I promessi sposi: differenze tra le versioni

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[[File:Gadda 1921.jpg|sinistra|miniatura|upright|Gadda fu uno dei pochi difensori dell'operato manzoniano durante l'epoca delle avanguardie.]]
 
Nel Novecento, a causa dei movimenti anticlassicisti delle [[Avanguardia|avanguardie]], dell'evoluzione della lingua e all'edulcoramento della figura del romanziere che veniva insegnata nelle scuole, Manzoni subì varie critiche da parte di letterati e intellettuali: tra questi, [[Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]], avverso alla teoria linguistica manzoniana<ref>{{Cita web|url=http://www.italicon.it/fr/modulo.asp?m=m00056&s=9&p=1|titolo=Le idee sulla lingua|accesso=31 luglio 2015|editore=italicon.it}}.</ref>, il "primo" [[Benedetto Croce|Croce]]<ref group="N">Nel 1921 [[Benedetto Croce]] col suo saggio {{cita|''Alessandro Manzoni''}} affossò il romanzo a causa della sua forte impronta religiosa, cosa che non renderebbe i ''Promessi sposi'' una vera opera d'arte. Nel 1952, però, riconobbe la vitalità dell'opera manzoniana, ammettendo di essersi sbagliato ''({{cita|''Tornando sul Manzoni''}}).''</ref> e il marxista [[Antonio Gramsci|Gramsci]], che accusò Manzoni di paternalismo. La più importante apologia del Manzoni fu operata dadal filosofo [[Giovanni Gentile]], che elevò i ''Promessi Sposi'' al rango di «libro nazionale» al pari della ''[[Divina Commedia]]'', giudicandolo un «libro di vita» basato sul discernimento concreto del [[verità|vero]], con cui Manzoni accoglieva le istanze morali e risorgimentali di [[Rosmini]] e [[Gioberti]].<ref>{{cita|Gentile|pp. 1-30}}.</ref>
In difesa di Manzoni si schierò anche [[Carlo Emilio Gadda]], che al suo esordio pubblicò nel 1927 l’''Apologia manzoniana''<ref>{{Cita|Gadda|pp. 333-343}}.</ref>, e nel 1960 attaccò il piano di [[Alberto Moravia]] di affossarne la proposta linguistica<ref>{{cita|Tellini|pp. 330-331}}.</ref>. Soltanto nel Secondo Novecento, grazie agli studi di [[Luigi Russo]], [[Giovanni Getto]], [[Lanfranco Caretti]], [[Ezio Raimondi]] e [[Salvatore Silvano Nigro]] si è riusciti a "liberare" Manzoni dalla patina ideologica di cui era stato rivestito già all'indomani della sua morte, indagandone con occhio più libero di pregiudizi la poetica e, anche, la modernità dell'opera<ref>{{cita|Tellini|pp. 335-336}}.</ref>.
 
Comunque sia, il modello tematico e immaginifico del Manzoni si fece sentire anche in un secolo non tanto favorevole al Nostro come il precedente: [[Dino Buzzati]] scrisse – sulla base del capitolo manzoniano sulla malattia di don Rodrigo – il racconto ''La peste motoria'', vivace trasposizione in cui la malattia aggredisce non più gli uomini, ma le autovetture e i monatti sono dipendenti degli sfasciacarrozze<ref>{{Cita|Lorefice}}.</ref>. Anche nel campo della satira Manzoni ispirò nuovi talenti: [[Guido da Verona]], per esempio, pubblicò nel 1929 una parodia dei ''promessi sposi''. Guido da Verona considerava Alessandro Manzoni un letterato paternalista e dannoso, pertanto tolse dal romanzo tutti gli elementi da lui considerati manieristici e futili e li sostituì con passaggi erotici e anche politici: la satira contro il fascismo, seppur mai esplicita, fu ben percepita dai lettori del tempo<ref>{{Cita|Mascheroni}}.</ref>.