Massenzio: differenze tra le versioni

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Ciò è evidente anche nel programma iconografico della sua monetazione, coniata nelle officine di Roma e di [[Ostia (città antica)|Ostia]], ispirato alle grandi leggende di fondazione della Città: la [[Lupa capitolina|lupa]] che allatta [[Romolo e Remo]], [[Marte (divinità)|Marte]] rappresentato sia come dio guerriero che come padre dei gemelli fondatori.
 
Nella stessa direzione andava il vasto programma edilizio dell'imperatore, che per la brevità del suo regno fu realizzato solo in parte, del quale può essere considerata emblema la grandiosa [[Basilica di Massenzio|Basilica]], compiuta solo dopo il 312 da Costantino, che vi collocò la propria [[Statua colossale di Costantino|statua colossale]]. Costantino riprese i suoi programmi edilizi ma non risiedette in pianta stabile a Roma, preferendo altre [[Sedi_imperiali_romane|sedi imperiali]] come ''[[Augusta Treverorum]]'' ([[Treviri]]), fino a che nel 324-330 trasferì la capitale a [[Costantinopoli]], l'antica Bisanzio divenuta ''Nova Roma'', più legata al mondo greco-orientale. Massenzio fu quindi l'ultimo a ritenere Roma come il vero cuore dell'impero, puntando a ripristinarne l'unità sotto il governo dell'Urbe, mentre i successori (anche quelli della [[impero romano d'occidente|parte occidentale]]) vi soggiornarono al massimo di passaggio o per ricevere l'investitura formale dal Senato. La sua volontà di risollevare la religione pagana in declino, pur tollerando il [[cristianesimo]] che ufficialmente era ancora una ''religio illicita''<ref>Marta Sordi, ''I cristiani e l'impero romano'', p. 171</ref>, sarà invece ripresa in senso [[Ellenismo|ellenizzante]] da [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]] (361-363), che pure non venne mai a Roma, e da alcuni [[Senato romano|senatori romani]] negli [[Rinascita pagana nell'Occidente tardoantico|ultimi tempi]] prima dell'estensione dell'[[editto di Tessalonica|editto]] di [[Teodosio I]] all'Italia ([[394]]).
 
Oltre all'avvio della basilica, Massenzio volle la ricostruzione del vicino [[Tempio di Venere e Roma]] dell'epoca [[Adriano|adrianea]], l'ampliamento del ''[[Via Sacra|Clivus Sacrae Viae]]'', dove innalzò da una parte l'[[heroon]] di suo figlio Romolo ([[tempio del Divo Romolo]]) e la ''Basilica Nova'', e dall'altra la ''Porticus margaritaria''<ref>Si veda in [[Rodolfo Lanciani]], ''Nuove storie dell'antica Roma'', Newton Compton 2006, p. 30 e sgg.</ref>, il restauro e l'innalzamento delle [[Mura aureliane|mura]] di [[Aureliano]], che dotò anche di un fossato<ref>che tuttavia non portò a compimento, stando all'autore del ''Chronographus Romanus Anni'' ''354'' (T. Mommsen, ''M.G.H., Chronica Minora'', I, 1892, p. 146).</ref>. Provvide inoltre a restaurare la via Appia fino a Brindisi e diversi acquedotti.