Preterintenzione: differenze tra le versioni

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Si collocano in questa linea interpretativa:
* la sentenza [[Corte Suprema di Cassazione|Cassazione]] penale, sez. V, 13 febbraio [[2002]], n. 13114 (in Cass. pen., 2003, p. 1561), caso Izzo: "l'elemento psicologico dell'omicidio preterintenzionale non è costituito da dolo misto a colpa, ma unicamente dalla volontà di infliggere percosse o provocare lesioni, a condizione che la morte dell'aggredito sia causalmente conseguente alla condotta dell'agente, il quale dunque risponde per fatto proprio, sia pure in relazione ad un evento diverso da quello effettivamente voluto, che, per esplicita previsione legislativa, aggrava il trattamento sanzionatorio";
* la sentenza Cassazione penale, sez. V, 2 ottobre [[1996]], n. 9197 (Cass. pen., 1997, p. 2715), caso Paletti, "la corretta interpretazione dell'art. 584 c.p. impone di ritenere che per integrare in tutti i suoi estremi il delitto di omicidio preterintenzionale è sufficiente il rapporto di causalità tra la condotta di aggressione (atti diretti a percuotere o ledere) e l'evento morte non essendo necessaria la prevedibilità di quest'ultimo, e che quindi l'art. 584 c.p. prevede un caso di dolo misto a responsabilità oggettiva";
* la sentenza Cassazione penale, sez. V, 20 novembre [[1988]] (in Cass. pen., [[1989]], p. 999), caso Zeni, "per la sussistenza del delitto di omicidio preterintenzionale è sufficiente che esista un rapporto di causa ad effetto tra gli atti diretti (anche nella forma del tentativo o semplicemente di atteggiamento aggressivo o minaccioso) a percuotere o a ledere e la morte, indipendentemente da ogni indagine sulla volontarietà, sulla colpa o sulla prevedibilità dell'evento più grave";
*la sentenza Cassazione penale, sez. I, 30 giugno [[1986]] (in Giust. pen., [[1987]], II, p. 720), caso De Nunzio: "l'omicidio preterintenzionale richiede che l'autore della aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ad effetto tra i predetti atti e l'evento letale senza la necessità che la serie causale che ha prodotto la morte, rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o lesioni volute dall'agente. E ciò senza prescindere, tuttavia, dall'elemento psicologico che si concreta nella volontà e previsione di un evento meno grave di quello verificatosi in concreto poiché si tratta, pur sempre, di un reato doloso in cui si introduce una componente fortuita che prescinde da ogni indagine di volontarietà, colpa o di prevedibilità dell'evento più grave".
 
In tutta questa giurisprudenza, si afferma che accertata la sussistenza di tutti i requisiti del reato base, sarà sufficiente la mera presenza del nesso di causalità fra la condotta del reato posto in essere e il più grave reato verificatosi, perché di questo possa rispondersi a titolo di preterintenzione.