Abbazia dei Santi Salvatore e Lorenzo a Settimo: differenze tra le versioni

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Fin dal [[X secolo]] è attestato nel [[Pieve di San Giuliano a Settimo|piviere di San Giuliano a Settimo]] un oratorio dedicato a San Salvatore, al quale nel [[988]] il conte Adimaro donò i diritti sulle chiese di [[chiesa di San Martino alla Palma|San Martino alla Palma]] e di [[chiesa di San Donato a Lucardo|San Donato a Lucardo]]. Tale donazione venne confermata dieci anni dopo dall'[[Ottone III di Sassonia|imperatore Ottone III]]<ref>Sull'autenticità del documento dell'anno 988 e sulla citazione delle due chiese nel documento del decennio successivo, sarebbero da accampare alcuni dubbi. Cfr. Marco Gamannossi ''L'abbazia di San Salvatore a Settimo- un respiro profondo mille anni'', Edizioni Polistampa, Firenze, 2013, pag. 34</ref>.
 
L'oratorio attirò l'attenzione dei [[conti Cadolingi]] che nel [[1004]] vi chiamarono i [[Congregazione cluniacense|benedettini cluniacensi]] affinché vi fondassero un'[[abbazia]]<ref>Il titolo abbaziale è documentato per la prima volta in una ''cartula offersionis'' del 20 novembre 1011, quando un certo Giovanni del fu Giovanni donò il suo patrimonio al "monasterio [...] sito in loco qui nominatur Septimo". Marco Gamannossi, ''L'abbazia di Settimo e Firenze tra XI e XIII secolo: testimonianze storico-artistiche di un destino comune'', in ''Firenze prima di Arnolfo- retroterra di grandezza'', Atti del ciclo di conferenze, Firenze, 14 gennaio 2014- 24 marzo 2015, a cura di T. Verdon; Mandragora, Firenze, 2016, pag. 101</ref>. La scelta dei Cadolingi non era dettata solo da fervore religioso ma si inseriva in un ampio disegno per il controllo del territorio attraverso la fondazione di castelli e monasteri per poter mantener intatto il loro patrimonio fondiario e per poterlo anche difendere; tali monasteri venivano fondati sempre nei pressi di importanti vie stradali e fluviali.
 
Nel corso dell'[[XI secolo]] il patrimonio dell'abbazia aumentò considerevolmente grazie a donazioni che portarono il cenobio ad avere influenza su territori lontani; emblematica ad esempio è la donazione di beni nel [[Mugello]] fatta dal conte Guglielmo per poter creare un feudo cadolingio tra [[Toscana]] ed [[Emilia]]. Sempre nello stesso secolo il monastero adottò la [[Congregazione Vallombrosana|riforma Vallombrosana]] sotto l'influenza dello stesso [[Giovanni Gualberto]]. Il 13 febbraio [[1068]] di fronte alla chiesa si tenne la famosa prova del fuoco fatta da [[Pietro Igneo]] per dimostrare la rettitudine dei Vallombrosani e la corruzione del vescovo [[Pietro Mezzabarba]]; tra il [[1073]] e il [[1076]] i priori vallombrosani si riunirono spesso qui.