Emulsione fotografica: differenze tra le versioni

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{{S|fotografia}}
L''''emulsione fotografica''' è un materiale fotosensibile collocato su supporti diversi come pellicola (poliestere, acetato di cellulosa o nitrato di cellulosa), carta, vetro e tessuto. In [[fotografia]] si parla di emulsione solo in un contesto di [[fotografia analogica]], ovvero a quella tradizionale esistente prima della [[fotografia digitale]] o più precisamente della fotografia ricavata da un processo esclusivamente [[Fotochimica|fotochimico]].
 
Costituita da cristalli fotosensibili (come gli alogenuri d'argento o bromuro d'argento) sospesi in una gelatina, l'emulsione ha la proprietà di essere "impressionata" da una fonte luminosa producendo una [[immagine latente]], che sarà visibile e stabile solo dopo aver subito un procedimento chimico compiuto su qualsiasi supporto emulsionato, processo chiamato [[sviluppo fotografico]]<ref>Fu [[William De Wiveleslie Abney]] fotografo e scienziato britannico a rendere possibile un'emulsione rapida per la fotografia istantanea e che nel [[1880]] presentò l' [[idrochinone]] come "rivelatore" fotografico </ref><ref>{{cita web|url=https://www.britannica.com/biography/Sir-William-de-Wiveleslie-Abney#ref1055793|titolo=Sir William De Wiveleslie Abney|accesso=22 giugno 2017}})</ref>.
 
Mentre in chimica l'"emulsione" viene definita una dispersione, più o meno stabile, di un fluido sotto forma di minutissime goccioline o bollicine (fase dispersa) in un altro fluido non miscibile (quindi due fluidi), in fotografia il termine non si applica a due fluidi, bensi ad una sospensione di particelle solide ([[Alogenuro d'argento|alogenuri d'argento]]) in un fluido («soluzione di gelatina»)<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/emulsione/|titolo=Emulsione|accesso=22 giugno 2017}})</ref>.
 
== Note ==