Monetazione visigota: differenze tra le versioni

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Altro testo fondamentale è lo studio pubblicato da George Carpenter Miles nel 1952 presso la [[American Numismatic Society]], che riguarda la monetazione visigota nel periodo [[580]]-[[713]]. In questo caso le monete sono citate con il prefisso "Miles" ed il numero.
 
Per le [[Monetazione imperiale romana|monete dell'Impero romano d'Occidente]] imitate, cioè le monete coniate dagli imperatori ed utilizzate come modelli dai Visigoti, i riferimenti più frequenti usati in letteratura e nei cataloghi sono il testo di [[Henry Cohen]] ed il ''[[Roman Imperial Coinage]]'' (RIC). Tale opera è stata pubblicata in dieci volumi a cura di [[Harold Mattingly]], [[Edward Allen Sydenham]] ed altri a partire dal 1924, ed alcune parti non sono state ancora terminate. Nei cataloghi si trova un'indicazione del tipo "RIC X 2010", dove "X" indica il decimo volume, che tratta il periodo dalla divisione dei due imperi alla caduta dell'Impero romano d'Occidente, e "2010" è il numero progressivo nel volume. Le monete imitate sono tutte nel X volume del RIC. Il testo di Cohen fu pubblicato in otto volumi, tra il 1859 ed il 1868, e uscì in una seconda edizione data alle stampe negli anni 1880-1892. Di questa esiste un'edizione in rete.<ref>{{cita|Cohen}}.</ref> Nei cataloghi il riferimento al testo di Cohen è dato con un'indicazione del tipo "Cohen VIII 216, 49", dove "VIII" è il volume, che tratta le monete del periodo da [[Nepoziano]] a [[Romolo Augusto]] ([[350]]-[[475]]), "216" è la pagina e "49" è il numero progressivo per imperatore. Le monete imitate dai Visigoti sono raccolte tutte nell'VIII volume.
 
Per le [[Monetazione bizantina|monete coniate invece dall'Impero romano d'Oriente]] si usano due pubblicazioni relativamente recenti: il catalogo della collezione di [[Dumbarton Oaks]], abbreviato DOC, e il testo di Wolfgang Hahn ''Moneta Imperii Byzantini'', abbreviato MIB. Le monete imitate sono pertinenti agli imperatori da [[Anastasio I Dicoro|Anastasio I]] ([[491]]-[[518]]) a [[Giustino II]] ([[565]]-[[578]]) e sono elencate sia nel primo volume del DOC che nel primo volume del MIB.
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I Visigoti entrarono nei territori dell'Impero romano negli anni settanta del [[IV secolo]] e subirono un profondo processo di [[Romanizzazione (storia)|romanizzazione]]. Nel 418 l'imperatore [[Onorio (imperatore romano)|Onorio]] concesse ai Visigoti lo status di ''[[foederati]]'' e assegnò loro il territorio dell'[[Aquitania]] (Gallia centromeridionale). Fu questo il primo nucleo del [[Regni romano-barbarici|regno romano-barbarico]] dei Visigoti, che nel corso del V secolo si estese oltre i [[Pirenei]], fino a comprendere anche una parte significativa dell'Hispania romana. Nella prima metà del [[VII secolo]], dopo la caduta del [[Regno svevo]] ([[585]] circa) e il definitivo abbandono del Levante ispanico da parte dei Bizantini, i [[Sovrani visigoti|re visigoti]] estesero la propria sovranità sulla quasi totalità della [[Penisola iberica]] e la mantennero fino all'invasione islamica (iniziata nel [[711]]).
 
Nello studio della monetazione dei Visigoti si usa una periodizzazione diversa. Non sono state individuate monete pertinenti al primo periodo, quello "migratorio"; il secondo periodo, quello "gallico", vide invece una serie ampia di emissioni d'imitazione imperiale. Il terzo periodo può essere diviso in due fasi: dapprima una di coniazione di monete d'imitazione imperiale, e quindi una seconda in cui le monete furono emesse direttamente a nome dei re visigoti.<ref name=MEC39>{{cita|Grierson|p. 39}}.</ref>
 
== Monetazione in Gallia ==
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| margin = 0
}}
La Gallia centromeridionale fu il cuore del Regno visigoto dal 418 al 507. La monetazione di imitazione imperiale (o monetazione pseudo-imperiale) dei Visigoti in tale regione, nota anche come "monetazione del Regno di Tolosa", è costituita esclusivamente dal [[solido (moneta)|solido]] e dal [[tremisse]]. Queste monete sono uguali a quelle coniate nell'Impero romano dell'epoca: imitavano fedelmente i modelli romani e riportavano [[legenda|legende]] e titoli imperiali. Il tremisse valeva un terzo del solido. Le monete non recano lettere, monogrammi o altri segni di identificazione, per cui sono attribuite in base ai ritrovamenti. Anche la datazione è approssimativa.<ref name= MEC44-46>{{cita|Grierson|pp. 44-46}}.</ref>
 
La zecca principale probabilmente era quella di [[Tolosa]]<ref name= MEC44>{{cita|Grierson|p. 44}}.</ref>, nel sud della Gallia, che era la capitale del regno. Si suppone che, almeno per un breve periodo, siano state coniate monete anche a [[Narbona]],<ref name= MEC44/> dove nel [[414]] [[Ataulfo]] sposò [[Galla Placidia]], sorella dell'imperatore romano Onorio. Questa ipotesi, riportata da [[Philip Grierson|Grierson]]<ref name= MEC44/>, si basa su un solido, ora perduto ma di cui abbiamo una rappresentazione del [[XVIII secolo]], coniato a nome di [[Prisco Attalo]], un usurpatore sostenuto da Ataulfo.<ref>{{cita|Kent|p. 24}}.</ref> Su questa moneta c'è un segno di zecca NB che potrebbe indicare Narbona.<ref name= MEC44/> Una zecca a Narbona è anche citata in un poema di [[Sidonio Apollinare]] (carme 23)
<ref><poem>...
''Salve, Narbo, potens salubritate
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=== Monetazione pseudo-imperiale (509-580) ===
La monetazione di questo periodo consiste esclusivamente di solidi e tremissi. Esistono monete di rame con il monogramma AMR, associata a un tremisse con lo stesso monogramma. In precedenza queste monete (MEC 341) erano state attribuite ad [[Amalarico]] ([[510]]-[[531]]), ma ora il monogramma è letto come MAR e le monete sono attribuite al re [[Burgundi|burgundo]] [[Gondomaro]] ([[524]]-[[534]]).<ref name= MEC46>{{cita|Grierson|pp. 46-49}}.</ref><ref name= MEC76>{{cita|Grierson|p.76}}.</ref>
 
I solidi coniati in questo periodo recano i nomi degli imperatori [[Anastasio I Dicoro|Anastasio I]] ([[491]]-[[518]]), [[Giustino I]] (518-[[527]]) e [[Giustiniano I]] (527-[[565]]). La qualità delle coniazioni è di buon livello e la loro identificazione come imitazioni visigote è stata abbastanza precoce, grazie anche al fatto che sono state rinvenute solamente nella Penisola iberica.<ref name= MEC46/>
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Dagli [[anni 580|anni ottanta]] del VI secolo, i re visigoti iniziarono a coniare monete a nome proprio. Quest'ultima fase della monetazione visigota si estese per circa centotrent'anni, fino al 710: non sono conosciute monete successive a questa data. In seguito lo stesso Regno visigoto cessò di esistere, con il passaggio della Penisola iberica sotto il dominio arabo.<ref name= MEC49/>
 
La denominazione usata fu esclusivamente il tremisse ed il solido non venne più coniato. Il contenuto in oro dei tremissi negli anni diminuì.<ref name= MEC49>{{cita|Grierson|pp. 49-52}}.</ref> Le monete recavano il nome del sovrano e riportavano anche il nome della zecca dove venivano coniate. A differenza della monetazione dei Franchi non recavano il nome del magistrato responsabile della monetazione.
 
==== Da Leovigildo a Chindasvindo ====
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== Legende ed epigrafia monetaria ==
[[File:Rx monogram.svg|80px|left|thumb|Monogramma per REX]]La legenda al dritto di norma presenta il nome del re in latino al nominativo seguito da REX, a volte abbreviato con un monogramma.<ref name=MEC52>{{cita|Grierson|p. 52}}.</ref>
Durante il regno congiunto di Egica e Witiza i titoli erano ''regis'' cioè ''reges'', abbreviato come RGS, RG etcecc. Solo sotto Leovigildo ed Ermenegildo si trovò il nome al genitivo preceduto da D N (per ''dominus'').<ref name=MEC52/> Sotto Chindasvildo la zecca di Toledo introdusse la legenda INDN ("''In Nomine DomiNi''", "in nome del Signore") che divenne standard a partire da [[Vamba (re visigoto)|Vamba]], con varie abbreviazioni (INDNM, INDIMN etc.); con Egica a volte venne abbreviata la dicitura N <big>+</big> P N•M• ("''iN XPisti NoMine''", "in nome di Cristo").<ref>Per la grafia di Cristo: cfr. [[cristogramma]] e [[Chi Rho]]</ref>.
 
I nomi dei monarchi erano scritti in vari modi: ad esempio, [[Svintila]] si trova scritto SVINTHVLΛ, SINTILΛ, SVINTH:L:, SVINTIIV; Liuva si trova come LEOVΛ, LIVVΛ etcecc. La variabilità aumentava notevolmente con i nomi più complicati come Chindasvindo e Reccesvindo, in cui alcune lettere venivano scritte con una [[Legatura (tipografia)|legatura]] o sotto forma di [[monogramma]].<ref name=MEC52/>
 
Il rovescio prevedeva il nome della zecca, anche questo il latino: TOLETO, CORDODΛ (CORΛOBΛ, CORDOBΛ, CORΔOBΛ), ELLIBERI (IIBERI), ISPΛLI, ELVORΛ (ERBO:RΛ), ossia Toleto (Toledo), Cordoba (Cordova), Eliberi o Illiberis (Granada), Ispalis (Siviglia), Elvorra (Évora). In alcuni casi la zecca era indicata con un monogramma.
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== Zecche ==
 
Miles individuò 79 zecche. Poche altre sono venute alla luce in seguito, quindi il totale supera di poco le 80.<ref name=MEC53>{{cita|Grierson|p. 53}}.</ref><ref>{{cita|Miles}}.</ref>
 
La maggior parte di queste hanno comunque poca importanza e sono note solo grazie a un numero esiguo di esemplari giunti fino ai nostri giorni, a volte non più di uno o due.<ref name=MEC53/>
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== Tesori ==
Si conoscono alcuni tesori di monete visigote: la scoperta più importante recente è probabilmente quella di [[Zorita de los Canes]], trovata nel 1945<ref>{{cita|Aguiló}}.</ref><ref>{{cita|Miles|p. 110}}.</ref>.
 
Nel 1731 fu scoperto a [[Garrovillas de Alconétar]] un tesoro con monete coniate da [[Recaredo I]] e da altri monarchi. La composizione esatta è sconosciuta, ma la maggior parte delle monete fu acquisita dalla ''Real Academia de la Historia'' a Madrid, dove è tuttora conservata<ref>{{cita|Miles|p. 105}}.</ref>. Un tesoro trovato a [[Bordeaux]] nel 1803 comprendeva 38 tremissi visigoti, che coprono un periodo che va dal regno di [[Leovigildo]] a quello di [[Vamba (re visigoto)|Vamba]]; almeno tre erano tuttavia dei falsi. Nel 1816 più di 800 monete furono dissotterrate nel paese di La Grassa, vicino a [[Constantí]], ma tutto il tesoro fu disperso.
 
Il tesoro di La Capilla, trovato nel 1891 comprendeva forse tra 800 e 1000 monete. Benché le monete fossero state disperse quasi immediatamente dopo la scoperta, più di un terzo del ritrovamento si trova ora nella collezione della Hispanic Society of America. Nel 1932 furono trovate a Abusejo 110 monete visigote, e sono conservate al [[Museo archeologico nazionale di Spagna]] e all<nowiki>'</nowiki>''Instituto Valencia de Don Juan'' a [[Madrid]].
 
Il tesoro di [[Zorita de los Canes]], trovato nel 1945 sul sito di una chiesa nella vecchia città visigota di [[Reccopolis]], includeva 90 tremissi, i più moderni del regno di Leogivilido, che, sebbene non portassero il nome della zecca, probabilmente furono battute localmente<ref>{{cita|Miles|p. 42}}.</ref>.
 
== Note ==
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* {{cita libro|cognome= Ranieri|nome= Egidio |titolo= La monetazione di Ravenna antica |anno= 2006 |editore= Edizioni Numismatica Ranieri|città= Bologna}}
* [[Roman Imperial Coinage]], (RIC) in 10 volumi, a cura di [[Harold Mattingly]], [[Edward Allen Sydenham]] ed altri, vol. X, ''The divided Empire and the fall of the Western Parts (A.D. 395-491)'' (J. P. Kent), Londra 1994, Edizioni Spink & Son.
* {{cita libro | cognome= Sabatier | nome= Pierre Justin | titolo= Description générale des monnaies byzantines frappées sous les Empereurs d'Orient | editore= | città= Parigi–Londra| anno=1862, in 2 voll. (ripubblicato Lipsia (1930) e Graz (1955))| wkautore= Pierre Justin Sabatier}}
 
; Dizionari