Seppellimento di santa Lucia: differenze tra le versioni

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| ubicazione=[[Chiesa di Santa Lucia alla Badia]]
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Il '''''Seppellimento di [[Santa Lucia da Siracusa|Santa Lucia]]''''' è un dipinto di [[Michelangelo Merisi da Caravaggio|Caravaggio]], a [[Pittura a olio|olio]] su [[Pittura su tela|tela]] (408x300 cm), conservato nella chiesa di S. Lucia alla Badia anche detta ''S. Lucia al Sepolcro'' o ''S. Lucia alla Marina'' a Siracusa e realizzato successivamente all'ottobre del [[1608]], dopo la rocambolesca evasione dal carcere di Malta dove era rinchiuso e l'arrivo a Siracusa dove forse grazie all'amico pittore messinese Mario Minniti, conosciuto a Roma nella bottega del pittore siciliano Lorenzo Carli ottenne di poter lavorare come pittore per il Senato siracusano<ref>1, Per la cronologia vedi Maurizio Marini, ''Caravaggio pictor'' ''praestantissimus'', Roma, Newton Compton,ed. 2005, p. 547,n.96. Caravaggio il 6 ottobre 1608 era ancora a Malta in prigione, dopo la rocambolesca fuga raggiunge la Sicilia. Il 6 dicembre è sicuramente a Messina, ma prima raggiunge Caltagirone e poi Siracusa. Il dipinto doveva essere stato realizzato dunque fra ottobre e novembre del 1608. Scrive il Bellori:" ''Pervenuto in Siracusa, fece il quadro per la Chiesa di Santa Lucia, che stà fuori alla Marina; dipinse la Santa morta col Vescovo che la benedice e vi sono due che scavano la terra con la pala per seppellirla" ,'' Gian Pietro Bellori, ''Le vite de'pictori,scultori et architetti moderni,'' Roma, 1672, p. 210. Secondo il Susinno ( 1724 ), l'amico pittore siciliano Mario Minniti che lo aveva accolto a Siracusa aveva fatto da mediatore col Senato della città per affidare a Caravaggio importanti committenze ( Francesco Susinno, ''Vite dei pittor''i ''messinesi, Mario Minniti'', ms conservato a Basilea, pubblicato a cura di Valentino Martinelli, Firenze, 1960, pp. 109-16 ). Secondo il Capodieci, ''Antichi monumenti di Siracusa'', vol II, Siracusa 1913, p. 364, la commissione del dipinto fu data al Caravaggio dal vescovo Orosco; tuttavia questo è improbabile, in quanto il vescovo fu in carica sino al 1604, mentre è possibile che a favorire la commissione fosse stato il vescovo palermitano Giuseppe Saladino che fu in carica dal 1605 sino al 1611. Un'altra ipotesi attribuirebbe la committenza al patrizio siracusano Vincenzo Mirabella, studioso di antichità che riporta il suo incontro con Caravaggio a Siracusa nell'opera " ''Le antiche Siracuse''", pubblicato a Napoli nel 1613 e la visita del pittore alle latomie e alla grotta detta oggi " ''Orecchio di Dionisio''". Alvise Spadaro, infine, attribuisce la committenza al padre francescano Bonaventura Secusio di Caltagirone, allora facente parte della diocesi di Siracusa ( Alvise Spadaro, Caravaggio in Sicilia. Il percorso smarrito, Acireale-Roma, 2012, pp.83-98 e dello stesso ''Caravaggio a Caltagirone e la committenza francescana in Sicilia,'' in "Incontri", giugno 2013, pp. 49-50. </ref>
 
==Descrizione e Iconografia==
Fra i dipinti realizzati in Sicilia, secondo Roberto Longhi, è il più antico, ma anche quello più rovinato, più facilmente leggibile grazie alle copie, come quella del Collegio dei Gesuiti a Siracusa e della chiesa di S. Pietro a Palestrina<ref>Roberto Longhi, ''Caravaggio'', a c. di Giovanni Previtali, Roma, Editori Riuniti, 1968, p.70.In realtà le chiese sono quella di S. Giuseppe e quella di S. Antonio Abate a Palestrina ( Marini, cit., p.547 )</ref>. La scena sembra ambientata all'ingresso delle [[latomia|latomie]] ( Marini ritiene nella latomia dei 'Cordari' )<ref>Maurizio Marini, cit., p. 548</ref> o, più verosimilmente, negli ambienti sotterranei e bui delle catacombe sottostanti la [[Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro]] per la quale il dipinto fu eseguito, e nelle quali si trova il sepolcro della martire<ref>Tuttavia Maurizio Marini lo ritiene improbabile in quanto le catacombe erano inaccessibili almeno sino all'inizio del xx secolo ( cfr. Marini,cit., p.548 )Va detto però che la presenza dell'arcosolio o nicchia cieca indica chiaramente il luogo della sepoltura nella catacomba posta sotto la chiesa. Alessandro Zuccari indica come luogo della sepoltura, accessibile ai tempi del pittore, la "Rotonda di Adelphia" nel cimitero di San Giovanni, ma più avanti ha proposto la Cripta di San Marziano annessa alle catacombe di S. Giovanni ( Alessandro Zuccari, ''La politica culturale dell'oratorio'' ''romano nella Seconda metà del Cinquecento'', in " Storia dell'Arte", 1981, pp. 92-105 e in Atti del Convegno internazionale di studi su l'ultimo Caravaggio, 1985, pp. 147-173. Giustamente Maurizio Marini ha sottolineato come l'artista avesse operato una sintesi dei luoghi più significativi, sviluppando una scena latomie-catacombe come spazio della sepoltura, Marini, cit., p. 548.</ref>. Due enormi becchini in primo piano stanno cominciando a scavare la fossa, mentre, rimpiccioliti e quasi stampati sullo sfondo rotto solo da un arco cieco (facilmente interpretabile come richiamo all'[[arcosolio]] dentro cui si trova la tomba della santa), stanno gli astanti al funerale, con il [[vescovo]] che dà l'estrema unzione alla Santa decapitata.
 
La Santa presenta una ferita da taglio sul collo, ma se si osserva da vicino la trama della pittura, in un primo momento la testa appariva staccata<ref>In una radiografia dell'immagine della Santa proposta dallo Zuccari si vedrebbe il capo staccato dal corpo secondo una interpretazione della ''Passio luciae''; questa prima stesura, forse troppo cruda venne in seguito modificata come mostra l'immagine attuale, Zuccari, cit., Hibbard, ''Caravaggio'', Londra, 1983, p. 239, vede nella ferita dul collo della Santa una memoria della statua romana di S. Cecilia del Maderno in S. Cecilia, il cui corpo venne esumato nel 1599 e scolpito nel 1600 quando Caravaggio era ancora a Roma, </ref>. La drammaticità della scena è conferita, oltre che dalla riduzione delle dimensioni dei personaggi, dalla luce: non più orientata ed uniforme come nelle opere del periodo romano, ma più drammatica, del colore del sangue ed assumente tragici guizzi che quasi cancellano le figure; la parete di fondo solcata dall'arco cieco, poi, rende il tutto ancora più opprimente. Il pensiero di ridurre nello spazio rappresentato le misure degli uomini che vengono sovrastati dalle gigantesche mura è per Longhi un rapporto inedito nella pittura italiana" ''già pronto per il Rembrandt incisore''"<ref>Roberto Longhi, cit., p. 70</ref>
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Alessandro Zuccari, ''La politica culturale dell'oratorio romano nel Cinquecento,'' in Storia dell'arte, 1981, pp. 92-105
 
H. Hibbard, ''Caravaggio'', New York, 1983, ed. it. ( Milano ), p. 239
 
Roberto Longhi, ''Caravaggio'', a cura di Giovanni Previtali, Roma, Editori Riuniti, 1968
 
A. Moir, ''Caravaggio,'' ed. it., New York, ( Milano ) 1982, p. 154.
 
==== Voci correlate ====