Plurale maiestatis: differenze tra le versioni

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Gio.B.R. (discussione | contributi)
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Quest'uso, già diffuso nell'[[antica Roma]] (è per esempio la forma principale usata nelle opere autobiografiche di [[Marco Tullio Cicerone]]), è rimasto nella tradizione di molti paesi come modo d'espressione formale soprattutto di [[re|sovrani]] e [[papa|papi]] (da cui il nome "maiestatico"), in quanto adatto all'immagine istituzionale, e quindi anche astratta e ''corale'', associata a questi ruoli.
 
I [[Re d'Italia]] smisero di usare il plurale maiestatico, ufficiosamente, in momenti critici in cui si voleva trasmettere un sentimento di vicinanza alla popolazione, come nel discorso[[Fuga di [[Vittorio Emanuele III#Le due Italie|discorso di Savoia|Vittorio Emanuele III]] a [[Radio Bari]] il 10 settembre 1943]].
 
Oggi, il ''pluralis maiestatis'' ha perso quasi ovunque la sua valenza formale (fu [[papa Giovanni Paolo I]] a mettere fine al suo uso nella [[Chiesa cattolica]] nei discorsi pubblici, anche se esso è tuttora in uso negli scritti ufficiali del Papa; [[papa Giovanni XXIII]] lo usava solo in discorsi formali e negli scritti, ad esempio non lo fece nel celebre "[[discorso della luna]]" o in quello ai [[Detenuto|carcerati]] di [[Carcere di Regina Coeli|Regina Coeli]]) e rimane soprattutto come espediente [[retorica|retorico]] (non raramente con intenti umoristici o ironici).