Parmigianino: differenze tra le versioni

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[[File:Parmigianino 001.jpg|thumb|''[[Madonna della Rosa (Parmigianino)|Madonna della Rosa]]'', 1530 circa, Dresda, [[Gemäldegalerie Alte Meister|Gemäldegalerie]]]]
Notevole è anche la ''[[Madonna della Rosa (Parmigianino)|Madonna della Rosa]]'', opera di estrema raffinatezza, dal sapore quasi pagano commissionata da [[Pietro Aretino]] e donata poi a [[papa Clemente VII]] in occasione della sua visita in città per l'incoronazione di [[Carlo V]]. La veste trasparente della Madonna, la posa del Bambino dai capelli inanellati e con un bracciale di [[corallo]] al polso, gli sbuffi della tenda, danno infatti al dipinto una un'essenziale impronta profana, persino sensuale. Lo comprese bene anche [[Ireneo Affò]], per il quale infatti l'opera avrebbe dovuto rappresentare una ''Venere e Cupido'', ma l'ipotesi viene smentita da tutti i disegni preparatori. In realtà i temi, religiosi o profani che siano, devono soggiacere all'irreversibile indirizzo stilistico scelto dal Parmigianino: eleganza decorativa, preziosità formale e ricercato virtuosismo compositivo.
 
In definitiva i risultati del periodo bolognese sul piano economico e sociale furono sostanzialmente poco concludenti: le commissioni furono defilate (un convento femminile, alcuni borghesi) e i nuovi tentativi di fare breccia nel papa vanno a vuoto. L'occasione per un salto di qualità arriva piuttosto dall'imperatore, che, come ci informa ancora Vasari, "Francesco, andando talora a vederlo mangiare, fece senza ritrarlo l'imagine di esso Cesare a olio in un quadro grandissimo, et in quello dipinse la Fama che lo coronava di lauro, et un fanciullo in forma d'un Ercole piccolino che gli porgeva il mondo quasi dandogliene il dominio". In quest'opera, forse oggi in una collezione privata statunitense (ma forse solo copia dell'originale perduto), la [[Fama]], che può meglio interpretarsi come la Gloria o una Vittoria alata, sospende un ramoscello di [[Arecaceae|palma]] - simbolo delle conquiste spirituali - sopra il capo dell'Imperatore e uno di [[alloro]] - simbolo delle conquiste materiali - sul globo retto dal putto. Alla fine si trattò di una nuova occasione mancata: così complicato e ricco di simboli, il ritratto non dovette piacere all'augusto, che dimostrò piuttosto di apprezzare l'aulica celebrazione di [[Tiziano]], suo pittore ufficiale di lì a qualche anno<ref name=V50>Viola, cit., pag. 50.</ref>.
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La sua eredità dovette destare più di un cruccio per i suoi servitori, tra i quali doveva trovarsi anche l'"amichissimo" che aveva fatto la minacciosa ambasciata a Giulio Romano. L'artista infatti assegnò loro la casa in Borgo delle Asse, in cui vivevano i suoi familiari con cui da anni aveva rotto i ponti (a parte che con Ginevra, a quanto pare), compreso il cugino [[Girolamo Bedoli]], artista meno dotato di lui, verso il quale doveva nutrire una sorta di risentimento per il successo che riscuoteva in quegli anni alla fabbrica del [[Duomo di Parma|Duomo]], chiamato a sostituire Correggio<ref name=V106/>.
 
La questione spinosa della casa è accennata anche dalla formula "[da assegnarla] allorquando i suddetti eredi acquisiranno ede otterranno pacificamente in possesso della casa stessa": non si conosce infatti come l'artista si fosse procurato il diritto su di essa, essendo già di proprietà di suo padre e dei suoi zii; probabilmente l'aveva riscattata nottetempo, ma non via aveva mai vissuta, lasciandola a fratelli e cugini; forse l'aveva riscattata e poi [[ipoteca]]ta, operazione che magari aveva ripetuto più di una volta, più o meno legalmente<ref name=V106/>.
 
Inoltre gli eredi, il 19 settembre [[1544]], intentarono una causa contro la Confraternita della Steccata per riscuotere il presunto credito del Parmigianino. Fu nominato [[Michelangelo Anselmi]] (sostituto del pittore alla Steccata) quale arbitro per valutare il rapporto tra il lavoro effettivamente svolto e l'oro utilizzato. Alla fine dei calcoli e delle stime, risultò che il pittore aveva intascato centocinquanta scudi di troppo, da versare, di tasca degli eredi, nel corso dei successivi cinque anni. La vicenda paradossale che rovinò l'esistenza del pittore, si chiuse così con questa sentenza, che ne avversava perfino gli eredi e che registrava la vittoria del potere che lo aveva avversato.
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* Niccolò dell’Abate
* Mazzola Bedoli, Girolammo
* Veronese, paoloPaolo
* Schedoni, Bartolomeo
* Schiavone, Andrea
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* Augusta Ghidiglia Quintavalle, ''Il "Boudoir" di Paola Gonzaga Signora di Fontanellato'' in «Paragone» n. 18 (1967), pp.&nbsp;3–17
* Ead., ''In una serie di ritratti l'autobiografia del Parmigianino'' in «Paragone» n. 235 (1969), pp.&nbsp;53–63
* Augusta Ghidiglia Quintavalle, ''Gli affreschi del Parmigianino alla Steccata'' in «Paragone» n. 243 (1970), pp.&nbsp;3 &nbsp;– 12
* Ead., ''Il Correggio ed il Parmigianino nelle Vite'' in ''Il Vasari, storiografo e artista'' - Atti del Congresso internazionale nel IV centenario della morte (1976), pp.&nbsp;197–205
* Mario Di Giampaolo, ''Quattro studi del Parmigianino per la "Madonna dal collo lungo"'', in «Prospettiva», 1984
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