combattere per conto dell'Impero i Vandali, gli Alani e gli Svevi, ma in cambio i Visigoti ottennero di stabilirsi in [[Gallia Aquitania]] in qualità di ''foederati'' dell'Impero e di ricevere un tributo in grano.<ref name=OroVII47/>
 
Grazie all'aiuto dei ''foederati'' Visigoti, l'Impero d'Occidente poté recuperare temporaneamente [[Betica]], [[Cartaginense]] e [[Lusitania]], costringendo i barbari a riparare nella remota [[Galizia (Spagna)|Galizia]], ma tali successi furono solo temporanei: nel 420 i Vandali rioccuparono di nuovo la Betica e nel 422 sconfissero un esercito romano condotto da [[Castino]], forse a causa del tradimento dei ''foederati'' Visigoti. Nel 418 Costanzo fu, inoltre, costretto a concedere ai Visigoti di stabilirsi, in qualità di ''Foederati'', nella valle della Garonna, in Aquitania: in base all'''[[hospitalitas]]'', ovvero l'obbligo da parte dei proprietari terrieri di ospitare nelle loro abitazioni i soldati romani stazionati nella regione, i Goti ottennero, in quanto almeno formalmente soldati romani, un terzo delle case e delle terre della regione, nonché l'esenzione delle tasse: l'amministrazione civile nelle regioni in cui furono stanziati i Visigoti rimase comunque, almeno inizialmente, in mano ai funzionari romani.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|pp. 89-90.}}</ref>
 
La ''[[Notitia Dignitatum]]'' permette di dedurre lo stato dell'esercito della parte occidentale intorno al 425. All'epoca l'esercito occidentale comprendeva all'incirca 375 unità, equivalenti a circa 250.000 uomini. In realtà, 195 di questi reggimenti, all'incirca 155.000 uomini, erano ''limitanei'' posti a protezione della frontiera, soldati posti a difesa permanente delle frontiere e non impiegabili altrove, e per giunta di qualità scadente e dunque scarsamente efficaci nel respingere le incursioni nemiche; pertanto, gli unici reggimenti su cui l'Impero d'Occidente poteva contare per respingere le incursioni erano quelli comitatensi, che tuttavia erano divisi ulteriormente in piccoli gruppi regionali e dunque risultavano anch'essi di efficacia ridotta.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|pp. 43-44.}}</ref> Intorno al 425 i reggimenti dell'esercito mobile o comitatense erano 181, corrispondenti all'incirca a 113.000 soldati, sparsi per tutto l'Impero.
 
In Gallia il generale di grado più elevato era il ''magister equitum per Gallias'', coadiuvato da ''comites rei militaris'' nelle regioni periferiche, mentre la difesa delle frontiere era affidata a ''duces'', comandanti di reggimenti di ''limitanei''. Eserciti di campo esistevano anche in Britannia (5 unità, circa 3.000 soldati), Spagna (16 unità, circa 10.000-11.000 soldati) e Illirico occidentale (22 reggimenti, equivalenti a circa 13.000-14.000 soldati), ma erano di scarsa consistenza, insufficiente a respingere ogni seria invasione; le uniche regioni dell'Impero difese da un numero consistente di soldati, tale da poter respingere con successo un'invasione, erano Italia (44 unità, equivalenti a circa 30.000 soldati) e Gallia (58 unità, equivalenti a circa 35.000 soldati); l'esercito mobile dell'Africa, invece, pur disponendo di 36 unità (equivalenti a circa 23.000 soldati), risultava comunque debole, come dimostrò poi la conquista vandalica dell'Africa, dato che ben 30 delle 36 unità erano costituite da ''limitanei'' promossi a ''Comitatenses''.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|p. 44.}}</ref> L'esercito mobile della Gallia, inoltre, era continuamente impegnato a tenere sotto controllo Visigoti, Burgundi, Franchi e Bagaudi, per cui solo l'esercito d'Italia poteva inviare rinforzi per la difesa di altri territori.
 
L'Impero d'Occidente nel 420 era considerevolmente indebolito rispetto al 395. Il fatto che l'esercito romano-occidentale avesse subito molte perdite nel corso delle invasioni è evidente da un'analisi dettagliata della ''[[Notitia Dignitatum]]'': dei 181 reggimenti che componevano l'esercito di campo romano-occidentale intorno al 420, infatti ben 97 furono costituiti dopo il 395; congetturando che nel 395 i reggimenti dell'esercito di campo dell'Impero d'Occidente fossero circa 160 esattamente come quelli dell'Impero d'Oriente, si può così concludere che nel corso delle invasioni fossero stati annientati 76 reggimenti, il 47,5% del totale.<ref>{{cita|Heather|pp. 303-304.}}</ref> Molte delle perdite subite furono colmate non arruolando nuove truppe, bensì spostando reggimenti di ''[[limitanei]]'' nell'esercito di campo: ben 62 delle 97 nuove unità (il 64%) erano infatti ''limitanei'' [[Pseudocomitatensi|promossi]] a Comitatensi, mentre furono solo 35 i reggimenti effettivamente costituiti con nuovi reclutamenti, e di questi circa un terzo erano costituiti da barbari, a giudicare dai loro nomi (come [[attecotti]], [[marcomanni]] e [[brisigavi]]).<ref>{{cita|Heather|pp. 304-305.}}</ref>
 
Si può concludere che l'esercito di campo ne uscì considerevolmente indebolito: i limitanei promossi a comitatensi non sembrerebbero, infatti, essere stati addestrati adeguatamente alla loro nuova mansione, risultando quindi di efficacia minore rispetto ai comitatensi veri e propri. Furono gli eserciti di Gallia e Nord Africa a trovarsi nella situazione peggiore: ben 21 dei 58 reggimenti dell'esercito di campo della Gallia erano, infatti, costituiti da ''limitanei'' spostati nell'esercito di campo; in Nord Africa la situazione era nettamente peggiore, con ben 30 dei 36 reggimenti dell'esercito di campo costituita da ''limitanei'' promossi a comitatensi.<ref>{{cita|Heather|p. 304.}}</ref> La debolezza dell'esercito mobile d'Africa agevolò notevolmente la conquista vandalica dell'Africa.
 
Heather imputa il non adeguato rinforzamento dell'esercito di campo alla diminuzione del gettito fiscale dovuto alle devastazioni dei campi provocate dalle invasioni barbariche, che rese sempre più difficile per l'Impero trovare il denaro necessario per colmare le perdite subite rinforzando l'esercito.<ref>{{cita|Heather|p. 305.}}</ref> Altri studiosi, invece, danno maggiore risalto alla sempre crescente difficoltà da parte dello stato romano di trovare cittadini romani disposti a servire nell'esercito romano, a cui si aggiunse la resistenza dei proprietari terrieri a fornire soldati all'esercito permettendo ai propri contadini di essere reclutati, in quanto temevano di perdere manodopera.<ref>{{cita|Jones|pp. 198-199.}}</ref> A causa delle difficoltà di reclutamento, il governo imperiale dovette fare affidamento in misura sempre maggiore sui federati.
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Mentre parte dell'[[esercito romano]] era impegnato in evitabili [[guerre civili (storia romana)|guerre civili]], i Barbari, ''[[foederati]]'' compresi, colsero l'occasione per espandere la propria sfera d'influenza.<ref>{{cita|Heather|p. 322.}}</ref> In particolare i [[Vandali]] e gli [[Alani]], uniti sotto la guida del loro re [[Genserico]], [[Conquista vandalica del Nord Africa|invasero l'Africa]], forse chiamati dal generale romano d'Africa Bonifacio, rivoltatosi contro Ravenna (429). Bonifacio si pentì di aver chiamato in Africa i Vandali e gli Alani e tentò di spingerli al ritiro, ma gli invasori si rifiutarono e sconfissero Bonifacio in battaglia.
 
Sembra che all'epoca l'esercito romano in Africa fosse abbastanza debole, e ciò spiegherebbe perché i Vandali riuscirono ad avere la meglio: infatti, ben 30 dei 36 reggimenti di comitatensi posti a difesa dell'Africa erano semplicemente ''[[limitanei]]'' spostati nell'esercito di campo, senza aver però raggiunto del tutto, a quanto pare, il livello dei comitatensi veri e propri. Per esempio, dei cinque reggimenti dell'esercito di campo della Tingitana, ben tre erano costituiti da ''limitanei'' promossi a comitatensi.<ref>{{cita|Heather|p. 331.}}</ref> Dei 31 reggimenti dell'esercito di campo del Nord Africa, ben 27 erano costituiti da ''limitanei'' spostati nell'esercito di campo, mentre solo 4 erano i reggimenti di Comitatensi propriamente detti.<ref>{{cita|Heather|p. 332.}}</ref>
 
Neanche i rinforzi da Costantinopoli sotto il comando di [[Ardaburio Aspare|Aspar]] riuscirono a fermare i Vandali, che, dopo una breve tregua (435), nel 439 si impadronirono di [[Cartagine]] e nel 440 invasero la [[Sicilia (provincia romana)|Sicilia]], venendo però respinti. Nel 442 l'Impero, in cambio della pace, dovette riconoscere ai Vandali il possesso di Byzacena e [[Africa (provincia romana)|Proconsolare]] nonché di parte della [[Numidia (provincia romana)|Numidia]]; in cambio i Vandali restituirono ai Romani le province rimanenti dell'Africa (le [[Mauretania (provincia romana)|Mauretanie]], una parte della Numidia e la Tripolitania), province però devastate dai saccheggi nemici e che dunque non potevano più fornire un grande gettito fiscale.<ref>{{cita|Heather|p. 361.}}</ref>
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Alla difficoltà già presente di reclutare soldati tra i Romani, dovuta alle opposizioni dei proprietari terrieri a fornire soldati e dei contadini stessi ad essere reclutati, si aggiunse quindi il crollo del gettito fiscale, con conseguente impossibilità di potenziare un esercito già debole, per cui i Romani dovettero ricorrere sempre più spesso all'arruolamento di mercenari barbari.
 
Nel corso del regno di Valentiniano III si fece ricorso in misura sempre maggiore al reclutamento di mercenari barbari, come gli Unni o i Visigoti.<ref>{{cita|Jones|pp. 200-201.}}</ref> A giudicare dalla mancanza di leggi sul reclutamento sembrerebbe che l'esercito regolare fu alquanto trascurato almeno fino al 440.<ref>{{cita|Jones|p. 201.}}</ref> A partire dal 440 sono attestate nuove leggi sul reclutamento, nel tentativo di ricostituire un esercito regolare più forte, ma le difficoltà economiche conseguenti alla perdita dell'Africa impedirono ciò. Ezio faceva molto affidamento sui mercenari [[unni]], i quali erano stati determinanti per la conquista del potere supremo dello stato. Nel 425 Ezio, con un esercito di 60.000 mercenari unni, era accorso in Italia in sostegno dell'usurpatore Giovanni Primicerio; arrivato troppo in ritardo per salvare Giovanni, Ezio riuscì però a costringere Galla a nominarlo generale nonostante fosse un sostenitore dell'usurpatore proprio grazie al grande potere che gli aveva fornito l'armata unna.<ref>Filostorgio, XII,14.</ref> In seguito, nel 433, Ezio riuscì a costringere Galla a nominarlo ''[[magister utriusque militiae]]'', ovvero generalissimo d'Occidente, invadendo l'Italia con altri mercenari unni. Ezio fece ampio uso di mercenari unni anche in Gallia: grazie ad essi vinse in Gallia, tra il 436 e il 439, [[Burgundi]], ribelli separatisti [[Bagaudi]] e [[Visigoti]], riuscendo a frenare le loro mire espansionistiche a danni dello stato. In cambio del sostegno degli Unni, Ezio fu però costretto a cedere loro la Pannonia.<ref>{{cita|Heather|p. 350.}}</ref>
 
Ormai l'esercito romano in Occidente era costituito quasi unicamente da barbari. Tra il 440 e il 443 Ezio autorizzò nuovi gruppi di barbari ad insediarsi in Gallia come ''foederati'': tra il 440 e il 442 stanziò Alani in Armorica affidando loro l'incarico di reprimere le rivolte dei Bagaudi, mentre nel 442/443 stanziò i Burgundi in Savoia (nei pressi del lago di Ginevra) affinché difendessero l'Impero contro altre minacce. La politica dei trattati, con i quali si permetteva ai barbari di insediarsi all'interno dell'Impero, stava erodendo sempre di più il territorio controllato di fatto dall'Impero, ma non si poteva fare altrimenti, perché non si riuscivano più a respingere questi invasori.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|pp. 107-108.}}</ref> Quando gli Unni da alleati divennero nemici di Ezio e, condotti dal loro re [[Attila]], invasero la Gallia, Ezio non poté far altro che costituire un esercito "romano" in realtà formato da ''foederati'' Visigoti, Burgundi e numerose altre genti barbare: l'esercito romano che sconfisse Attila nella [[Battaglia dei Campi Catalaunici]] aveva in realtà ben poco di "romano".<ref>Giordane, 191.</ref> L'armata nazionale romana era praticamente scomparsa e negli ultimi decenni dell'Impero l'esercito era costituito quasi esclusivamente da mercenari e ''foederati'' barbari.
 
In seguito alle uccisioni di Ezio (454) e Valentiniano III (455), gli ultimi imperatori d'Occidente erano praticamente Imperatori fantoccio, manovrati dai generalissimi di origine germanica, come il visigoto [[Ricimero]] e il burgundo [[Gundobado]]. L'unico Imperatore che cercò di condurre una politica autonoma da Ricimero fu [[Maggioriano]] (457-461): fu proprio perché Ricimero non riusciva a controllarlo che Maggioriano fu ucciso nel 461. Maggioriano tentò di risollevare le sorti dell'Impero d'Occidente tentando di riconquistare la Gallia, la Spagna e l'Africa, ma, non potendo contare su truppe romane, essendo ormai l'esercito costituito quasi esclusivamente da barbari, dovette reclutare molti barbari da oltre Danubio.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|p. 143.}}</ref> E fu proprio con l'aiuto dei mercenari barbari che riuscì a ricondurre nominalmente sotto la supremazia imperiale Visigoti e Burgundi, riuscendo così a recuperare sia pur precariamente Gallia e Spagna. In seguito al suo tentativo fallito di riconquistare l'Africa, sfumato per colpa dei pirati vandali che attaccarono e distrussero la flotta romana mentre era ancora ancorata in un porto della Spagna, Maggioriano, al ritorno in Italia, fu ucciso per ordine di Ricimero (461).
 
Ormai privo di una propria flotta ed esposto ai saccheggi dei pirati vandali, ormai l'Impero non poteva far altro che implorare il sostegno dell'Impero d'Oriente contro i Vandali: Ricimero, per ottenerlo, fu costretto ad accettare come Imperatore il "greco" [[Antemio]], candidato dell'Imperatore d'Oriente, in seguito alla morte sospetta dell'Imperatore fantoccio [[Libio Severo]], probabilmente avvelenato da Ricimero. La [[Battaglia di Capo Bon (468)|spedizione del 468]] contro i Vandali, tuttavia, fallì, e con essa l'Impero d'Occidente andò verso il completo collasso.
 
Le guarnigioni a difesa del Norico sbandarono perché non arrivava più la paga (ormai il gettito fiscale dello stato era ridotto ai minimi termini), anche se, dovendo comunque difendere la propria famiglia, continuarono comunque a difendere la regione dalle incursioni dei predoni barbari. Persa anche la Gallia in seguito alle conquiste del re visigoto [[Eurico]], l'Impero si era ridotto quasi esclusivamente all'Italia. L'esercito romano d'Italia era però ormai quasi esclusivamente costituito da truppe di mercenari [[Sciri]], [[Rugi]], [[Eruli]] e [[Turcilingi]], che arrivarono addirittura a pretendere dallo Stato romano un terzo delle terre dell'Italia; dopo aver ricevuto il rifiuto dal generale [[Flavio Oreste|Oreste]], che governava l'Impero per conto del figlio e Imperatore nominale [[Romolo Augusto]], essi si rivoltarono, elessero come loro capo [[Odoacre]], e marciarono su Ravenna. Deposto Romolo Augusto il 4 settembre 476, Odoacre, conscio che la figura dell'Imperatore aveva ormai perso ogni ragione di esistere, essendo stata privata di ogni potere effettivo dai generali barbari che lo avevano preceduto, decise di rinunciare alla farsa di nominare un ulteriore imperatore d'Occidente, anche perché sarebbe stato solo un suo imperatore fantoccio. Inviò, invece, un'ambasceria presso [[Zenone (imperatore)|Zenone]], Imperatore d'Oriente. L'ambasceria del [[senato romano]], presentatosi di fronte a Zenone, gli comunicò che non erano più necessari due imperatori ma che ora ne era sufficiente soltanto uno, quello di Costantinopoli, e chiese a Zenone di riconoscere ad Odoacre il titolo di patrizio: quest'ultimo, in cambio avrebbe governato l'Italia come funzionario dell'Impero d'Oriente. Così cadde l'Impero d'Occidente, a causa di una rivolta interna dell'esercito romano ormai imbarbaritosi al punto da portare l'Impero sotto il controllo dei barbari:
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==Note==
{{<references}}/>
 
== Bibliografia ==