Guerra sporca: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
→‎Storia: semplificazione
Riga 20:
Alla fine del 1975 la situazione dell'ordine pubblico in Argentina sembrò degenerare irreversibilmente verso il caos e la guerra civile; i continui attentati dei gruppi guerriglieri di estrema sinistra o peronisti, le azioni terroristiche della Tripla A e la repressione brutale dell'esercito fecero salire ulteriormente il numero delle vittime che furono 62 in dicembre 1975, 89 a gennaio 1976 e 105 a febbraio 1976<ref>M. Novaro, ''La dittatura argentina (1976-1983)'', p. 19.</ref>; dal ritorno al potere di Perón il 25 maggio 1973, al 23 marzo 1976 gli omicidi politici furono 1.358, tra cui 66 militari, 170 poliziotti, 677 civili e 445 "sovversivi"<ref>F. Gallina, ''L'isola del purgatorio'', p. 284.</ref>. Durante il periodo natalizio del 1975 il nuovo comandante in capo dell'esercito, generale Jorge Rafael Videla, indirizzò un minaccioso messaggio quasi ultimativo alla presidentessa Isabelita; il generale affermò che era necessario che ognuno "assumesse le proprie responsabilità", che era indispensabile che fossero attuate le "soluzioni profonde e patriottiche che la situazione esige". Il comandante dell'esercito sottolineava "la gravità dell'ora che la Patria vive" e affermava che "l'ora del risveglio del popolo argentino" era giunta<ref>F. Gallina, ''L'isola del purgatorio'', pp. 283-285.</ref>.
 
Alla vigilia del [[colpo di Stato]] militare l'Argentina sembrava quindi in una situazione di reale guerra civile e le ''élite'' economiche e politiche apparentemente temevano una "vittoria della sovversione" ma in realtà già alla fine del 1975 i movimenti guerriglieri, in apparenza in fase di ulteriore crescita, erano già in crisi sotto i colpi della repressione delle forze armate e a causa del declinare dei movimenti di protesta e del consenso sociale verso le istanze rivoluzionarie<ref>M. Novaro, ''La dittatura argentina (1976-1983)'', pp. 33-34.</ref>. Nel 1975 i gruppi guerriglieri più importanti, Ejército Revolucionario del Pueblo e Montoneros, subirono duri colpi dall'apparato repressivo; oltre 700 militanti furono uccisi, i detenuti illegali o legalizzati erano già oltre 5.000; l'assalto a Monte Chingolo nel dicembre 1975 si era concluso con un disastro per l'ERP<ref>R. Diez, ''Vencer o morir'', pp. 210-214.</ref>. I militanti ancora attivi erano circa 2.000-3.000 e i gruppi mantenevano una limitata capacità di reclutamento ed erano ancora in grado di sferrare numerosi attacchi contro le forze armate, politici o dirigenti industriali, ma le possibilità di un'evoluzione rivoluzionaria erano praticamente inesistenti<ref>M. Novaro, ''La dittatura argentina (1976-1983)'', pp. 35-36.</ref>.
 
I dirigenti più importanti dell'ERP e dei Montoneros non sembrarono comprendere la realtà della situazione e il pericolo di un nuovo ritorno al potere dei militari; al contrario ritennero che il possibile colpo di Stato, considerato all'inizio del 1976 imminente e inevitabile, avrebbe favorito a lungo termine l'evoluzione rivoluzionaria, accentuando ancor più il contrasto sociale e spingendo le masse ad unirsi alle avanguardie guerrigliere contro il potere militare. I capi dei gruppi di lotta armata non compresero invece che la società argentina era profondamente turbata dalle violenze delle due parti, delusa dalle istanze rivoluzionarie e pronta a ritirarsi dall'impegno politico e a delegare l'esercizio del potere alle forze armate che sembravano l'unica struttura della nazione sufficientemente solida e coesa in grado di fronteggiare il caos sociale ed economico<ref>M. Novaro, ''La dittatura argentina (1976-1983)'', p. 34.</ref>.
 
=== La pianificazione ===
=== Il colpo di Stato e l'inizio della repressione ===
{{vediVedi anche|Desaparecidos}}
 
{{Citazione|Prima elimineremo i sovversivi, poi i loro collaboratori, poi i loro simpatizzanti, successivamente quelli che resteranno indifferenti e infine gli indecisi.|Dichiarazione del generale [[Ibérico Saint-Jean]], governatore ''de facto'' della provincia di Buenos Aires durante gli anni della dittatura<ref>F. Gallina, ''Le isole del purgatorio'', p. 151.</ref>}}
 
{{Citazione|Solo Dio toglie la vita. Ma Dio è occupato altrove, e siamo noi a doverci occupare di questo compito in Argentina.|Dichiarazione del generale [[Ramón Camps]], capo della Polizia Federale durante gli anni della dittatura<ref>R. Diez, ''Vencer o morir'', p. 285.</ref>}}
 
=== Le ostilità e la conclusione ===
Isabelita Perón cercò fino all'ultimo di evitare l'intervento dei militari preannunciato dai minacciosi avvertimenti dei capi militari, ma la presidentessa era priva di qualità politiche e non riuscì ad evitare un'evoluzione rovinosa dell'economia argentina e dell'ordine pubblico. Tra febbraio e marzo 1976 l'inflazione salì al 566% annuo; le riserve finanziarie erano esaurite; fallirono tentativi di formare un governo d'emergenza o di indire elezioni straordinarie<ref>M. Novaro, ''La dittatura argentina (1976-1983)'', pp. 18-19.</ref>. In realtà molte forze sociali e politiche argentine consideravano con favore l'assunzione del potere dei militari; forti appoggi alle forze armate giunsero dalla borghesia industriale e finanziaria, dalle alte gerarchie della Chiesa cattolica ma anche da alcuni politici ed esponenti sindacali<ref>R. Diez, ''Vencer o morir'', pp. 223-224 e 228.</ref>.
 
Line 44 ⟶ 42:
In effetti i tre membri della giunta e gli alti ufficiali delle forze armate si trovarono perfettamente d'accordo all'inizio soprattutto riguardo alle decisioni da prendere e ai metodi da attuare per vincere la cosiddetta "guerra contro la sovversione"; in questo campo, ritenuto decisivo per la conservazione del potere, i militari agirono rapidamente e brutalmente, dando prova di una spietata ed inumana efficienza fin dall'inizio e dimostrarono la loro assoluta determinazione a schiacciare gli oppositori, reali o presunti, con ogni mezzo<ref>M. Novaro, ''La dittatura argentina (1976-1983)'', p. 31.</ref>.
 
=== InizioLe dellaostilità ''guerrae sporca''la conclusione ===
 
Immediatamente dopo l'insediamento della Giunta furono sospese le libertà civili e sindacali e la repressione fu diretta nei confronti della [[sinistra (politica)|sinistra]], principalmente verso i militanti del [[Montoneros|movimento montonero]] e verso i radicali, ma lo stesso rigore fu attuato verso gli appartenenti all'ERP, verso i [[Peronismo|peronisti]] e verso i guerriglieri trozkisti. Il Partito Comunista, allineato a [[Unione Sovietica|Mosca]], appoggiò il governo militare<ref>Il Partito Comunista Argentino ufficialmente riteneva che dentro la Giunta Militare al potere esistessero una corrente moderata ed una estremista e che della prima Videla fosse leader. La realtà era che l'Urss era in ottimi rapporti con il governo argentino per via del fatto che intratteneva con esso grossi scambi commerciali, in particolare riguardanti il [[grano]] [http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:os_xMEaEtJwJ:www.24marzo.it/index.php%3Fmodule%3Dpagemaster%26PAGE_user_op%3Dview_page%26PAGE_id%3D139+partito+comunista+argentino&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it&source=www.google.it]</ref>.