Metodo di Lachmann: differenze tra le versioni

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chiarito alcuni punti; aggiunto un criterio importante (lectio difficilior); corretto un errore grave di inversione di terminologia fra apografo e antigrafo; la corretta terminologia si evince anche dalla frase successiva a quella qui sopra corretta.
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* tradizione indiretta: versioni in altre lingue utili per ricostruire un testo lacunoso (non integrano formalmente ma chiariscono il significato), citazioni esplicite o implicite dell'opera, commenti antichi dell'opera che presentano un lemma che riporta la lezione genuina della tradizione, imitazioni o parodie, allusioni che possono conservare lezioni genuine o (molto alla lontana) modelli.
 
* '''recensio''' (o censimento e valutazione): raccolta, confronto e valutazione dei testimoni, che possono essere integrali (diretta) o parziali, diretti o (indiretta)indiretti.
Una tradizione può essere rappresentata da più testimoni o da un testimone solo. Se c'è un solo testimone il procedimento è relativamente più semplice.
In presenza di una tradizione a più testimoni, si procede con:
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È utile ricordare alcune premesse fondamentali della filologia:
* la testimonianza di tutte le copie (o apografi) di un unico testimone (antigrafo) conta per uno, ai fini della ricerca, fatti salvi naturalmente i casi di contaminazione.
* la norma generale ''lectio difficilior potior'', cioè, a parità di condizioni, la variante più difficile ha più probabilità di essere originaria
* la norma prudenziale ''recentiores non deteriores'', ovvero un testimone cronologicamente tardo non è necessariamente meno affidabile di uno più antico.
* '''eliminatio codicum descriptorum''' (eliminazione delle copie);
vengono eliminate dai testimoni utili le copie di un originale conservato. Non è però sempre evidente che un codice sia copia di un altro, e tale relazione va provata (es: buchi, macchie nell'originale e lacuna in corrispondenza nella copia; omissione di una riga che faccia sì che venga a mancare il senso compiuto, tranne che in caso di [[omoteleuto]], caso in cui la lacuna non può essere ritenuta dell'originale e non si può determinare se il codice sia una copia, il copista può fraintendere un compendio: l'[[errore (filologia)|errore]] non determina che si tratti di una copia, e altresì lezioni migliori non provano l'indipendenza di un codice da un altro perché possono essere frutto delle decisioni del copista). Il criterio della ''eliminatio codicum descriptorum'' ("eliminazione dei codici copiati") consente di lasciare da parte, sulla base di analisi delle caratteristiche fisiche del manoscritto, i testimoni ''antigrafiapografi'' verosimilmente copiati da codici ''apografiantigrafi'' di cui disponiamo; ai fini della sola ''constitutio textus'', infatti, tenere in conto un codice copiato da un altro posseduto risulterebbe poco utile perché questo ''apografo'' conterrebbe certamente tutti gli errori presenti nel suo ''antigrafo'', più altri di propria innovazione. Eccezioni possono verificarsi quando ad esempio un ''codex descriptus'' (copiato) riporta porzioni di testo perdute nell'''antigrafo''. In quel caso bisogna presumere che abbia copiato da qualche altra fonte, e che cioè gli antigrafi siano più di uno. Solitamente in questa fase è possibile ridurre il corpus della [[tradizione]] recensita, scartando molte [[Stampa|stampe]] che seguono la [[vulgata]] stabilita dalla [[editio princeps]], facendo attenzione comunque a possibili varianti autorali (vedere per approfondimento [[postillato d'autore]]) inserite in ristampe e nuove edizioni.
* '''determinazione delle relazioni tra i testimoni'''
per stabilire come si raggruppano i testimoni non bisogna fondarsi sulle lezioni che hanno in comune (concordanze): mentre le parti uguali possono essersi mantenute indipendentemente nei diversi rami, è improbabile che certi tipi di errori si siano prodotti indipendentemente. Bisogna perciò basarsi sugli errori significativi, che possono essere separativi o congiuntivi. Converrà seguire le definizioni formalizzate da [[Paul Maas]]: <ref> ''Critica del testo'', trad. dal tedesco di N. Martinelli, presentazione di G. Pasquali, Firenze, 1952 (prima edizione originale: ''Textkritik'', Leipzig, 1927; quarta ed. 1960) </ref>, sulle quali, generalmente, sono fondate le diverse formulazioni fornite nei manuali di filologia, così come le discussioni, anche divergenti, della critica: