Alessandro Scarlatti: differenze tra le versioni

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Pur risiedendo a Napoli, poté mantenere i rapporti con alcuni importanti mecenati romani. Tra questi, il cardinale Benedetto Pamphilj, di cui mise in musica l'oratorio a tre voci ''Il trionfo della grazia ovvero la conversione di Maddalena'' (1685), il III atto dell'opera ''La Santa Dimna'' (1687), e il secondo atto dell'opera ''La Santa Genuinda'' (1694); il cardinale [[Pietro Ottoboni]], di cui mise in musica l'oratorio a cinque voci ''La Giuditta'' (1695) e il dramma ''La Statira'' (1690).
 
Negli anni '80 si colloca l'inizio dei rapporti con il principe Ferdinando de' Medici, che si avvalse della collaborazione di Scarlatti sia per le opere destinate al teatro della villa medicea di Pratolino e altri teatri del granducato di Toscana, sia per la composizione di musiche sacre destinate a particolari solennità di corte. Dopo la ripresa delle opere, già rappresentate a Roma, ''Tutto il mal non vien per nuocere'' a Firenze e ''Il Pompeo'' a Livorno, nel 1689 venne eseguita la prima opera commissionata da Ferdinando a Scarlatti, da identificare forse con la perduta ''La serva favorita'', andata in scena nel teatro di Pratolino.<ref>M. Fabbri, ''Alessandro Scarlatti e il principe Ferdinando de' Medici'', Firenze, Olschki, 1961, pp. 34-39.</ref>
 
 
 
 
Nel 1716, presso il teatro San Bartolomeo di Napoli, vi fu la prima rappresentazione dell'opera seria di Alessandro Scarlatti "Carlo re d'Alemagna", Negli intervalli dell'opera vennero inoltre rappresentati i tre intermezzi tra Palandrana vecchia vedova e Zamberlucco giovine da bravo, anch'essi musicati da Scarlatti. La partitura di questi intermezzi è rimasta inedita fino al 2013, archiviata nella Biblioteca Universitaria di Bologna (MS Musicale 646 Vol V CC 171-197) ove giunse nel 1749 per donazione testamentaria del conte Francesco Maria Zambeccari. Nell'aprile 2013 il gruppo editoriale Viator ne ha dato stampa con un'edizione critica curata da Sandro Volta e da Marco Bellussi il quale ne ha anche diretto la prima esecuzione scenica in tempi moderni presso il teatro comunale di Panicale.
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Morì a Napoli il 22 ottobre [[1725]] e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria a Montesanto.
 
 
La delibera dell'influente associazione mostra senza ombra di dubbio che il diciannovenne "Scarlattino" si era già fatto apprezzare in Roma, dove godeva della protezione di una delle famiglie nobiliari più in vista: il segreto d'un successo così rapido è da ricercarsi probabilmente nella diffusione delle sue prime opere, in cui la vera vocazione del musicista – ossia una particolare attitudine per la scrittura vocale - si evidenziava già con estrema forza. Le cantate stilisticamente attribuibili a questo periodo rivelano un'originale varietà di strutture, spesso memore di stilemi arcaici (arie variate sopra un basso fondamentale – ciaccona - ) che vengono liberamente accostati a procedimenti più "moderni" (come l'aria da capo).
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{{Citazione|Che sia musica soave<br />spirti rei negar nol ponno<br />Se negli occhi a chi non l'have –<br />introduce un dolce sonno.}}
 
 
 
 
 
Il conte [[Francesco Maria Zambeccari]], acuto osservatore dei costumi musicali e attento interprete dei gusti del pubblico contemporaneo, segnalò per primo nel [[1709]] uno dei principali motivi che contribuirono alla progressiva e inevitabile uscita di scena dal repertorio teatrale delle opere di Alessandro Scarlatti
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Zambeccari osservò l'estrema complessità formale che contraddistingueva il linguaggio d'un compositore, più incline a uno stile severo e rigoroso, nutrito da una solida dottrina contrappuntistica, appresa inizialmente a [[Palermo]] ma successivamente e definitivamente affinata a [[Roma]].
 
Ciò che stupisce è che – dimenticata quasi completamente l'opera vocale (sacra, profana e operistica), l'Ottocento e anche il Novecento si siano dedicati con una certa assiduità solo alla diffusione e all'esecuzione del repertorio strumentale. Se le composizioni per tastiera, abbastanza numerose e generalmente di alto livello stilistico, risentono ancora dell'improponibile confronto con quelle del figlio Domenico, le ''Dodici Sinfonie di Concerto Grosso'' sono entrate a far parte stabilmente del bagaglio di molte gruppi strumentali specializzati nell'esecuzione di musica antica. Pur avendo faticato a liberarsi dal marchio di corellianità, le ''Sinfonie di concerto grosso'' sono riuscite a imporsi grazie al perfetto uso del contrappunto e soprattutto grazie alla bellezza delle melodie, venate da sottile e sublime malinconia, che è il tratto caratteristico e originale di tutta l'opera scarlattiana.
 
 
 
== Composizioni ==
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* Clori, Lidia e Filli (Napoli, 1700 ca.)
* Venere e Adone: Il giardino d'Amore (Napoli, tra 1700 e 1705)
* Clori, Dorino e Amore (Napoli, Palazzo Reale, 1°º maggio 1702)
* La contesa d'onore tra la Gloria, la Fama et il Valore (Roma, Piazza San Marco, 22 luglio 1704)
* Endimione e Cintia (Roma, 1705)