Mancata difesa di Roma: differenze tra le versioni

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A partire dal 9 settembre 1943 alcuni reparti dell'Esercito regolare tentarono di impedire ai tedeschi di occupare Roma; a fianco dei soldati italiani combatterono alcune centinaia di civili, accorsi in larga parte in modo spontaneo e non coordinato al fine di tentare un'ultima, e pressoché disperata, difesa della città; fra i caduti civili (241 secondo il computo ufficiale, circa 400 secondo un'altra valutazione) il più noto è [[Raffaele Persichetti]]<ref>{{cita|Ranzato 2000|pp. 413-4}}.</ref>. Secondo altre stime, nei combattimenti di quei giorni - sostenuti da unità e reparti del Corpo d'Armata Motocorazzato e della Difesa Capitale, cui si unirono anche manipoli di privati cittadini - caddero 414 militari e 183 civili italiani<ref>Prospetto statistico riassuntivo pubblicato in: ''Albo d'oro dei caduti nella difesa di Roma del settembre 1943'', a cura dell'Associazione fra i Romani, Roma, 1968, pag. 79</ref>.
 
Dopo aver subito alcune perdite, i tedeschi si impadronirono in breve della capitale. Il rischio non accettabile da parte tedesca di vedere le proprie forze assorbite a lungo nella battaglia per Roma, anziché essere libere di trasferirsi rapidamente verso la [[Operazione Avalanche|testa di ponte alleata a Salerno]] fu evitato abilmente da [[KesselingAlbert Kesselring|Kesselring]] intavolando trattative con le autorità militari italiane e approfittando del caos al loro interno determinato dall'abbandono dei posti di comando da parte di gran parte dei politici e dei generali, seguite da un ingannevole accordo di "pacifica coabitazione", presto tradito con la completa occupazione della capitale da parte della [[Wermacht]]. Roma passò nominalmente sotto il governo della [[Repubblica Sociale Italiana]], costituitasi il 23 settembre [[1943]], ma di fatto era nelle mani delle autorità militari tedesche, che intendevano in questo modo sfruttarne in pieno il grande valore politico e militare . Il clima politico e i sentimenti della popolazione si orientarono in direzione antifascista e antinazista.
 
I tedeschi, ben consci del valore politico di Roma, con la presenza del [[Città del Vaticano|Vaticano]], tentarono di far fruttare propagandisticamente la pur solo formale e mai riconosciuta dichiarazione di "[[città aperta]]" emessa dal [[governo Badoglio I|governo Badoglio]], il quale aveva dichiarato unilateralmente Roma "città aperta" trenta ore dopo il secondo bombardamento alleato della capitale, il 13 agosto [[1943]]. L'11 settembre il comandante militare, generale [[Giorgio Carlo Calvi di Bergolo|Calvi di Bergolo]], emise un comunicato secondo il quale le truppe tedesche avrebbero dovuto rimanere al di fuori del territorio cittadino; tuttavia lo stesso giorno il feldmaresciallo [[Albert Kesselring|Kesselring]] dichiarò che Roma faceva parte del territorio di guerra, che la città era soggetta al codice tedesco di guerra, che "gli organizzatori di scioperi, i sabotatori e i franchi tiratori [sarebbero stati] fucilati" e che le autorità italiane avrebbero dovuto "impedire ogni atto di sabotaggio e di resistenza passiva"<ref>Citato in: {{cita|Portelli 2012|p. 153}}.</ref>.