Il tesoro del Bigatto: differenze tra le versioni

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Sulla [[Pietra di Bismantova]] vive l'eremita Anselmo da Alberone, circondato da fama di santo e costantemente tentato dal [[Demonio]]. Anselmo viene contattato da [[Matilde di Canossa]], che nel [[Castello di Canossa|suo castello]] è in attesa, assieme al [[papa Gregorio VII]], della visita dell'[[Enrico IV del Sacro Romano Impero|imperatore Enrico IV]], per una delicatissima missione diplomatica: egli dovrà recarsi ad [[Aquileia]] allo scopo di ottenere l'appoggio del [[patriarca di Aquileia|patriarca]] per il partito papale.
 
Anselmo scende così dalle montagne e si reca fino al porto fluviale di [[Brescello]], per imbarcarsi su una nave che discende il corso del [[Po]], la ''Gogamagoga'', capitanata da un sedicente re-ragazzo di nome Vitige. Tra il suo composito equipaggio spiccano Galaverna, uno strano mendicante che si era giògià proposto ad Anselmo come compagno di viaggio e sulla cui vera identità il santo nutre sospetti, e una donna di nome Parpaia (farfalla). L'obiettivo della spedizione della ''Gogamagoga'', per contro, è quello di trovare un'enorme zucca, che si dice custodita da un gigantesco bigatto ([[lombrico]]), che, coltivata su larga scala risolverebbe i problemi di scarsa alimentazione delle classi umili.
 
Dopo varie vicissitudini, che comprendono l'allontanamento dalla nave, l'imprigionamento di Anselmo a [[Finale Emilia]] ad opera del [[feudatario]] locale e la fuga grazie alla collaborazione di un topo parlante, l'incontro con l'[[alchimista]] Gidnone (che ha scoperto la formula per trasformare l'acqua in vino rosso) e col bambino selvaggio Ranìn e la scoperta effettiva della grande zucca e del bigatto, la missione di Anselmo giunge al compimento e l'identità di Galaverna viene svelata.