Carlo Michelstaedter: differenze tra le versioni

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== La vita ==
Carlo Raimondo Michelstaedter nasce a [[Gorizia]] il [[3 giugno 1887]], ultimo di quattro figli da un'agiata famiglia di origini ebraiche. Il padre, Alberto, dirige l'ufficio goriziano delle [[Assicurazioni Generali]] ed è presidente del [[Gabinetto di Lettura goriziano]]. È un uomo colto, autore di scritti letterari e di conferenze, rispettoso delle usanze tradizionali ebraiche, ma solo formalmente, per rispetto borghese: egli è, anzi, un laico, un «tipico rappresentante della mentalità materialistica dell'Ottocento» (P. Michelstaedter-Winteler, ''Appunti per una biografia di Carlo Michelstaedter''). L'ebraismo non sembra quindi incidere molto sulla formazione culturale di Carlo, che scoprirà solo più tardi e con non poca meraviglia di avere un antenato cabbalista (il bisnonno [[Isacco Samuele Reggio]], 1784-1855, di cui Michelstaedter parla nell’''Epistolario'').
Iscritto al severo ''Staatsgymnasium'' cittadino, fa propria la rigida ''Bildung'' absburgica. Fra estenuanti versioni dal greco e dal latino il giovane Michelstaedter ha i primi approcci con la speculazione filosofica. A iniziarlo sono il suo professore di filosofia, [[Richard von Schubert-Soldern]], fautore del [[solipsismo]] gnoseologico, secondo il quale tutto il sapere va ricondotto alla sfera del soggetto; e l'amico Enrico Mreule, ex compagno di classe, che gli fa conoscere [[Il mondo come volontà e rappresentazione]], di cui resterà traccia soprattutto ne [[''La persuasione e la rettorica'']]. Nella soffitta di Nino Paternolli, oltre a [[Schopenhauer]], leggerà e discuterà, con gli amici Nino e Rico, i tragici e i [[presocratici]], [[Platone]], il [[Vangelo]] e le [[Upanishad]]; e poi ancora [[Petrarca]], [[Leopardi]], [[Tolstoj]], e l'amatissimo [[Ibsen]].
Conclusi nel [[1905]] gli studi ginnasiali, Carlo progetta di iscriversi a [[giurisprudenza]]; in seguito abbandona l'idea e si iscrive alla facoltà di matematica dell'università di [[Vienna]]. Ma l'anima è già – per dirla con [[Leopardi]] – «nel primo giovanil tumulto» verso un altrove ch'egli non riesce a riconoscere nella ferrea logica matematica. Il suo talento artistico, l'amore per il Bello e il desiderio di rimanere a contatto con l'amata [[Italia]] - che sente come sua vera patria - lo spingono verso la letteratura. Si iscrive quindi al corso di lettere dell'[[Istituto di Studi Superiori]] di [[Firenze]], città in cui vivrà per quasi quattro anni e dove conoscerà, fra gli altri, [[Gaetano Chiavacci]], futuro curatore delle sue ''Opere'', e [[Vladimiro Arangio-Ruiz]], che diventerà in seguito un noto filosofo accademico. Continua a ritrarre, fra tratto espressionistico e schizzo caricaturale, la varia umanità in cui s'imbatte, sia nei mesi di studio che nei periodi di vacanza al mare e in montagna: professori, bagnanti, pescatori, gente comune, tutti stilizzati plasticamente, senza alcuna superfluità esornativa, grazie a uno sguardo fine e appassionato.
Scrive moltissimo, in modo quasi ossessivo, dalle lettere ai familiari (in particolare alla sorella Paula) alle recensioni di drammi teatrali. Nel 1909 un evento luttuoso segna, forse in modo decisivo, la sua vita: la morte, probabilmente per suicidio, del fratello Gino (di dieci anni più vecchio), emigrato a [[New York]]. Due anni prima si era suicidata anche una donna da lui amata, [[Nadia Baraden]]. Nell'ottobre dello stesso anno l'amico [[Enrico Mreule]] parte per l'[[Argentina]]. Questa partenza è segnata da un evento significativo, una sorta di passaggio del testimone: Carlo si fa consegnare da Rico la pistola che portava sempre con sé. Tra il [[1909]] e il [[1910]], completati gli esami, ritorna a [[Gorizia]] e inizia la stesura della tesi di laurea, assegnatagli dal docente di [[letteratura greca]], [[Girolamo Vitelli]], concernente i concetti di persuasione e di retorica in [[Platone]] e [[Aristotele]]. La sua attività è febbrile: oltre alla ''Persuasione'' scrive anche la maggior parte delle ''Poesie'' e alcuni dialoghi di sapore platonico-leopardiano, tra cui spicca il ''Dialogo della salute''. Il suo isolamento diventa pressoché totale, mangia pochissimo e dorme per terra, come un asceta; vede solo la sorella e il cugino Emilio. Comunica al padre che dopo la tesi «non avrebbe fatto il professore, ma che appena laureato sarebbe andato al mare», forse a [[Pirano]] o a [[Grado]].