Cangrande I della Scala: differenze tra le versioni
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==== Terza guerra contro Padova ====
[[File:Santa Maria Antica VR.jpg|thumb
Cangrande, finita la guerra con Treviso, cominciò a prepararsi per un nuovo scontro con Padova: per prima cosa fece promettere al conte di Gorizia di rimanere neutrale in caso di guerra tra Padova e Verona (l'accordo venne raggiunto nell'ottobre [[1319]]). Già a luglio però Cane inviò una lettera a [[Giacomo I da Carrara]], in cui gli chiede di richiamare i padovani ghibellini esiliati, ed egli rispose che non avrebbe negato il rientro dei cittadini, intuendo che il principe veronese cercava un ''[[casus belli]]'' per iniziare una nuova guerra. Nonostante la risposta Cane preparò l'esercito formando due grandi reparti, di cui uno affidato al Nogarola, che aveva l'ordine di marciare su [[Cittadella (Italia)|Cittadella]] e [[Bassano del Grappa|Bassano]] per conquistare le importanti fortezze e distrarre una parte consistente delle forze padovane. L'altro reparto era invece comandato dallo stesso Cangrande e da Uguccione: essi arrivarono, ad inizio agosto, nei sobborghi di Padova.
La città patavina non era però ancora pronta alla guerra, dato che il Carrara pensava di poter giungere ad una pace definitiva, mentre, nel frattempo, lo scaligero fortificava un accampamento fuori città e devastava i dintorni di Padova, in modo da tagliare i rifornimenti della città. Parte della popolazione del contado si rifugiò a Padova, causando così carestia e malattie, e Cangrande deviò il [[Brenta (fiume)|Brenta]], togliendo così alla città anche l'acqua. Gli [[Estensi]] si allearono con Cangrande e conquistarono alcuni borghi soggetti a Padova, mentre i padovani cercarono di avere l'appoggio del conte di Gorizia, che diede notizia dei suoi contatti con Padova allo scaligero, che gli promise, così, alcuni paesi in cambio di un suo contingente di truppe. Padova era ormai nel panico,<ref>{{cita|Spangenberg|p. 179|spangenberg}}.</ref> tanto che fece bruciare alcuni villaggi in modo da rallentare l'avanzata delle truppe del conte di Gorizia, mentre, intanto, gli ambasciatori patavini tentavano di venire alla pace con Cangrande: egli voleva in cambio le dimissioni di Giacomo da Carrara, il richiamo in città degli esuli e il congedo dei soldati; con queste condizioni Padova sarebbe caduta senza combattere nelle mani nemiche.
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