Museo nazionale di Capodimonte: differenze tra le versioni

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|Latitudine = 40.866953
|Longitudine = 14.250497
|Direttore = [[Sylvain Bellenger]]<ref>{{cita news|url=http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/visualizza_asset.html_1656248911.html|titolo=Selezione pubblica per i direttor dei musei italiani|sito=Beniculturali.it|lingua=|data=18 agosto 2015}}</ref>
|Visitatori = 193055
|Note visitatori = <ref name="dativis">{{cita web|url=http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/feed/pdf/Tabella-imported-64702.pdf|titolo=Dati visitatori dei siti museali italiani statali nel 2016|accesso=17 gennaio 2017|formato=pdf}}.</ref>
|Anno visitatori = 2016
}}
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===XVIII secolo===
[[File:Giuseppe Bonito - Don Carlos de Borbón, rey de las Dos Sicilias.JPG|thumb|Carlo di Borbone, ideatore della reggia di Capodimonte per la sistemazione della collezione Farnese]]
[[Carlo III di Spagna|Carlo di Borbone]], salito al trono di [[regno di Napoli|Napoli]] nel 1734, si pose il problema di fornire una degna sistemazione alle opere d'arte ereditate dalla madre, [[Elisabetta Farnese]]<ref>{{Cita|Sapio|p. 9}}.</ref>, facenti parti della sua [[Collezione Farnese|collezione familiare]], iniziata da [[papa Paolo III]] nel [[XVI secolo]] e portata avanti dai suoi eredi<ref name="Utili4">{{Cita|Utili|p. 4}}.</ref>. Sparse ancora tra [[Roma]] e [[Parma]], alcune opere, in particolare quelle il cui valore superava le spese di trasporto, vennero trasferite nel [[palazzo Reale di Napoli]] (tra i maggiori, [[Raffaello Sanzio|Raffaello]], [[Annibale Carracci]], [[Correggio (pittore)|Correggio]], [[Tiziano]] e [[Parmigianino]])<ref name="Guida349">{{Cita|Touring Club Italiano, 2008|p. 349}}.</ref>, dove però mancava una galleria vera e propria: col tempo anche il resto della collezione venne spostata e conservata all'interno dei depositi del palazzo, minacciati nella loro integrità anche da elementi naturali come la vicinanza del mare<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 9}}.</ref>. Nel 1738 il re avviò i lavori di costruzione di un palazzo, sulla collina di Capodimonte, da adibire a museo<ref name="Guida348">{{Cita|Touring Club Italiano, 2008|p. 348}}.</ref>; al contempo una squadra di esperti definì gli ambienti interni per sistemare la collezione: il progetto prevedeva che le opere fossero ospitate nelle stanze che affacciano verso sud, sul mare<ref>{{cita web|url=http://www.realcasadiborbone.it/dinastia/pallazzi-e-residenze/la-reggia-di-capodimonte/|titolo=Brevi cenni sul Museo nazionale di Capodimonte|sito=Realcasadiborbone.it|accesso=11 gennaio 2015}}</ref>. Con una costruzione ancora incompleta, le prime tele furono sistemate nel 1758, in dodici cameroni, divise per artisti e scuole pittoriche: tuttavia non si conosce con esattezza quali opere fossero esposte nel museo, poiché gli annuari dell'epoca sono andati distrutti durante la [[seconda guerra mondiale]]. Accanto all'allestimento museale, già dal 1755, venne istituita la Reale Accademia del Nudo, affidata alla direzione del pittore [[Castellammare di Stabia|stabiese]] [[Giuseppe Bonito]]<ref name="Capodimonte11">{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 11}}.</ref>.
 
Nel 1759 venne trasferito il resto della collezione: si trattava dei cartoni preparatori per gli affreschi della [[cappella Paolina]] di [[Michelangelo]] e quelli per la [[stanza di Eliodoro]] in [[Città del Vaticano|Vaticano]] di Raffaello<ref name="Utili5">{{Cita|Utili|p. 5}}.</ref>, dipinti di [[Giorgio Vasari]], [[Andrea Mantegna]] e [[Masolino da Panicale]]. Tra i visitatori dell'epoca figuravano [[Jean-Honoré Fragonard]], il [[marchese de Sade]], [[Joseph Wright of Derby]], [[Antonio Canova]], [[Johann Wolfgang von Goethe]] e [[Johann Joachim Winckelmann]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 10}}.</ref>. Intorno alla fine degli [[anni 1770|anni '70]] con il trasferimento di altri pezzi della collezione Farnese, il museo arrivava a possedere ventiquattro sale: furono inoltre acquistate nuove pitture, le prime dei pittori meridionalisti, come [[Polidoro da Caravaggio]], [[Cesare da Sesto]], [[Jusepe de Ribera]], [[Luca Giordano]], oltre ai pannelli di [[Anton Raphael Mengs]], [[Angelika Kauffmann]], [[Élisabeth Vigée-Le Brun]] e [[Francesco Liani]], mentre nel 1783 è acquistata la collezione del conte [[Carlo Giuseppe di Firmian]], contenente circa ventimila tra incisioni e disegni di artisti come [[Fra Bartolomeo]], [[Perin del Vaga]], [[Albrecht Dürer]] e [[Rembrandt]]<ref name="Capodimonte12">{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 12}}.</ref>. Nello stesso periodo venne inaugurato un laboratorio di restauro affidato prima a [[Clemente Ruta]], poi a Federico Andres, su suggerimento del pittore di corte [[Jakob Philipp Hackert]]<ref name="Capodimonte12"/>. Con [[Ferdinando I delle Due Sicilie]], nel 1785, venne istituito il Regolamento del Museo di Capodimonte: furono quindi definiti gli orari di apertura, i compiti dei custodi, la responsabilità del consegnatario, l'accesso ai copisti, mentre non venne liberalizzato l'accesso alla popolazione, cosa che invece già avveniva in altre realtà museali borboniche, se non con un permesso rilasciato dalla Segreteria di Stato<ref name="Capodimonte11"/>. Alla fine del [[XVIII secolo]], quando il museo ospitava circa milleottocento dipinti, venne presa la decisione di creare un unico polo museale napoletano: la scelta ricadde sul Palazzo degli Studi, il futuro [[Museo archeologico nazionale di Napoli|Museo archeologico nazionale]], dove i lavori per la nuova fruizione pubblica erano già iniziati dal 1777 a cura di [[Ferdinando Fuga]], con l'intento di trasportarvi tutta la collezione Farnese e quella Ercolanense, quest'ultima formatasi a seguito dei ritrovamenti archeologici dagli [[Scavi archeologici di Pompei|scavi di Pompei]], [[Scavi archeologici di Ercolano|Ercolano]] e [[Scavi archeologici di Stabia|Stabia]], oltre a farne sede della biblioteca e dell'accademia<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|pp. 11-12}}.</ref>.
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La collezione Farnese dà il nome all'omonima galleria e tutte le opere sono ordinate per zona di provenienza in sequenza temporale<ref name="Sapio39">{{Cita|Sapio|p. 39}}.</ref>: la collezione è stata iniziata nella metà del XVI secolo da [[papa Paolo III]], il quale raccolse nel [[Palazzo Farnese (Roma)|suo palazzo]] a [[Campo de' Fiori]]<ref name="Bile4">{{Cita|Bile|p. 4}}.</ref> sia opere antiche, soprattutto statuaria proveniente dai ritrovamenti archeologici nell'area di Roma come dalle [[Terme di Caracalla]], sia moderne, per lo più opere pittoriche di artisti come [[Raffaello]], [[Sebastiano del Piombo]], [[El Greco]] e [[Tiziano]]<ref name="Utili4"/>. Con [[Ottavio Farnese]] e suo figlio [[Alessandro Farnese|Alessandro]], durante il corso del XVII secolo la collezione si arricchì di numerosi pezzi, grazie anche alla donazione, nel 1600, di [[Fulvio Orsini]] al cardinale [[Odoardo Farnese (cardinale)|Odoardo]] e alla confisca, nel 1612, dei beni appartenenti ad alcuni membri dell'aristocrazia parmense e piacentina, ritenuti responsabili di una congiura ordita l'anno prima ai danni di [[Ranuccio I Farnese]]<ref name="Capodimonte23">{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 23}}.</ref>. Entrano quindi a far parte della collezione opere di artisti come [[Correggio (pittore)|Correggio]] e [[Parmigianino]], a cui si affiancano acquisti dai palazzi romani<ref name="Sapio41">{{Cita|Sapio|p. 41}}.</ref>. Inoltre, quando Alessandro divenne sovrano dei [[Paesi Bassi]], accanto alla scuola pittorica italiana si aggiunse anche quella [[Pittura fiamminga|fiamminga]]<ref name="Bile4"/>: tuttavia, secondo alcune fonti dell'epoca, il monarca non sarebbe stato un attento collezionista contrariamente al padre e alla madre [[Margherita d'Austria]]<ref name="Bile4"/>. Nel 1693<ref name="Sapio41"/> si aggiunse la collezione di [[Margherita Farnese]], sorella di Ranuccio<ref name="Bile5"/>. In seguito la collezione passò nella mani di [[Elisabetta Farnese|Elisabetta]], e quindi a suo figlio [[Carlo III di Spagna|Carlo di Borbone]], il quale quando diventò re di Napoli trasferì tutte le opere nella capitale del suo regno: ampliata ancora con nuove acquisizioni<ref name="Sapio41"/> anche con oggetti in [[Ambra (resina)|ambra]], [[bronzo]], [[cristallo di rocca]], [[maioliche]] e [[toreutica|argenti]], la raccolta venne ospitata nella reggia di Capodimonte, appositamente costruita. Nel corso degli anni però la collezione venne spostata in vari palazzi della città fino al termine della seconda guerra mondiale quando si decise un riassetto dei musei napoletani: la statuaria rimase al Museo archeologico nazionale, mentre le pitture furono nuovamente spostate alla reggia di Capodimonte nel neonato museo, ripristinando l'antica Galleria farnesiana<ref name="Capodimonte23"/>.
 
La sala 2 segna l'ingresso alla Galleria Farnese e permette una visione, con i suoi dipinti, delle personalità di spicco della famiglia Farnese<ref>{{Cita|Sapio|p. 40}}.</ref>: molte delle opere presenti, come il ''[[Ritratto di Paolo III]]'' e il ''[[Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese]]'', sono opera di Tiziano, la cui raccolta di Capodimonte rappresenta per l'artista la più importante e numerosa sia in Italia che nel mondo<ref name="Utili5"/>; sono inoltre esposti dipinti di Raffaello, come il ''[[Ritratto del cardinale Alessandro Farnese]]'', di [[Giorgio Vasari]] e [[Andrea del Sarto]], oltre a sculture di [[Guglielmo Della Porta]] e a un arazzo raffigurante il ''Sacrificio di Alessandro''<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 24-3124–31}}.</ref>.
[[File:Crucifix Masaccio.jpg|thumb|''Crocifissione'' di Masaccio, sala 3]]
 
La piccola sala 3 è interamente dedicata alla ''[[Crocifissione (Masaccio)|Crocifissione]]'' di Masaccio; questa non fa parte della collezione Farnese, ma è stata acquistata nel 1901 da un privato come opera di un ignoto fiorentino del Quattrocento e solo in seguito ritenuta essere lo scomparto centrale del ''[[Polittico di Pisa]]'' che Masaccio aveva realizzato per la [[Chiesa di Santa Maria del Carmine (Pisa)|chiesa del Carmine]] del [[Pisa|capoluogo pisano]], poi frazionato in vari pezzi<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2008|p. 350}}.</ref> conservati in altri musei europei e statunitensi<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 32}}.</ref>.
 
Nella sala 4 sono raccolti quattro disegni a [[carboncino]]: due di Michelangelo, uno di Raffaello e uno di [[Giovan Francesco Penni]]<ref>{{Cita|Sapio|ppp. 49-5149–51}}.</ref> appartenuto a Fulvio Orsini, ed ereditati, secondo testamento del membro della famiglia Farnese, da Ranuccio; le opere giunsero nella reggia di Capodimonte nel 1759, sotto [[Giuseppe Bonaparte]], poi trasferite al Regio Palazzo degli Studi, costituendo il nucleo principale del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe e infine riportate nuovamente nel palazzo di Capodimonte. Nella stessa sala una pittura attribuita a [[Hendrick van den Broeck]], ''[[Venere e Amore]]'', copia dell'omonimo carboncino di Michelangelo, esposto al suo fianco e oggetto di numerose repliche anche da parte di altri artisti<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 34-3734–37}}.</ref>.
 
Dalla sala 5 le opere sono disposte secondo un ordine cronologico e divise per ambiti culturali: tra quelle principali spiccano due tavole di [[Masolino da Panicale]], la ''[[Fondazione di Santa Maria Maggiore]]'' e l<nowiki>'</nowiki>''[[Assunzione della Vergine (Masolino)|Assunzione della Vergine]]'', elementi centrali di [[Pala Colonna|un trittico]] originariamente posto sull'altare maggiore della [[basilica di Santa Maria Maggiore]] a [[Roma]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 38}}.</ref>.
 
La sala 6 raccoglie dipinti sia della collezione farnesiana che borbonica di artisti [[Arte del Rinascimento|rinascimentali]] [[rinascimento umbro|umbro]]-[[rinascimento fiorentino|toscani]], i quali mostrano le novità pittoriche dell'epoca, come l'uso della [[prospettiva]]: ne fanno parte artisti quali [[Filippino Lippi]], [[Lorenzo di Credi]], [[Sandro Botticelli]]<ref>{{Cita|Utili|p. 9}}.</ref>, [[Raffaellino del Garbo]] e [[Raffaello]], con una sua opera giovanile ''[[Eterno tra cherubini e testa di Madonna]]'', opera principale della sala; si scosta dal tema predominante invece la tela di [[Francesco Zaganelli]], con il ''Cristo portacroce'', più vicino alla pittura di [[Dürer]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 40-4540–45}}.</ref>.
 
Dalla sala 8 ha inizio quella serie di stanze, affacciate lungo il lato occidentale del palazzo, che già nel XVIII secolo ospitarono i primi dipinti della collezione farnesiana: il soffitto della sala, insieme a quello delle sale 9 e 10, presenta ancora gli affreschi decorativi del XIX secolo, restaurati poi durante gli anni cinquanta del XX secolo; nell'ambiente si trovano esposte opere pittoriche dell'arte [[rinascimento veneto|veneta]] datate tra il XV e l'inizio del XVI secolo con artisti come [[Bartolomeo Vivarini]], [[Andrea Mantegna]] e [[Lorenzo Lotto]]<ref>{{Cita|Sapio|ppp. 61-6461–64}}.</ref>, tutte appartenenti alla collezione Farnese, mentre lavori di altri autori come [[Giovanni Bellini]] e [[Jacopo de' Barbari]] sono legati ad acquisti borbonici<ref>{{Cita|Utili|ppp. 10-1110–11}}.</ref>. Le tele mostrano tutte le innovazioni del periodo storico nel quale sono state dipinte, come la raffinatezza cromatica, l'uso della [[prospettiva aerea]] e il ruolo chiave della luce<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 50-5550–55}}.</ref>.
 
Nella sala 9 sono esposti lavori di [[Sebastiano del Piombo]], [[Giulio Romano]] e [[Daniele da Volterra]], a testimonianza della fervida stagione artistica romana del XVI secolo; nella stanza inoltre sono esposti tre dipinti, ''Madonna del Velo'' e ''Ritratto di Clemente VII con la barba'' di Sebastiano del Piombo e ''Ritratto di giovane'' di Daniele da Volterra, realizzati su [[ardesia]], una tecnica sperimentale utilizzata come alternativa alla tela e alle tavole<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 56-5956–59}}.</ref>. Interessante inoltre la [[Giudizio universale (Venusti)|copia]] da Michelangelo del ''[[Giudizio universale (Michelangelo)|Giudizio universale]]'' dipinta da [[Marcello Venusti]], testimonianza di come si presentava l'opera della [[cappella Sistina]] prima degli interventi di Daniele da Volterra atti a coprire quelle parti considerate indecenti<ref>{{Cita|Utili|p. 18}}.</ref>.
[[File:Sala 12 (Museo nazionale di Capodimonte) 002.JPG|thumb|left|La sala 12]]
 
La sala 10 raccoglie le pitture di artisti toscani realizzate nel primo quarto del XVI secolo: si tratta di [[Pontormo]], [[Rosso Fiorentino|Rosso]]<ref>{{Cita|Utili|p. 21}}.</ref>, [[Fra Bartolomeo]], [[Franciabigio]], [[Andrea del Sarto]], [[Domenico Puligo]] e [[Pieter de Witte]], artisti che apriranno le porte al [[manierismo]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 60-6560–65}}.</ref>.
 
La sala 11 raccoglie opere venete: in particolare le attività di un ormai maturo Tiziano come ''[[Danae (Tiziano Napoli)|Danae]]'', ''Ritratto di una giovinetta'' e ''Maddalena'', di un giovane Dominikos Theotokópoulos, meglio conosciuto come [[El Greco]]<ref>{{Cita|Bile|p. 13}}.</ref>, allievo di Tiziano e pittore di corte dei Farnese, e di [[Jacopo Palma il Vecchio]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 66-7166–71}}.</ref>. Del primo, degno di nota è ''[[Ragazzo che soffia su un tizzone acceso]]'', opera in forte chiave chiaroscurale, con evidenti accenti caravaggeschi.
 
La sala 12 raccoglie una delle più importanti collezioni di pittura [[rinascimento emiliano|emiliana]] del XVI secolo al mondo, frutto del collezionismo dei Farnese e delle confische ai danni di alcune famiglie piacentine e parmensi che avevano ordito una congiura contro Ranuccio Farnese; tra gli artisti: [[Correggio (pittore)|Correggio]], con i suoi temi sacri e mitologici e figure umane dalle forme morbide e dai colori tenui, [[Parmigianino]], uno dei protagonisti del manierismo italiano e di una pittura fatta di sperimentazioni<ref>{{Cita|Utili|p. 29}}.</ref>, [[Girolamo Mazzola Bedoli]], [[Benvenuto Tisi da Garofalo]], [[Dosso Dossi]], [[Lelio Orsi]]<ref>{{Cita|Utili|p. 34}}.</ref> e [[Ippolito Scarsella]], questi ultimi due dalla caratteristica vena favolistica e narrativa. Completano l'ambiente alcuni busti in marmo di [[scultura romana|epoca romana]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 72-7572–75}}.</ref>.
 
La sala 13 raccoglie quelle opere di artisti che lavorarono alla corte Farnese a Parma, un luogo in pieno fervore intellettuale durante quel periodo: in particolare si tratta di [[Jacopo Zanguidi]], meglio conosciuto come il Bertoja, con una ''Madonna col Bambino'', e [[Girolamo Mirola]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 86}}.</ref>, a cui si affiancano anche artisti stranieri come [[Jan Soens]]<ref>{{Cita|Bile|p. 17}}.</ref>.
[[File:Anima dannata 001.JPG|thumb|''Anima dannata'' di Giovanni Bernardino Azzolino, sala 14]]
 
La sala 14 è la Galleria delle Cose Rare, comunemente chiamata ''[[Wunderkammer]]'', ossia una sorta di stanza delle meraviglie che aveva il compito di affascinare e stupire i visitatori<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2008|p. 352}}.</ref>: accanto alle normali pitture essa raccoglie infatti quelle opere preziose e rare di quel che resta delle arti decorative della collezione Farnese, una volta ospitata nella Galleria Ducale di Parma<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 88}}.</ref>. Tra le opere presenti nella sala: il ''Cofanetto Farnese'', realizzato da [[Manno Sbarri]] con cristalli incisi da [[Giovanni Bernardi]]<ref>{{Cita|Sapio|p. 95}}.</ref>, bronzetti provenienti dalle varie scuole italiane ed europee come quelli del [[Giambologna]], altri dalla tipica fattura rinascimentale, come il ''David'' di [[Francesco di Giorgio Martini]] e il ''Cupido'' di Guglielmo Della Porta, e manieristici, monete, oggetti in avorio come un vassoio e una brocca di [[Johann Michael Maucher]], medaglie rinascimentali opera del [[Pisanello]], [[Matteo de' Pasti]] e [[Francesco da Sangallo]], smalti, tra cui uno che raffigura ''Diana cacciatrice'' di [[Jacob Miller il Vecchio]], [[maiolica di Urbino|maioliche di Urbino]], tra cui un servizio in maiolica blu appartenuto ad Alessandro Farnese, cristalli di rocca, microintagli lignei<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2008|ppp. 352-353352–353}}.</ref> e manufatti e reperti esotici come una ''Ranocchia'' in pietra dura proveniente dal [[Messico]] e la statuetta di ''Huitzilopochtli'', [[Huitzilopochtli|dio della guerra]] [[Aztechi|azteco]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 88-10188–101}}.</ref>.
 
La sala 15 raccoglie esclusivamente i dipinti del pittore fiammingo [[Jacob de Backer]]; si tratta di sette opere ritraenti i sette [[Vizi capitali|peccati capitali]], filone molto in voga nella cultura fiamminga del XVI secolo: al centro del dipinto è raffigurato il vizio e alle spalle scene del [[Nuovo Testamento|Nuovo]] e del [[Vecchio Testamento]]. Le opere sono acquistate da Cosimo Masi nelle [[Fiandre]] e confiscate nel 1611 da Ranuccio Farnese: arrivate a Napoli non godettero di molta fortuna, tant'è che vennero conservate nei depositi del palazzo degli Studi prima di essere cedute alla [[Camera dei deputati]] a Roma, per abbellire le pareti; tornarono a Napoli nel 1952, beneficiando di una nuova rivalutazione<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 102}}.</ref>.
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[[File:Pieter Bruegel the Elder - The Parable of the Blind Leading the Blind - WGA3511.jpg|thumb|left|''Parabola dei ciechi'' di Pieter Bruegel il Vecchio, sala 17]]
 
Nella sala 17 si trovano dipinti della [[Pieno Rinascimento fiammingo e olandese|zona fiamminga]] e [[Rinascimento tedesco|tedesca]]; in particolare sono esposti i due capolavori di [[Pieter Bruegel il Vecchio]], la ''[[Parabola dei ciechi]]'' e il ''[[Misantropo (Bruegel)|Misantropo]]'', rappresentanti due momenti della fase matura dell'artista<ref>{{Cita|Bile|ppp. 9-119–11}}.</ref>: acquistati da Cosimo Masi, segretario del principe Alessandro, e confiscati dai Farnese a un suo erede, Giovanni Battista Masi, nel 1611<ref name="Bile5"/>. Sono inoltre presenti dei trittici, come la ''Crocifissione'' e l<nowiki>'</nowiki>''Adorazione dei Magi'' di [[Joos van Cleve]], con ante mobili e ricchi di elementi decorativi, tant'è che sembrano riproporre elementi tipici dell'arte italiana, e un gruppo di quadretti del [[Herri met de Bles|Civetta]] che raffigurano paesaggi<ref>{{Cita|Bile|p. 8}}.</ref>, già citati negli inventari del marchese Girolamo Sanvitale: altri artisti esposti sono [[Jacob Cornelisz van Oostsanen]] e [[Bernard van Orley]], quest'ultimo con il ''Ritratto di Carlo V''<ref>{{Cita|Bile|p. 12}}.</ref>; la maggiore parte di queste tele sono parte della collezione Farnese grazie alle acquisizioni del cardinale Odoardo a partire dal 1641<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|pp. 108-113}}.</ref>.
 
La sala 18 è quasi interamente dedicata a [[Joachim Beuckelaer]]: non si conosce né quando né chi acquistò le opere, ma queste appartenevano sicuramente alla collezione Farnese di Parma già a partire dal 1587, come citato in alcuni inventari di famiglia, insieme a una quarantina di dipinti che appartenevano al duca Ottavio e a Ranuccio, in quel periodo in cui le [[natura morta|nature morte]] e le scene popolari come quelle di mercati e di campagne<ref>{{Cita|Bile|p. 15}}.</ref>, che le tele propongono, ottennero un grande successo in Italia. Unica opera che non appartiene a Beuckelaer è ''Gesù tra i fanciulli'', di [[Maarten de Vos]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 114}}.</ref>.
[[File:Joachim Beuckelaer Butcher Shop.jpg|thumb|''Bottega del macellaio'' di Joachim Beuckelaer, sala 18]]
 
Nella sala 19 sono in mostra le opere degli esponenti della famiglia [[Carracci]], ossia i fratelli [[Agostino Carracci|Agostino]] e [[Annibale Carracci|Annibale]], i maggiori esecutori per la famiglia Farnese, e il cugino [[Ludovico Carracci|Ludovico]]<ref>{{Cita|Sapio|ppp. 106-109106–109}}.</ref>: le loro tele sono condizionate dalle privazioni imposte dal [[Concilio di Trento]], anche se riescono a trovare una nuova soluzione artistica secondo cui l'artista deve avere una visione della realtà per far uscire la pittura italiana da quello stato di crisi<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 116}}.</ref>.
 
La sala 20 continua a raccogliere opere della scuola emiliana con [[Annibale Carracci]], questa volta presente con una pittura matura e ispirata ai miti greci come ''Rinaldo e Amida'' e l<nowiki>'</nowiki>''Allegoria fluviale'', [[Giovanni Lanfranco]] e [[Sisto Badalocchio]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|pp. 120-125}}.</ref>.
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La sala 22 è ancora dedicata alla pittura emiliana<ref name="Touring Club Italiano p. 353">{{Cita|Touring Club Italiano, 2008|p. 353}}.</ref>: l'opera principale è quella di ''[[Atalanta e Ippomene]]'' di [[Guido Reni]]<ref>{{Cita|Utili|p. 40}}.</ref>, a cui si accostano [[Giovanni Lanfranco]] e [[Michele Desubleo]]; tutti i dipinti presentano quelle tematiche e lo stile della nascente corrente barocca<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 128}}.</ref>.
 
Nella sala 24 sono raccolte pitture fiamminghe del '600 con artisti come [[Antoon van Dyck]] e il suo ''Cristo Crocifisso''<ref>{{Cita|Bile|p. 21}}.</ref>, acquistata da Diego Sartorio per millecinqucento [[Ducato (moneta)|ducati]], [[Pieter Paul Rubens]] e [[Daniel Seghers]]<ref>{{Cita|Bile|ppp. 19-2019–20}}.</ref>: si tratta di opere appartenenti alla collezione Farnese oppure acquisti successivi e che offrono un confronto tra le pittura italiana e quella olandese del periodo<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 134}}.</ref>.
[[File:Sala 20 (Museo nazionale di Capodimonte) 001.JPG|thumb|left|La sala 20]]
 
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[[File:Giuseppe maria crespi, sacra famiglia e santi, post 1712, su rame, Q347.JPG|thumb|''Sacra famiglia e santi'' di Giuseppe Maria Crespi, sala 30]]
 
Nella sala 29 sono ospitate opere di diversa provenienza e appartenute a differenti classi culturali, a dimostrazione che la famiglia Farnese, a causa di dissapori interni, non era più in grado di commissionare ad artisti quadri per la propria collezione; le più rappresentative della stanza sono di artisti di [[Genova]], città che visse tra il Cinquecento e il Seicento una buona stagione artistica: caratteristici gli olii su rame di [[Carlo Saraceni]] a tema mitologico e opere di [[Orazio de Ferrari]] e [[Giovan Battista Gaulli]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 148-151148–151}}.</ref>, mentre ''Paesaggio con la ninfa Egeria'' di [[Claude Lorrain]] proviene dalla collezione borbonica<ref>{{Cita|Bile|p. 22}}.</ref>.
 
La sala 30 conclude la collezione Farnese: in essa sono ospitate le opere di [[Sebastiano Ricci]]<ref>{{Cita|Sapio|p. 126}}.</ref>, veneziano del Seicento, uno dei pittori di casa Farnese a Parma che ha goduto della protezione di Ranuccio; nella sala anche ''Sacra Famiglia e santi'' di [[Giuseppe Maria Crespi]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|pp. 152-153}}.</ref>.
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====Armeria fernesiana e borbonica====
[[File:Salone Camuccini 002.JPG|thumb|Il Salone Camuccini]]
Nelle sale 46, 47, 48, 49 e 50 sono esposte le collezioni dell'Armeria farnesiana e borbonica: si tratta di circa quattromila pezzi il cui primo allestimento risale al 1958 e di cui conservano ancora l'aspetto originario<ref>{{Cita|Sapio|p. 153}}.</ref>. Della collezione farnesiana fanno parte armi per lo più di fattura milanese e bresciana, ma anche esempi spagnoli e tedeschi di armi da fuoco, taglio e difesa, armature da torneo e da guerra, pistole, spade, pugnali e archibugi, tra cui spicca l'''Armatura di Alessandro Farnese'' detta del Giglio, di [[Pompeo della Cesa]], e un fucile a ruota italiano appartenuto a Ranuccio Farnese. Della serie borbonica fanno parte armi da fuoco, alcune giunte da [[Madrid]] con Carlo di Borbone<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 214-219214–219}}.</ref>, altre di manifattura napoletana provenienti dalla [[Reale Fabbrica d'armi di Torre Annunziata]] per assolvere alle necessità dell'esercito borbonico, e armi da caccia realizzate per puro scopo ludico come un fucile a pietra focaia appartenuto a Maria Amalia<ref name="Guida355"/>. A queste si aggiungono armi donate a Carlo e Ferdinando come carabine e fucili di fattura [[Sassonia|sassone]], [[Vienna|viennese]] e spagnola, armi bianche prodotte sia dalla Real Fabbrica che dalla Fabbrica degli Acciai, quest'ultima posta nel [[parco di Capodimonte]] dal 1782: tra i realizzatori della opere Carlo la Bruna, Biagio Ignesti, Michele Battista, Natale del Moro ed Emanuel Estevan. Sono inoltre custodite armi di manifattura orientale e modellini da guerra utilizzati per la scuola di artiglieria<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2008|pp. 355-356}}.</ref>, armature italiane da giostra e guerre del Seicento, spade del XVI e XVIII secolo di cui una probabilmente appartenuta a [[Ettore Fieramosca]], armi da fuoco italiane ed europee del XVIII e XIX secolo<ref name="Guida355"/>. Particolare un modello in gesso raffigurante ''Carlo V'' di [[Vincenzo Gemito]]<ref name="Guida356"/>.
 
===Secondo piano===
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La sala 69, con le sue opere, mostra la stretta relazione che si instaura alla fine del XV secolo tra Alfonso II e la Toscana, ma anche come gli artisti umbri siano molto apprezzati in città: sono esposti lavori di [[Pinturicchio]] e [[Matteo di Giovanni]], artisti fondamentali anche per la formazione dei pittori locali come [[Francesco Cicino]], assiduo realizzatore di polittici tra cui spicca la ''Madonna col Bambino in trono e santi''<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|pp. 274-275}}.</ref>.
 
La sala 70 segna l'inizio del dominio spagnolo a Napoli all'inizio del XVI secolo: le opere ospitate dimostrano un importante maturazione dell'arte locale, qui rappresentata con artisti come [[Giovanni Filippo Criscuolo]] e [[Andrea Sabatini]]<ref>{{Cita|Sapio|ppp. 187-188187–188}}.</ref>, che si rifanno ancora alla pittura umbro-toscana mista al classicismo tipico di Raffaello, o comunque artisti che formatisi in altre zone d'Italia, come [[Cesare da Sesto]], presente nella stanza con ''Adorazione dei Magi'', farà da tramite per le innovazioni nella pittura partenopea<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2008|p. 358}}.</ref>; l'influsso spagnolo inoltre si risente con la pittura di [[Pedro Fernández (pittore)|Pedro Fernández]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 278}}.</ref>.
 
La sala 71 raccoglie un importante collezione di sculture in marmo del Cinquecento, produzione artistica in cui Napoli si distingue particolarmente con artisti come [[Girolamo Santacroce (scultore)|Girolamo Santacroce]] e [[Giovanni da Nola]]: si tratta di elementi decorativi di opere precedentemente ospitate nella [[chiesa di Santa Maria Assunta dei Pignatelli]] e quattro altorilievi dalle chiese di [[chiesa di Sant'Agnello Maggiore|Sant'Agnello Maggiore]] e di [[Chiesa di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli|Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 282}}.</ref>.
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[[File:Polidoro da Caravaggio Entierro de Cristo Museo di Capodimonte.jpg|thumb|''Deposizione'' di Polidoro da Caravaggio, sala 72]]
 
Il rapporto tra [[Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga]] e la Toscana crea un intenso scambio culturale tra Napoli e [[Firenze]] o [[Siena]], ben visibile nella sala 74 dove sono esposti artisti come [[Marco dal Pino]], allievo del [[Domenico Beccafumi|Beccafumi]], a lungo attivo in città, [[il Sodoma]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|ppp. 288-289288–289}}.</ref>, e, principalmente, [[Giorgio Vasari]], con la ''Cena in casa del fariseo'' e la ''Presentazione al Tempio''<ref>{{Cita|Sapio|p. 194}}.</ref>.
 
L'opera principale della sala 75 è l<nowiki>'</nowiki>''Annunciazione'' di Tiziano, raro esempio di pittura veneta a Napoli e originariamente collocata nella cappella Pinelli alla [[Chiesa di San Domenico Maggiore (Napoli)|chiesa di san Domenico Maggiore]]<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 292}}.</ref>. Caratteristica inoltre è la piccola sala denominata 75 bis con due dipinti a carattere devozionale, ossia ''Andata al Calvario'' di [[Giovanni Bernardo Lama]] e ''Pietà e santi'' di [[Silvestro Buono]], quest'ultima chiaramente ispirata ai pittori fiamminghi in voga a Napoli alla fine del XVI secolo<ref>{{Cita|Touring Club Italiano, 2012|p. 294}}.</ref>.
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==Collegamenti esterni==
* {{cita web|http://www.museocapodimonte.beniculturali.it/|Museo nazionale di Capodimonte - Sito ufficiale}}
* {{CulturaItalia}}