Manlio Brosio: differenze tra le versioni

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Durante la [[seconda guerra mondiale]], dopo l'[[armistizio di Cassibile]] del 1943, entrò nella [[resistenza italiana|resistenza]], diventando membro della giunta militare del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]]<ref name="Sapere">Fonte: ''Sapere.it'', riferimenti in Collegamenti esterni.</ref> come delegato del [[Partito Liberale Italiano]] insieme con [[Giorgio Amendola]] ([[Partito Comunista Italiano|PCI]]), [[Riccardo Bauer]] ([[Partito d'Azione|PdA]]), [[Giuseppe Spataro]] ([[Democrazia Cristiana|DC]]), [[Sandro Pertini]] ([[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria|PSIUP]]) e [[Mario Cevolotto]] ([[Democrazia del Lavoro|DL]]). In particolare, tra le sue competenze (non avendo il PLI [[Brigata partigiana italiana|formazioni partigiane]] di partito) vi era quella di tenere i contatti con il [[Fronte militare clandestino]] del colonnello [[Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo|Cordero Lanza di Montezemolo]].
 
Nel [[1944]], per breve tempo, fu anche segretario politico del [[Partito Liberale Italiano]]. Al termine della guerra fu [[ministro senza portafoglio]] nei [[governo Bonomi I|governi Bonomi I]] e [[governo Bonomi II|II]]<ref name="Treccani"/>, vice presidente del consiglio nel [[governo Parri]]<ref name="Treccani"/> con delega per la [[Consulta Nazionale]], e ancora ministro, stavolta della Guerra, nel [[governo De Gasperi I|primo esecutivo]] guidato da [[Alcide De Gasperi]]<ref name="Treccani"/>. Dopo il [[ Referendum istituzionale del 1946|referendum istituzionale del 2 giugno 1946]], nel quale si era espresso in favore della Repubblica, uscì dal [[Partito Liberale Italiano|PLI]] che si era schierato a maggioranza per la Monarchia<ref>Indro Montanelli e Mario Cervi, ''L'Italia della guerra civile'', Milano, Rizzoli, 2001, p. 386: «Vi fu maretta anche nel congresso liberale, sia per le polemiche tra fautori e avversari della Repubblica - questi ultimi, in minoranza, contavano su nomi di spicco come Brosio e [[Nicolò Carandini|Carandini]] - sia per la dissidenza di alcuni elementi della sinistra che se ne andarono [...] I monarchici prevalsero anche sugli agnostici alla [[Benedetto Croce]]...»</ref>.
 
Nel [[1947]] intraprese la sua carriera di diplomatico<ref name="Sapere"/> con la nomina ad [[Ambasciata d'Italia in Russia|ambasciatore]] a [[Mosca (Russia)|Mosca]]; nel [[1952]] passò a [[Londra]]<ref name="Treccani"/>, dove sottoscrisse il noto [[Memorandum di Londra|Memorandum d'intesa su Trieste]], per poi trasferirsi a [[Washington (distretto di Columbia)|Washington]] ([[1955]]), dove subentrò ad [[Alberto Tarchiani]] e [[Parigi]], in cui rimase dal [[1960]] fino a che, il 1º agosto del [[1964]], divenne segretario generale della [[NATO]]<ref name="Treccani"/> (primo italiano a ricevere tale incarico), carica che mantenne fino al 1º ottobre del [[1971]].
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{{Box successione
|tipologia = incarico diplomatico
|carica = [[Ambasciatore d'Italia negli Stati Uniti d'America|Ambasciatore italiano negli Stati Uniti d'America]] [[File:{{simbolo|US flag 48 stars.svg|30px]]30}}
|periodo = [[1955]] - [[1961]]
|precedente = [[Alberto Tarchiani]]