Fëdor Dostoevskij: differenze tra le versioni

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== Fama, contraddizioni e pensiero ==
[[File:Grafmonument Dostojevski.jpg|thumb|left|upright|Tomba di Dostoevskij nel [[Cimitero Tichvin]]]]
Le opere che lo hanno reso maggiormente famoso sono ''[[Memorie dal sottosuolo]]'', ''[[Delitto e castigo]]'', ''[[L'idiota]]'', ''[[I demoni]]'' e ''[[I fratelli Karamazov]]'', e viene considerato un esponente dell'[[esistenzialismo]] e dello [[psicologismo]].
 
Identificato dapprima come voce della corrente [[Nichilismo#Il_nichilismo_russo|nichilista]]-[[Populismo russo|populista]], Dostoevskij capeggiò poi le file degli intellettuali russi più [[conservatorismo|conservatori]] di fine Ottocento. Nelle ''[[Memorie dalla casa dei morti]]'' (1859-1862) fanno capolino i grandi valori della tolleranza religiosa, della libertà dalle prigionie materiali e morali, della indulgenza verso i ''malfattori'', cioè verso coloro che, pur essendosi macchiati di crimini contro la legge, sono in definitiva solamente persone più sfortunate e più infelici, e quindi più amate da Dio, che vuole la salvezza del peccatore e non la sua condanna. Tutto è dunque proiettato verso ''"la libertà, una nuova vita, la resurrezione dai morti..."''.<ref>Fëdor Mikhailovič Dostoevskij, ''Memorie di una casa morta'' (trad. di Alfredo Polledro), Bur, Milano 2004, p.412.</ref> {{quote|Il grado di civilizzazione di una società si può misurare entrando nelle sue prigioni.|''Memorie dalla casa dei morti''''<ref>The degree of civilization in a society can be judged by entering its prisons. Come risulta da ''The House of the Dead'' (1862) traduzione di Constance Garnett; citato in The Yale Book of Quotations (2006) di Fred R. Shapiro, p. 210</ref><ref>Frase che riprende quella attribuita a Voltaire: «Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione».</ref>}}
 
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L'autore, nei suoi romanzi a differenza che negli articoli e nei saggi, cerca di non lasciar mai trasparire un proprio giudizio definitivo sui personaggi, non giudicarli direttamente, ed è questa una sua peculiarità, che ne pose il pensiero in vivace antagonismo con quello dell'altrettanto contraddittorio [[Lev Tolstoj]]. Inoltre, anche Dostoevskij – proprio come Tolstoj, pur se per vie diverse – visse un confronto continuo ed al tempo stesso un rapporto tormentoso e quasi personale con la figura di [[Cristo]], a cui si sentiva tanto legato da affermare: {{quote|Sono un figlio del secolo del dubbio e della miscredenza e so che fin nella tomba continuerò ad arrovellarmi se Dio sia. Eppure se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse ''effettivamente'' vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità.<ref>Dalla lettera a N.D.Fonvizina, 1854, in ''Lettere sulla creatività'', traduzione di Gianlorenzo Pacini, Feltrinelli, 1994, p. 51.</ref>}}
 
In Dostoevskij il "sottosuolo" dell'anima è qualcosa di spaventoso che coincide con l'assolutezza del male. Scrive Giuseppe Gallo: "Sul piano dei contenuti, Dostoevskij traccia la prima implacabile [[Anamnesi (filosofia)|anamnesi]] della crisi dell'uomo contemporaneo, lacerato da pulsioni contraddittorie e insanabili, privo di certezze e punti di riferimento solidi cui uniformare il proprio comportamento morale. A derivarne è una presa di distanza radicale dal [[razionalismo]] [[illuminista]] e [[positivista]], alla cui pretesa di ricondurre le leggi della natura all'ordine della ragione lo scrittore contrappone la forza della volontà che non ammette limitazioni"<ref>Fëdor Dostoevskij, ''Memorie dal sottosuolo'', ed. I Sempreverdi, Letterature, pag. XII.</ref>.

Dalla lettura di romanzi come quelli [[romanzo libertino|libertini]] del [[marchese de Sade]]<ref>Anna G. Dostoevskaja, ''Dostoevksij marito'', p. 72</ref> egli rileva la propensione al [[sadismo]] (Sigmund Freud descriverà il grande scrittore come un [[masochista]] con tendenze minori sadiche) e alla sopraffazione del forte sul debole presente nell'umanità (raffigurata poi in diversi personaggi, come il Principe di ''Umiliati e Offesi'', Svidrigajlov di ''Delitto e castigo'' e Stavrogin de ''I demoni'', immorali e corrotti, ma destinati poi alla crisi personale e al suicidio), e si convince che solo la fede cristiana possa attenuarla: ''«una volta ripudiato Cristo, l'intelletto umano può giungere a risultati stupefacenti»'' poiché ''«vivere senza Dio è un rompicapo e un tormento. L'uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa. Se l'uomo rifiuta Dio, si inginocchia davanti ad un idolo. Siamo tutti idolatri, non atei»''. Ne ''I fratelli Karamazov'' uno dei personaggi, il tormentato Ivàn Karamazov, pronuncia - in un dialogo col fratello Alëša che ha intrapreso la carriera religiosa - la celebre frase:{{quote|Se Dio non esiste, tutto è permesso.|''I fratelli Karamazov'', libro V "Pro e contro"}}
 
Dostoevskij è definito "artista del caos" perché i suoi personaggi hanno sempre il carattere dell'eccezionalità e permettono di avanzare in concreto quei problemi (conflitto tra purezza e peccato, tra abbrutimento e bellezza, tra caos&nbsp;– appunto&nbsp;– e senso della vita) che la filosofia discute attraverso termini di puro concetto; sono concetti che Dostoevskij incarna nei personaggi dei propri romanzi: quindi si comprende perché il grande scrittore russo sia reputato a tutti gli effetti non solo un autore di letteratura, ma anche un autore di [[filosofia]] contemporanea.