Giuseppe Sanmartino: differenze tra le versioni

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Alla morte di Luigi nel 1773 gli subentrò, quale architetto regio, il figlio [[Carlo Vanvitelli]] che superò l'ormai consolidato orientamento di scegliere artisti "stranieri" in luogo di quelli locali, a tal punto che il Sanmartino risultò conteso dalle principali famiglie napoletane<ref name="Elio Catello 2004, p. 25"/><ref>[[Ruffo di Calabria]], [[Carafa]] della Roccella, Carducci Agustini, l'arcivescovo [[Giuseppe Capecelatro]], concordano nell'indicarlo come il maggiore scultore del Regno e ''il più celebre scultore di marmi che oggi sia''.</ref>; molte sono, inoltre, le commesse che gli pervennero dalla Corte borbonica<ref group="N">Dalla ''Gazzetta Universale'' del 25 febbraio 1775: ''Per la particolare devozione che la Maestà Sua porta a S. Francesco di Paola, ha ordinato che si faccia un bambino d'argento della grandezza del neonato Regio Principe...per rilevarne l'effige è stato chiamato il primo scultore di questa Capitale Don Giuseppe Sanmartino, il quale ha egregiamente adempita la sua commissione''.</ref> per la quale realizza anche molteplici lavori in stucco, oggi non ancora identificati, nell'appartamento della regina del [[Palazzo Reale (Napoli)|Palazzo reale di Napoli]]. Sempre a lui viene affidato inoltre, nel 1787, il restauro del ''Gigante'' di Palazzo<ref group="N">Si trattava di una statua colossale, forse un busto di Giove, originariamente priva di gambe e braccia, rinvenuta in scavi archeologici nell'area di Cuma. Nel 1688, in occasione dell'inaugurazione di una nuova daresena del porto di Napoli voluta dal viceré Antonio d'Aragona, venne collocata alla sommità della strada che collegava il porto con Largo di Palazzo, l'attuale Piazza del Plebiscito, e perciò stessa denominata ''"Gigante di Palazzo"'' così come ''"salita del Gigante"'' divenne la strada sopra detta e ''"[[fontana del Gigante]]"'' oggi a poca distanza da [[Castel dell'Ovo]]. Restaurata già in epoca vicereale, venne dotata di gambe e braccia mentre nelle mani vennero posti gli stemmi del viceré e della città di Napoli. La statua divenne ben presto "parlante" ospitando testi satirici specialmente contro il potere costituito; re Giuseppe Bonaparte la fece rimuovere ed ospitare nel [[Museo archeologico nazionale di Napoli]] nei cui giardini è ancora oggi visibile, privata delle superfetazioni di restauro, con l'indicazione ''Giove da Cuma''. L'ultimo testo satirico apparso sulla statua, proprio in occasione della sua rimozione, fu: ''lascio la testa al consiglio di stato, le braccia ai ministri, lo stomaco ai ciambellani, le gambe ai generali e tutto il resto a re Giuseppe''.</ref>.
 
Tra le sue opere napoletane si ricordano inoltre le figure dei Santi Pietro e Paolo e di Mosè ed Aronne (1792) sulla facciata della [[chiesa dei Girolamini]], i due [[Angeli reggi fiaccola (Giuseppe Sanmartino)|Angeli reggifiaccola]] (1787) all'interno della stessa chiesa<ref group="N">I due angeli vennero trasferiti al [[Museo nazionale di Capodimonte]] nel 1979 per una mostra sul settecento napoletano e vennero ricollocati nella loro sede originaria solo nel 2013 grazie all'impegno dell'allora rettore del complesso Umberto Bile.</ref>, gli stucchi nell'androne del palazzo di Sangro, le figure allegoriche in stucco presso i pilastri della crociera dell'Annunziata (intorno al 1780-81)<ref name=dbi/> ed il gruppo di ''Tobia e l'angelo'' nella [[Reale cappella del Tesoro di san Gennaro|cappella del Tesoro di san Gennaro]].<ref>{{cita web|accesso=30 settembre 2016|url=http://cir.campania.beniculturali.it/sangennaro/itinerari-tematici/nel-museo/T_OA10|titolo=Settecento napoletano|editore=Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio e per il patrimonio artistico e etnoantropologico di Napoli e provincia}}</ref>.
 
=== Dopo la Cappella Sansevero: Puglie ===