Castello Cantelmo (Alvito): differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Collegamento a pagine d interesse
Etichette: Modifica visuale Modifica da mobile Modifica da web per mobile
FrescoBot (discussione | contributi)
m Bot: Wikipedia:Specificità dei wikilink e modifiche minori
Riga 23:
==== Il primo feudo alvitano ====
{{Vedi anche|Terra di San Benedetto|Principato di Capua}}
Nel corso dell'[[XI secolo]] ''Sant'Urbano'' cadde definitivamente in rovina. Già dal 1096 tutto il territorio che spettava alla città si indicava ormai come pertinenza di ''Monte Albeto'',<ref>AAMC in Antonelli a p. 113.</ref> un nuovo nome che si era imposto dopo l'invasione normanna.<ref>''Chronicon Volturnense'', I, p. 231.</ref> Ciò lascia supporre che, decaduta la città, la vita civile si svolgesse in nuovi centri sorti sulle pendici del ''Monte Morrone'' oppure che non vi fosse più nessuna fortificazione.<ref>Antonelli D., ''Alvito dalle origini'', cit., p. 116.</ref> La perdita dell'unità amministrativa cassinate rischiava di sciogliere l'organizzazione territoriale del fondo, in particolare il sistema economico che aveva per vertice i possedimenti di [[Montecassino]] e così l'abbazia provvide ad infeudare l'area ai [[d'Aquino (famiglia)|d'Aquino]]. La famiglia campana, che si era insediata nella media [[Valle del Liri|valle]] [[Valle del Liri|del]] [[Valle del Liri|Liri]], ottenne dall'abate [[Papa Vittore III|Desiderio]] di Montecassino, nell'ambito di una ripianificazione territoriale della Terra Sancti Benedicti, alcuni terreni a [[Settefrati]] (''Pietrafitta'') e a [[Posta Fibreno]] (''La Posta''), in cambio di [[Piedimonte San Germano]]<ref>Castrucci F.S., ''Cenni storici su Alvito e il suo castello'', Tipografia di Casamari, Veroli 1994, pp. 24-25.</ref> e per rafforzare il controllo benedettino, ebbe anche in dotazione in un nucleo di abitazioni sul ''Colle del Albeto'', fino ad allora appartenuto alla ''[[Civita di Sant'Urbano]]'', che gli Aquinati avrebbero dovuto possedere per una sola generazione. Costoro erano già stati tra i più convinti oppositori dei monaci benedettini, perché mal avevano tollerato l'attività politica della sede abbaziale a [[Cassino]], finché non furono costretti a sottomettersi ai cassinati, quando alcuni abati riuscirono ad assoggettare militarmente la quasi totalità della [[contea di Aquino]], già alla fine del [[X secolo]].<ref>Esilio di Teano. Abbate Mansone. Dell'Omo M., ''Montecassino. Un'abbazia nella storia'', Arti Grafiche Amilcare Pizzi, Cinisello Balsamo 1999, p. 33-34.</ref> [[File:Victor III. - Desiderius of Montecassino.jpg|thumb|[[Desiderio di Montecassino|Desiderio]] nell'atto di donare a [[San Benedetto]] i beni temporali e i libri di [[Montecassino]] (particolare da una miniatura cassinense)<ref>Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Vat. lat. 1202 (anno 1075), ''Lezionario'', f. 2r.</ref>]] E asserviti alla causa benedettina, la nuova infeudazione alvitana costituì uno degli interventi periferici nella politica di riorganizzazione della [[Terra di San Benedetto]] e delle proprietà di confine. Tale Adenolfo d'Aquino beneficiò dei nuovi possedimenti. Egli ottenne un nucleo urbano composto da più di 120 famiglie di coloni e coi terreni che lavoravano, che avrebbe però dovuto cedere con la sua morte, senza possibilità di farne un'eredità, il primo nucleo del castello di [[Alvito (Italia)|Alvito]].<ref>Castrucci S. F., ''ibidem''.</ref> ''Sant'Urbano'' però, già in decadenza, perdeva anche l'unità amministrativa patrimoniale e l'incastellamento che aveva incoraggiato Desiderio fu disturbato da un nuovo fondo che ne assorbì la vitalità economica e urbana.
 
==== L'incastellamento di ''Albeto'' ====