Madonna del Voto: differenze tra le versioni

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Nel Trecento la sua fama di opera miracolosa le valse l'appellativo di "Madonna delle Grazie" e nell'anno 1400 [[Francesco Vanni|Francesco]] e [[Andrea Vanni]] l'arricchirono di una [[predella]] con al centro lo ''Sposalizio della Vergine'' e almeno una ''Storia di san Bonifacio'', santo che doveva comparire a lato di Maria, tra gli scomparti dell'ipotetico polittico.
 
Nel corso del XV secolo l'usanza di offrirle ex-voto tondeggianti che le erano appesi intorno le valsero il nome di ''Madonna dagli occhi grossi'', da non confondere con un'[[Madonna dagli occhi grossi|altra opera]] pure in Duomo del [[Maestro di Tressa]] (oggi al [[Museo dell'Opera del Duomo (Siena)|Museo dell'Opera deldella DuomoMetropolitana]]).
 
Nel [[1455]] fu autorizzato di segare via le parti laterali e la predella per portare l'immagine in processione e inserirla in un tabernacolo marmoreo nella cappella dell Madonna costruita nel [[1447]]. Solo dal [[1630]], per ringraziamenmto per la fine della peste, l'immagine iniziò ad essere nota come "Madonna del Voto". Nel [[1659]] la cappella fu distrutta e la Madonna collocata alla parete, ma solo fino al [[1662]], quando trovò una collocazione più degna e definitiva nella cappellaCappella dellintitolata all'Immacolata, commissionata da [[papa Alessandro VII]] [[Chigi]] nel [[1660]] e rimasta in patronato alla nobile famiglia Chigi fino alla fine del Novecento. L'immagine della Madonna del Voto è considerata la principale e più venerata icona mariana della Città e dell'Arcidiocesi di Siena; ad essa è tributato il titolo di ''Advocata Senensium.''
 
Dal punto di vista critico, l'opera non ha goduto di particolare attenzione finché [[Edward Garrison|Garrison]], notandone il buono stato conservatiovo libero da ridipinture, non la pubblicò nel [[1949]]. Stubblebine, nel 1964, la datàdatò agli anni ottanta del Duecento, riferendola a [[Guido da Siena]]. La confusione con la ''[[Madonna dagli occhi grossi]]'' del [[Maestro di Tressa]] fu chiarita solo nel 2003.
 
Fu poi [[Luciano Bellosi]], nel 1991, a riferire l'opera a Dietisalvi di Speme, artista messo a fuoco proprio nei suoi studi come caposcuola della scuola senese del Duecento.