Papa Innocenzo XIII: differenze tra le versioni

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Innocenzo XIII confermò la condanna dei [[Controversia dei riti malabarici|riti malabarici]] e dei [[Controversia dei riti cinesi|riti cinesi]] emessa dal predecessore [[Clemente XI]]. I [[Gesuiti]] furono i più danneggiati da tale proibizione. Il generale dell'Ordine, padre [[Michelangelo Tamburini]], ricevette il 13 settembre [[1723]] dal segretario della Congregazione di [[Propaganda Fide]], Pier Luigi Carafa juniore ([[1677]]-[[1755]]), un precetto formale con il quale si vietò l'ulteriore ammissione nella Compagnia di Gesù di [[noviziato|novizi]] nonché l'invio di missionari nelle [[Indie Orientali]] fino a quando non fosse stata dimostrata l'obbedienza dei gesuiti alle proibizioni dei riti cinesi pubblicate da Clemente XI<ref name=kelly700>John N.D. Kelly, ''Gran Dizionario Illustrato dei Papi'', p.&nbsp;700</ref>, in particolare con la Bolla ''Ex illa die'' del 19 marzo [[1715]]. Innocenzo XIII si convinse della bontà del resoconto del [[legato pontificio]] [[Carlo Ambrogio Mezzabarba]], secondo il quale i gesuiti residenti presso la corte imperiale di [[Pechino]] avrebbero istigato l'imperatore [[Kangxi]] a far imprigionare i missionari inviati dalla Congregazione di Propaganda Fide.
 
Interrotto da 25 anni il Capitolo generale della [[Famiglia francescana]]<ref>Giuseppe de Novaes, ''Elementi della storia de' sommi pontefici'', 1806, vol. XIII, p. 34.</ref> il papa decise di riunirlo a Roma. Intervenne all’apertura e presiedette all'elezione del Ministro generale. Il capitolo si riunì nel convento dell’Ara Coeli e terminò il 15 maggio 1723.Nello stesso anno consacrò la chiesa di Santa Maria della Presentazione di [[Vignanello]], in [[provincia di Viterbo]].
 
Il 23 marzo 1723 pubblicò la [[costituzione apostolica]] ''Apostolici ministerii'' sulle funzioni sacerdotali e la disciplina ecclesiastica. Il provvedimento fu emesso dietro le sollecitazioni di alcuni vescovi spagnoli, preoccupati del rilassamento dei costumi del clero iberico, sia secolare che regolare<ref>Giuseppe de Novaes, ''op. cit.'', p. 37.</ref>.