Pensiero di Agostino d'Ippona: differenze tra le versioni

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{{Torna a|Agostino d'Ippona}}
Il '''pensiero di [[Agostino d'Ippona]]''', che ha avuto una notevole influenza nella [[storia della filosofia]], rappresenta quella concezione [[teologia cristiana|teologica cristiana]] nota come '''agostinismo'''.
 
==Il pensiero teologico e filosofico==
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Per comprendere il pensiero di Agostino non si può prescindere dal suo vissuto esistenziale: egli cercò sempre di conciliare l'atteggiamento contemplativo con le esigenze della vita pratica e attiva. Poiché visse spesso drammaticamente il conflitto tra i due estremi, il suo pensiero consistette nel tentativo grandioso di tenere uniti la [[ragione]] e il [[sentimento]], lo [[spirito (filosofia)|spirito]] e la [[carne (Bibbia)|carne]], il [[paganesimo|pensiero pagano]] e la [[fede cristiana]].
 
Fu proprio l'insoddisfazione per quelle dottrine che predicavano una rigida separazione tra [[bene (eticafilosofia)|bene]] e [[male]], tra [[luce]] e tenebre, a spingerlo ad abbandonare il [[manicheismo]], e a subire l'influsso dapprima dello [[stoicismo]]<ref>«L'aggancio con le dottrine stoiche in Agostino è mediato attraverso [[Cicerone]] e [[Varrone]]», dai quali egli riprende, tra le altre cose, l'idea della [[felicità]] come scopo della filosofia (Luigi Manca, ''Il primato della volontà in Agostino e Massimo il Confessore'', p. 57, Roma, Armando editore, 2002 ISBN 88-8358-385-X). Sull'influsso dello [[stoicismo]] sul giovane Agostino, che se ne discosterà soltanto nella vecchiaia, cfr. anche ''[http://mondodomani.org/teologia/piccolo2011.htm L'originalità del Verbum nel De Trinitate di Agostino d'Ippona]'', articolo di Gaetano Piccolo, Mondodomani, 2011.</ref> e poi soprattutto del [[neoplatonismo]], i quali viceversa riconducevano il [[dualismo]] in [[Uno (filosofia)|unità]], così che oggi gli studiosi concordano sul fatto che la filosofia agostiniana è sostanzialmente di stampo [[neoplatonismo|neoplatonico]].<ref>[[Werner Beierwaltes]], ''Agostino e il neoplatonismo cristiano'', prefazione e introduzione di Giovanni Reale, traduzione di Giuseppe Girgenti e Alessandro Trotta, Milano, Vita e pensiero, 1995</ref> Ciò significa che Agostino recepì il pensiero di [[Platone]] filtrato attraverso quello di [[Plotino]].<ref>Gli studi del professor [[Giovanni Reale|Reale]] ad esempio hanno contribuito a rimuovere le interpretazioni medievali del pensiero di Agostino, riconducendolo entro la cornice di un autentico neoplatonismo (cfr. edizione delle ''Confessioni'' curata e tradotta da Giovanni Reale, Bompiani, per la collana «[[Il pensiero occidentale]]», 2012, recensita dall'articolo ''[http://www.corriere.it/cultura/12_dicembre_07/elzeviro-torno-sant-agostino-erede-platone_0309b0ca-405e-11e2-abcd-38132480d58e.shtml Sant'Agostino erede di Platone]'').</ref>
 
Rispetto a questi ultimi tuttavia egli introdusse alcuni concetti nuovi marcatamente [[religione|religiosi]] e attinenti in particolare alla fede cristiana: sostituì ad esempio la teoria della [[Anamnesi (filosofia)|reminiscenza]] delle [[Idea|Idee]] con quella dell'[[illuminazione (cristianesimo)|illuminazione]] divina; o ancora, concepì la creazione dell'universo non semplicemente come un processo ''necessario'' tramite il quale Dio (plotinianamente) si manifesta e produce se stesso, ma come un ''libero'' atto d'[[amore]], tale cioè che si sarebbe anche potuto non realizzare. E soprattutto, il Dio di Agostino non è quello impersonale di Plotino, ma è un Dio vivente che si è fatto uomo.<ref>Heinz Heimsoeth, ''I grandi temi della metafisica occidentale'', pp. 110-111, Milano, Mursia, 1973.</ref> All'amore ascensivo proprio dell<nowiki>'</nowiki>''[[eros (filosofia)|eros]]'' greco, egli avvertì così l'esigenza di affiancare l'amore discensivo di Dio per le sue creature, proprio dell<nowiki>'</nowiki>''[[agape]]'' cristiano.<ref>Agostino utilizza il termine latino ''[[Carità|caritas]]'' per indicare l<nowiki>'</nowiki>''agape'' cristiano, ad esempio in ''Meditazioni'', V, 4, o nel ''Commento al Vangelo di Giovanni'', 65, 1, dove parla dell'[[amore]] come attributo di Dio, e non più solo dell'uomo, che «ci rinnova, rendendoci uomini nuovi, eredi del Testamento Nuovo, cantori del cantico nuovo» (''[http://www.augustinus.it/italiano/ Opere di sant'Agostino]'', a cura di Agostino Trapè, Nuova Biblioteca Agostiniana [= NBA], Città Nuova, p. 1141).</ref>
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Sarebbe d'altronde impossibile indagare le ragioni per cui Dio interviene a favore di alcuni e non di altri, perché noi non abbiamo titoli per criticare Dio. Agostino si rifà in proposito alle parole di [[Paolo di Tarso]]: «O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? ''Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: "Perché mi hai fatto così?"''. Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare?».<ref>Paolo di Tarso, ''[[Lettera ai Romani]]'', II, 20-21.</ref>
 
Fondamento della libertà umana è dunque per Agostino la [[Grazia divina]], perché solo con la grazia l'uomo diventa capace di dare attuazione alle proprie scelte morali. Va distinto in proposito il [[libero arbitrio]], che è il desiderio di scegliere in linea teorica tra il bene e il male, dalla [[libertà]], che è invece la volontà di mettere in pratica queste scelte.<ref>Distinguendo la volontà di fare il bene dalla capacità effettiva di realizzarlo, Agostino si rifà ancora alle parole di [[Paolo di Tarso]]: «C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; io infatti non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me» (Paolo, ''Lettera ai Romani'', VII, 18-20).</ref> Qui si inserirà anche la polemica degli ultimi anni di Agostino contro [[Pelagio]]: essendo l'uomo corrotto dal [[peccato originale]] di [[Adamo]], e quindi magari animato da buone intenzioni ma facilmente preda di tentazioni malvagie, Dio non solo interviene per illuminare l'uomo su cosa è il [[bene (eticafilosofia)|bene]], ma anche per infondergli la volontà effettiva di perseguirlo.<ref>Volontà che altrimenti resterebbe dilaniata e come sdoppiata in se stessa: «Non è un'assurdità quella di volere in parte e in parte non volere; è piuttosto una malattia dello spirito, sollevato dalla verità ma non raddrizzato del tutto perché accasciato dal peso dell'abitudine» (Agostino, ''Confessioni'', 8, 9, 21, ''Opere di Sant'Agostino'', NBA, I, 241, Città Nuova, 1965).</ref>
{{vedi anche|pelagianesimo}}
===Il problema del tempo===
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===La visione escatologica della storia===
{{vedi anche|La città di Dio}}
Agostino fu il primo filosofo a introdurre la [[storia]] nella [[filosofia]], una dimensione ignota al pensiero greco. Egli si appropriò della concezione [[escatologia|escatologica]] dell'[[Antico Testamento]], secondo cui Dio si serve della storia per realizzare i propri progetti di redenzione. Nel [[filosofia greca|pensiero greco]] era certamente presente l'idea della contrapposizione tra [[bene (eticafilosofia)|bene]] e [[male]], ma era assente la nozione del [[peccato]], per cui non c'era una visione lineare della storia (come percorso di riscatto verso la salvezza),<ref>Tra gli altri, [[Heidegger]] ha evidenziato come la [[filosofia greca]] fosse incapace di pensare il concetto cristiano dell'''[[escatologia|eschaton]]''.</ref> e il mondo era concepito soltanto in forma [[eterno ritorno|ciclica]].<ref>«In epoca cristiana l'antica idea della ciclicità della storia del mondo si evolve in quella di una dimensione lineare [...]. Con l'ammissione del tempo lineare e della sua data centrale, sono di massima escluse dalla coscienza cristiana antiche concezioni, quale per esempio quella dell'intero ritorno di tutte le cose» (Ernst G. Hoffmann, ''Platonismo e filosofia cristiana'', trad. it., Bologna, Il Mulino, 1967, p. 158 [Stuttgart-Zürich, 1960]).</ref> Agostino invece ebbe presente come la lotta tra bene e male si svolge soprattutto nella storia. Ciò significa che Dio interviene attivamente nella vita terrena degli uomini, interessandosi a loro per [[educazione|educarli]] e liberarli dalle catene della corruzione.
 
Secondo Agostino, si possono identificare due città, ovvero due comunità fondamentali in cui sono riuniti gli esseri umani: la città di Dio, cioè la comunità di coloro cui la [[prescienza]] divina ha accordato la fede in virtù della sua grazia, e che saranno destinati a salvarsi e risorgere. E la città degli uomini, ovvero la comunità governata dall<nowiki>'</nowiki>''amor sui'' (dall'amore di sé)<ref name="14-28" >[http://archive.is/20121021115646/http://www.primociarlantini.it/Analitico.aspx?CitChiave=CD----014-028000000 ''De Civitate Dei'', 14, 28].</ref> e delle ricchezze terrene, opposta alla prima. Sebbene scelga come simboli [[Gerusalemme]] e [[Roma]], cioè la [[Chiesa cattolica|Chiesa]] e l'[[Impero Romano]], Agostino non identifica mai la città di Dio con la Chiesa (perché anche in essa convivono buoni e cattivi), né fa coincidere la città terrena con uno stato preciso. Fu questa tuttavia l'interpretazione che allora prevalse tra gli esegeti dell'opera agostiniana, secondo cui la città di Dio è rappresentata sulla terra dalla Chiesa come comunità dei credenti animati dall<nowiki>'</nowiki>''amor Dei'',<ref name="14-28" /> mentre la città degli uomini venne identificata in tutto e per tutto con Roma e con il suo impero.
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Agostino fece riflessioni anche sulle passioni e sui desideri dell'uomo; egli affermava che, esistendo volontà in tutte le passioni, le passioni altro non sono che la volontà stessa. I vari sentimenti umani non sono altro che l'espressione e la manifestazione della nostra volontà; tale legame fra volontà e sentimenti è testimoniato dal sentimento più forte, ovvero l'amore. Agostino intende l'amore come il ''motore della volontà'', la tendenza naturale dell'uomo ad ottenere un certo bene, e tale tendenza è continua e costante: non esiste, infatti, una sola azione dell'uomo che non sia generata da tale tendenza. Dunque, se la volontà è ciò che più di ogni altra cosa caratterizza l'uomo, egli affermava, ''l'uomo è ciò che ama''. Il problema morale proposto da Agostino dunque riguardava il ''cosa'' amare, e non il ''perché'' amare o ''se'' amare. A questa domanda, Agostino rispondeva che, tra le infinite cose che si possono amare, si possono distinguere due ''vie'' d'amore: l'amore per le creature, che porta al disprezzo del Creatore, e l'amore per il Creatore, che porta al disprezzo delle creature. Il punto centrale della morale agostiniana è proprio la "carità" (dal [[lingua latina|latino]] ''charitas''), intesa nel senso originale di ''amore'', che deve tendere verso Dio, poiché Dio stesso ne è sorgente; infatti, se la volontà procede naturalmente verso un qualche bene, seppur basso, dunque deve e può procedere verso Colui che è il Bene Assoluto, poiché il Bene Assoluto richiama l'amore come l'amore richiama il Bene Assoluto stesso. Riassumendo in una frase il pensiero morale di Agostino, egli stesso dice:{{citazione|[...] Dunque, una volta per tutte, ti viene proposto un breve precetto: '''ama, e fa ciò che vuoi.''' Se tu taci, taci per amore: se tu parli, parla per amore; se tu correggi, correggi per amore; se tu perdoni, perdona per amore. Sia in te la radice dell'amore; e da questa radice non può derivare se non il bene. [...]|Agostino d'Ippona, ''"In epistolam Ioannis ad Parthos"'', discorso VII, 8}}
 
L'[[amore]], a cui Agostino si dedicò in particolare durante i suoi anni di vescovato, tende per natura ad unire, cioè all'[[Uno (filosofia)|Uno]]. La ''radice dell'amore'', quindi, è l'unione con Dio attraverso la quale nasce e si nutre l'amore, che, ponendosi come centro della morale e della volontà, non può che generare il [[bene (etica)|bene]].
 
=== La metafora dell'esercito ===