Carlo Crivelli: differenze tra le versioni

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Dopo il Lanzi, fu [[Amico Ricci (storico)|Amico Ricci]] a esaminare a fondo la sua opera, dedicandogli un intero capitolo nelle sue ''Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona'' (1834). Comprendendo già l'importanza degli scambi tra Venezia e le Marche<ref name=Z20/>, scrisse: «Se la pittura ebbe incremento in Venezia da un nostro marchianno (alludendo a [[Gentile da Fabriano]]) non l'ebbe minore fra noi per un veneto, che in questi luoghi si condusse e vi sparse moltissima luce». Ricci iniziò anche la ricostruzione della biografia e del catalogo dell'artista che, sebbene non priva di errori, fornì una base per gli studi successivi<ref>Zampetti, 1986, cit., p. 21.</ref>.
 
Nel frattempo, dalla fine del Settecento alla prima metà dell'Ottocento, fino alla rimozione forzata nel [[1862]] della ''[[Pala Ottoni]]'' da [[Matelica]], si era consumato il cosiddetto "caso Crivelli", ovvero la vicenda pressoché unica nella storiografia artistica con cui un autore veniva riscoperto e valutato criticamente mentre contemporaneamente l'operail suo lavoro ne venivausciva umiliataumiliato da rimozioni e selvaggi smembramenti, che rendevano l'opera sua irriconoscibile e talora irrecuperabile<ref>Zampetti, 1986, cit., p. 22.</ref>.
 
Per cui, dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri, la critica oltre a dover ridare il giusto peso all'artista e ricostruirne la biografia, si è trovata costretta al lungo a faticoso compito, tuttora non concluso, di ricostruire i frammenti dei grandi polittici d'altare<ref name=Z23>Zampetti, 1986, cit., p. 23.</ref>.