Pittura su tavola: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
ortografia
cose
Etichette: Rimozione di avvisi di servizio Modifica visuale
Riga 1:
[[File:Pietro Lorenzetti - Polyptych - WGA13536.jpg|thumb|upright=1.4|[[Pietro Lorenzetti]], ''[[Polittico della Pieve di Arezzo]]'', su tavola]]
nessuno studia ste cose
La '''pittura su tavola''' è stato il principale supporto delle opere pittoriche europee dall'antichità al XVI secolo, prima di venire quasi completamente sostituita dalla [[pittura su tela]].
 
La produzione più tipica della pittura su tavola medievale è il [[polittico]] (o [[trittico]] o [[dittico]]...), usato per decorare gli altari delle chiese. Con il passare del tempo essi si arricchirono di sempre più scomparti e cornici più complesse.
 
==Storia==
Esistono testimonianze di pittura su tavola sia nella [[Grecia antica]] sia a Roma, ma solo alcuni frammenti ci sono pervenuti, mentre, per ragioni climatiche, abbiamo ben più esempi provenienti dall'[[Antico Egitto]]. [[Plinio il Vecchio]] ad esempio, nel I secolo d.C., si lamentava della decadenza della pittura perché veniva dismessa la pittura su tavola, secondo lui l'unica produzione di merito, in favore della pittura parietale, secondo lui più scadente (poiché l'[[affresco]] richiedeva tempi di esecuzione molto più brevi).
 
Nel mondo bizantino questo tipo di pittura ebbe una grandissima diffusione, ma pochi esemplari ci sono giunti anteriori al periodo [[iconoclasta]] dell'VIII secolo.
 
La pittura su tavola tornò ad essere popolare in Europa nel XII secolo, per via delle nuove pratiche liturgiche che prevedevano la celebrazione della messa con il sacerdote davanti e non oltre l'altare, il quale diveniva così libero per esservi poste immagini sacre ([[dossale|dossali]] e [[crocifissi]] sagomati).
 
Tra il XIII e il XIV secolo in Italia ci fu il periodo d'oro della pittura su tavola, sebbene si stimi che la stragrande maggioranza della produzione dell'epoca sia andata distrutta.
 
Nel XV secolo, con l'[[umanesimo]] e il [[Rinascimento]] gli schemi tradizionali vennero superati, con una superficie pittorica trattata in maniera più libera e meno rigida. I nuovi ceti borghesi e mercantili richiedevano opere di nuovo formato come i [[ritratto|ritratti]], mentre si delineava un maggiore realismo con la scomparsa del [[fondo oro]].
 
Nel [[XV secolo]] a [[Venezia]] si iniziò a diffondere l'uso di dipingere su tela (fino ad allora utilizzato solo occasionalmente per oggetti leggeri come gli [[stendardo processionale|stendardi processionali]]). La tela, come un supporto, che aveva l'innegabile pregio della maggior trasportabilità, la relativa economicità e l'ottima resa, tanto che gradualmente si diffuse in tutta Europa, conquistando un primato tuttora indiscusso.
 
==Tecnica==
La "tavola" lignea era di solito preparata scegliendo alcune assi di legno stagionato alcuni anni (affinché fosse meno soggetta a deformazioni). In [[Italia]] e nel sud Europa si sceglievano legni molto diffusi come quelli di [[pioppo]], di [[tiglio]] o di [[cipresso]], mentre nell'area [[fiandre|fiamminga]] si usavano legni più rari e pregiati: in ogni caso i risultati in termini di durata nel tempo entrambi i metodi si sono rivelati ottimi. L'importante era evitare legni che contenessero difetti come nodi, o alte quantità di [[tannino]] (come il [[castagno]]), una sostanza contenuta in molte specie vegetali che talvolta rifioriva anche sulle tavole stagionate macchiando di nero lo strato preparatorio o addirittura la pellicola pittorica. Le tavole erano assembrate in genere in file verticali, tenute insieme da cerniere estraibili sul retro.
 
[[File:20160930_141056-02_madonna_in_preghiera.jpg|thumb|Maddalena in preghiera]]
 
===Incollaggio, intelaggio e ingessatura===
Il legno, una volta piallato e levigato, veniva impregnato con una o più mani di colla naturale, la cosiddetta "colla di spicchi", ottenuta facendo bollire e restringere ritagli di pelle animale. Poi si procedeva a fasciare le tavole con una tela morbida, preferibilmente tela vecchia (il cosiddetto "cencio di nonna"), che veniva poi impresso con almeno due strati di gesso: uno ruvido di ''gesso grosso'', per livellare, ed uno fine di ''gesso sottile'' per creare la base pittorica su cui si procedeva disegnando coi carboncini<ref>La distinzione ''gesso grosso''/''sottile'' è del [[Cennino Cennini|Cennini]]. Oltre al testo del Marconi citato in bibliografia si veda anche il capitolo sulle tecniche in: Jill Dunkerton, Susan Foister, Dillian Gordon, Nicholas Penny, ''Giotto to Dürer. Early Renaissance Painting in The National Gallery'', New Haven & London, Yale University Press, 1991, pagg. 162-164</ref>.
 
===Strato preparatorio e imprimitura===
Lo strato preparatorio era così costituito da un impasto di colla animale unita ad una carica inerte costituita in Italia, da gesso (solfato di calcio) oppure, in Fiandra, dal bianco di calce o creta bianca (carbonato di calcio), applicato a caldo con il pennello fino ad otto volte per ottenere una superficie uniforme e lisciata. Durante il XV secolo, in area fiamminga, si procede ad impermeabilizzare il sostrato bianco, applicando una pellicola di olio essiccante, traslucida e incolore o leggermente pigmentata<ref>La pigmentazione più frequente per lo meno nella pittura fiamminga, era quella a tinta rossa o nera che dava pertanto una colorazione grigia o rosa all'imprimitura. Cfr. National Gallery Technical Bulletin, vol. 18, cit., pag. 23</ref>, detta ''imprimitura''. Il procedimento è adottato in Italia a partire dalla seconda metà del secolo, la tecnica essendo già menzionata nel ''Trattato di architettura'' del [[Filarete]]. Oltre ad isolare lo strato preparatorio, impermeabilizzandolo e riducendone pertanto la porosità, l'imprimitura consente anche di facilitare l'applicazione dello strato pittorico rendendo più scorrevole la pennellata. L'imprimitura svolge anche un importante ruolo ottico accentuando il contrasto cromatico del dipinto. Questo effetto è realizzato principalmente attraverso l'imprimitura bianca che essendo altamente riflettente accentua l'intensità luminosa dello strato pittorico sovrapposto <ref>{{Citazione|L'imprimitura di biacca dei pittori italiani aveva lo scopo di isolare la preparazione; l'applicazione del colore sulla preparazione a gesso, piuttosto assorbente, poteva presentare qualche difficoltà e occorreva evitare che il gesso assorbisse olio dagli strati di colore sovrastante perché, come ricorda Cennino (cap. CLXXV): ''l'olio corrompe il gesso e due tempere''. Ma soprattutto consentiva di ottenere un preciso effetto ottico, ottenere cioè che la luce penetrata attraverso gli strati di colore, molto sottili, si riflettesse sullo strato di biacca molto coprente, perfettamente bianco e inalterabile.|Raffaella Rossi Manaresi; Antonella Tucci, ''La tecnica di esecuzione dei dipinti "veneziani" di Bosch e le successive ridipinture'', in: Caterina Limentani Virdis (a cura di), ''Le delizie dell'inferno. Dipinti di Jheronimus Bosch e altri fiamminghi restaurati''. (catalogo della mostra di Venezia, Palazzo Ducale, maggio-agosto 1992), Venezia, il Cardo, 1992, pag. 185}}</ref>.
 
===Doratura===
Se l'opera prevedeva la doratura si stendeva sulla parte da dorare uno strato di [[bolo]], cioè un'argilla rossastra sciolta con acqua e chiara d'uovo. Esiste anche una preparazione in terra verde, usata per esempio nel Nord-Italia. La [[foglia d'oro]] veniva poi applicata per rettangoli che venivano "soffiati" (a causa dell'estrema leggerezza del materiale sottilissimo) su un pennello ed appoggiata sulla superficie con il bolo dopo averla bagnata con acqua e pochissima colla animale. La foglia applicata sulla tavola e dopo l'asciugatura veniva poi schiacciata con il brunitore, una sorta di pennello con una pietra d'[[agata (minerale)|agata]] appiattita, arrotondata e levigata all'estremità, che dava alla foglia un aspetto lucido e metallico. Poi si procedeva a rimuovere le parti in eccesso.Questo tipo di doratura è chiamata "a guazzo". Spesso l'oro veniva poi inciso, soprattutto nelle aureole, con rotelle e punzoni.
 
===Disegno e tinte===
Il disegno poteva avvenire a mano libera da parte del maestro oppure, nelle botteghe più attrezzate, veniva eseguito su un pezzo di carta e poi riportato con la tecnica dello [[spolvero]]. Per cancellare si usava la [[gomma pane]] oppure si spolverava via la polvere di carbone con penne di gallina.
 
A questo punto si iniziava a stendere il colore. I colori a tempera erano di tre categorie: vegetali, derivati da pietre dure macinate o derivati da sintesi chimiche, spesso [[ossidazione]] di metalli. Alla prima categoria appartenevano le tinte come il [[giallo]] [[zafferano]], l'[[indaco]], la [[cocciniglia (colorante)|cocciniglia]] o le terre e il nero [[carbone]]; alla seconda i preziosi blu come l'[[Blu oltremare|oltremare]] di [[lapislazzuli]] o la più economica [[azzurrite]]; alla terza il bianco di [[biacca]] o il [[bianco di San Giovanni]], usato a Firenze. Le tempere erano solitamente sciolte con il [[tuorlo d'uovo]].
 
La tecnica pittorica nell'arte medievale italiana di solito prevedeva la stesura di velature partendo da quella più scura. Ad esempio per i corpi si partiva da un verde-terra che veniva via via schiarito per sovrapposizione fino ad arrivare alle tinte chiare del bianco e del rosa carnicino, che era il [[cinabrese]]. A volte restauri sbagliati ottocenteschi per ridare chiarore alle tavole hanno eroso con la [[Idrossido di sodio|soda caustica]] proprio quegli stati superficiali più chiari, andando ben oltre la velatura della polvere e ottenendo l'effetto contrario di scoprire le velature scure sottostanti.
 
La pittura avveniva di solito stendendo il dipinto in orizzontale o leggermente inclinato, comunque era un elemento che dipendeva dall'uso dell'artista e dalla grandezza del dipinto da eseguire.
 
===Verniciatura===
Dopo la fase di pittura le opere venivano messe ad asciugare all'aperto, dopodiché si passava alla verniciatura: dopo aver spolverato il tutto si stendeva un velo di [[gommalacca]] ottenuta da una resina vegetale sciolta in alcool.
 
==Note==
<references/>
 
==Bibliografia==
*M. Grazia Trenti Antonelli, ''La pittura su tavola'', Sillabe, 2003.
*{{cita web|http://www.lettere.uniroma1.it/sites/default/files/480/Marconi,%20Preparazioni%20e%20imprimiture_1.pdf|Stefano Marconi, "Preparazioni e imprimiture dei dipinti su tavola e tela: materiali, metodi e storia", in: Corrado Maltese (a cura di), ''Preparazione e finitura delle opere pittoriche. Materiali e metodi'', Milano, Mursia, 1993}}
*{{cita web|http://www.nationalgallery.org.uk/upload/pdf/methods_and_materials1997.pdf|Rachel Billinge, Lorne Campbell, Jill Dunkerton, Susan Foister, Jo Kirby, Jennie Pilc, Ashok Roy, Marika Spring and Raymond White, ''Methods and materials of Northern European painting in the National Gallery, 1400-1550'', "National Gallery Technical Bulletin", Volume 18, 1997, pagg. 6-55}}
 
==Voci correlate==
*[[Arte medievale]]
*[[Arte gotica]]
*[[Fondo oro]]
*[[Pittura a tempera]]
*[[Pittura su tela]]
*[[Imprimitura]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Panel paintings}}
 
==Collegamenti esterni==
* {{Thesaurus BNCF}}
*[https://www.facebook.com/photo.php?v=10150884786106331 Una lezione sulla pittura su tavola] tenuta alla [[Galleria dell'Accademia]] di Firenze.
 
{{Portale|pittura}}
 
[[Categoria:Tecniche artistiche]]